Solo mezzo Congresso ai Repubblicani ma un possibile futuro oltre Trump. Vincono Biden e Ron DeSantis

Opposizione vicina alla conquista della Camera, Senato in bilico (sarà decisiva la Georgia al ballottaggio). Male i trumpiani. Il presidente si ricandida? Elezioni midterm, Trump furioso: gli avversari e Joe Biden non sono stati umiliati, come sperava il leader «in esilio a Mar-a-Lago». Ma sembra comunque intenzionato ad annunciare la sua candidatura alla Casa Bianca, la terza, il 15 novembre, anche se in casa repubblicana sale la più credibile e decente stella del governatore della Florida Ron Da Santis

Il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis

Tra l’addormentato e il ringhiante

Lo tsunami repubblicano non c’è stato e alle elezioni di Mid term americane i Democratici si sono difesi bene, anche se alla fine perderanno la Camera. Altra storia al Senato, dove il GOP ha fallito l’assalto alla maggioranza. I numeri dicono che ha perso la Pennsylvania e che andrà al ballottaggio in Georgia. Anche conquistando il Nevada, non arriverebbe alla fatidica soglia di 51 seggi. Tanto rumore per nulla, quindi? Non proprio, perché col passaggio di mano di mezzo Congresso, cambieranno un sacco di cose. Dentro e fuori dagli Stati Uniti. Intanto, le prime analisi dei flussi elettorali e del voto disaggregato per Stato, confermano che i democratici sono in difficoltà. Aree tradizionalmente progressiste hanno confermato i loro candidati per il rotto della cuffia. Secondo diversi commentatori, l’ingombrante presenza di Trump e dei “front runner” da lui imposti ha significativamente danneggiato il Partito repubblicano.

Più destra ma meno Trump

Ma le “Mid term” sono anche servite a fare chiarezza nel quadro politico Usa, facendo emergere un personaggio di spicco, che potrebbe essere il candidato giusto per il GOP alla Casa Bianca nel 2024: Ron DeSantis. Il Governatore italo-americano della Florida è stato confermato nella carica, raccogliendo quasi il 60% di preferenze. E molti dei suoi sostenitori sono stati elettori ispanici, cosa che potrebbe trasformare DeSantis in una carta vincente anche in tutto il Sud-ovest degli Stati Uniti. Sempre in Florida, il seggio senatoriale in palio è stato vinto da un altro grande personaggio del GOP, cresciuto in quell’area: Marco Rubio. DeSantis è stato capace di andare a vincere in contee, come quella di Miami-Dade, dove per anni si sono massicciamente affermati solo i democratici. Vincere come un rullo compressore, in uno Stato dove nel 2008 e nel 2012 si era affermato significativamente Barack Obama, rappresenta per il Governatore italo-americano un biglietto da visita formidabile per le Presidenziali.

‘Desantimonius’ et ‘asinus asinorum in saecula saeculorum’

Donald Trump lo sa e ha già cominciato ad attaccarlo, definendolo “Desantimonius”. L’irascibile tycoon ha capito che DeSantis può essere il rivale più duro per le primarie repubblicane. Una cosa che hanno capito anche i Democratici, i quali sperano, per molti motivi, di doversi scontrare con Trump, che giudicano più facile da battere. Eppure, il Governatore della Florida è ritenuto un duro, uno che sulle tradizionali battaglie ideali dei conservatori non si tira mai indietro. Ma non ama le guasconerie alla Trump e cerca di rispettare gli avversari, ai quali chiede rispetto. Su queste basi, non sembra avere dei punti deboli per essere attaccato personalmente.

Gli ottant’anni di Biden

Le “Mid term” aprono anche un problema Biden. Tra una decina di giorni farà ottant’anni e, sinceramente, le sue performance cognitive non sembrano fra le più brillanti. Tra l’altro, i primi due anni della sua Presidenza sono stati giudicati molto negativamente.  Il “job approval” si mantiene molto basso (intorno al 42%) e le scelte economiche sono state quantomeno discutibili, per non parlare della politica estera. Insomma, tutti gli analisti sono sinceramente convinti che, senza lo zampino della Corte suprema, con la sentenza ‘Roe vs. Wade sull’aborto’, le elezioni di “Medio termine” sarebbero state un disastro per i Democratici. Per questo, fatti i conti e tirate le somme, i “liberal” potrebbero anche decidere di suggerire a Biden un glorioso ritiro. C’è però un problema. Uno solo, ma gigantesco: nelle file dei Democratici non si vede ancora un possibile “front runner” di spessore, che possa avere il carisma giusto per correre alla conquista della Casa Bianca.

Problema Dem (non parliamo di Italia)

Le figure che emergono sono “divisive” e più che l’anima di un Partito, rappresentano i gruppi, ideologici e territoriali, che si agitano in un grande contenitore politico. Il blocco di sinistra, coagulato intorno a Bernie Sanders, ha spinto Biden a cercare di mediare tra la priorità delle istanze libertarie e i problemi della sopravvivenza quotidiana. Il suo team di “advisers”, però, non è stato all’altezza di dare risposte accettabili su inflazione, criminalità e immigrazione clandestina sempre più massiccia. Problemi reali con i quali la gente deve confrontarsi tutti i giorni e ai quali dà precedenza assoluta. Ma se, come sembra ormai certo, la Camera finirà in mani repubblicane, l’agenda Biden subirà una scossa.

Scossoni e nuovi conti sull’Ucraina

Il nuovo “speaker”, il trumpiano Kevin McCarthy, passerà al setaccio tutti i piani finanziari della  Casa Bianca. E ricatterà Biden sulla spinosa questione dell’innalzamento del debito federale. McCarthy, per esempio, ha già messo in chiaro che bisognerà ridiscutere, dollaro per dollaro, l’impegno finanziario Usa in Ucraina. In definitiva, queste elezioni americane potrebbero cambiare molte cose anche nel mondo.

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