L’America con l’incubo Cina mobilita militarmente il Giappone e le Filippine

Le scelte strategiche dell’Amministrazione Biden confermano quello che molti analisti, come Niall Ferguson, sostengono da molto tempo: il vero chiodo nella testa degli americani non è Putin, ma Xi Jinping. E il comandante dei Marines in Giappone, in una intervista, spiega la futura guerra con la Cina.

Il comandante dei Marines

Proprio in questi giorni è spuntata un’intervista, rilasciata dal comandante del Corpo dei marines in Giappone, luogotenente generale James Bierman, che spiega dettagliatamente i nuovi protocolli militari di collaborazione con Tokyo e con le Filippine. Il tutto rivisto in funzione di una possibile guerra con la Cina, causata da qualche incidente nello Stretto di Taiwan o, addirittura, da un’invasione diretta dell’isola. Il vento è cambiato e tira una brutta aria. A Tokyo se ne sono resi conto, tanto da decidere una vera e propria rivoluzione del concetto di “difesa”.

Difesa d’attacco

Ora si può andare anche all’attacco. Mercoledì e giovedì si vedranno importanti delegazioni governative nippo-americane, per parlare di sicurezza. Venerdì, invece, a Washington, s’incontreranno Joe Biden e il Primo ministro Fumio Kishida. I giapponesi stanno per aumentare la quota di Pil destinata alla Difesa, mentre, con una rivoluzione copernicana dal punto di vista tattico (ma anche strategico), hanno deciso di armarsi con missili in grado di colpire la Cina.

Il generale parla chiaro

Tornando al generale Bierman, occorre dire, come d’altro canto è tipico per tutti i militari di carriera, che non si nasconde dietro fumose dichiarazioni d’ordinanza o diplomatiche valutazioni. Insomma, non perde tempo con interviste che non chiariscono i termini del problema. No, lui è esplicito: bisogna integrare i comandi con gli alleati asiatici e moltiplicare le esercitazioni sui possibili “battlegrouhds”, per prepararsi a un conflitto con la Cina. In particolare, il capo dei Marines sottolinea la necessità di prendere spunto dall’andamento delle operazioni in Ucraina, per capire come comportarsi in caso di conflitto nel Sud-est asiatico.

Prepararsi alla Cina guardando all’Ucraina

E ora attenzione, perché proprio James Bierman spiega al Financial Times che la guerra in Ucraina non ha colto gli americani di sorpresa, che anzi se l’aspettavano e l’avevano preparata adeguatamente. «Perché abbiamo raggiunto il livello di successo – dice – ottenuto in Ucraina? Gran parte di ciò è dovuto al fatto che dopo l’aggressione russa nel 2014 e nel 2015, ci siamo preparati seriamente per il futuro conflitto: addestramento per gli ucraini, riposizionamento dei rifornimenti, identificazione dei siti da cui avremmo potuto fornire supporto per sostenere le operazioni». Tutto previsto, dunque. Putin si è messo in gabbia da solo e gli americani l’aspettavano al varco.

Trappola Taiwan per chi?

Ora intendono proporre lo stesso scenario nell’Indo-Pacifico, coinvolgendo e ‘convincendo’, a uno a uno, tutti gli alleati della regione. Per fare un esempio, quest’anno le esercitazioni congiunte con gli Usa, nelle Filippine, vedranno una massa di manovra raddoppiata. Ma ciò che colpisce di più è il fatto che anche gli Stati maggiori dei Paesi alleati si muovono in un’ottica «crisi di Taiwan-guerra alla Cina». Una conferma che arriva anche dalle dichiarazioni degli Alti comandi di Manila, che parlano già di “test di battaglia”.

Comando generale Usa alle Hawaii

I due Ministri della Difesa, Lloyd Austin e Josè Faustino Jr., fra qualche giorno, inoltre, s’incontreranno alle Hawaii. Un meeting mai avvenuto e che visto il momento e il posto dove si fa (il Comando generale americano del Pacifico) segna la delicatezza del momento. Il ritorno a una stretta alleanza con le Filippine è una svolta, determinata anche grazie al nuovo Presidente, Ferdinando Marcos junior, figlio di un altro leader, ritenuto autocrate e molto discusso. Ma gli americani, si sa, quando si tratta di principi democratici li applicano a ‘geometria variabile’, secondo i loro interessi in gioco. Tuttavia, il Pentagono insiste: il controllo delle Filippine e il loro sostegno sono indispensabili per la logistica, in caso di guerra con la Cina dopo una possibile invasione di Taiwan.

Mar cinese meridionale

Lo hanno spiegato per bene al Presidente Biden, che ha capito e non fa lo schizzinoso. Secondo gli esperti di strategia, se gli Usa fossero coinvolti in una battaglia aeronavale nel Mar cinese meridionale, dovrebbero per forza di cose fare transitare i loro rifornimenti sfruttando le basi dell’alleato filippino. Le isole, geograficamente, sono poste lungo la direttrice che, dalle Hawaii e da altri importanti porti del Pacifico, si congiunge con lo Stretto di Taiwan. Da questo punto di vista, diventerebbe esiziale il controllo sia del Canale di Bashi a nord che quello del Passaggio di Subutu a sud.

In definitiva, a giudicare da come si muove la diplomazia ‘parallela’, e dal lavoro sottotraccia fatto dagli alti comandi militari, oggi non c’è solo l’Ucraina a togliere il sonno a molti leader politici. Molto del nostro futuro si giocherà anche (e soprattutto) nel Mar cinese meridionale.

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