Inflazione Eurozona 10%. Sul gas Germania ‘fai da te’, gli altri si arrangino

Nell’Eurozona l’inflazione ha raggiunto il 10% per la prima volta, mentre in Italia è all’8,9%. Dove vale l’Euro, se a settembre 2021 un bene costava 100 euro, oggi ne costa 110. Ma è una media, quindi con situazioni molto diverse. I paesi baltici sono oltre il 20 per cento, troppo vicini alla Russia ora nemica. Olanda 17,1%. Belgio 12, Austria 11 e Germania 10,9.
Sotto le fatali due cifre, solo la Spagna al 9,3%, l’Italia all’8,9 e la Francia al 6,2 per cento.

Eurostat sull’inflazione ed è un massacro

Il rialzo dei prezzi “armonizzato”, nei 19 paesi dell’Eurozona, ha rotto tutti gli argini e ha sfondato la barriera psicologica delle due cifre, toccando il 10%. La notizia ha terrorizzato tutti, specialmente i cosiddetti “specialisti” che, mettendo le mani avanti e facendo professione di pessimismo, avevano parlato di “una possibile inflazione al 9,7%”. Ma hanno sbagliato della bellezza di uno 0,3% in un mese, che ai non addetti ai lavori può sembrare poco, ma che, in effetti, è tanta roba.

Inflazione ‘volatile’ a tavola, e c’è di peggio

Inflazione volatile” -energia e cibo-, è aumentata rispettivamente del 40,8% e dell’11,8% su anno. Quella “core”, cioè il nocciolo duro, il più difficile da estirpare nel tempo, è passata dal 4,3% di agosto al 4,8% di settembre. Un valore giudicato dagli economisti, specie alla luce degli interventi della BCE, fin troppo elevato e destinato a salire ancora. Come abbiamo già detto in altre occasioni, il problema principale, che si trova davanti l’istituto di Francoforte, è la necessità di dover intervenire su un’area fiscalmente disomogenea, in cui ogni sistema-paese presenta specificità di mercato asimmetriche, rispetto a tutti gli altri.

Assimetria fiscale e lentezze in casa Euro

Ci sono Stati come la Francia, che hanno un’inflazione di poco superiore al 6% (sulla carta), altri come l’Italia, che viaggiano intorno al 9%; l’Olanda, che supera il 17% e i baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) che sfondano tutti abbondantemente il 20%. Come dicono molti analisti, però, c’è anche il fattore tempo che gioca contro la Banca centrale europea. La prossima riunione del “board” che dovrà decidere sul rialzo dei tassi è fissata per la fine di ottobre. Una pausa troppo ampia vista la velocità con cui si succedono gli stravolgimenti finanziari e, soprattutto, la fragilissima difesa del cambio finora portata avanti dall’istituto. Né valgono a modificare le aspettative i proclami di Christine Lagarde, che non riusciranno mai a convincere i mercati, condizionati dalla potenza di fuoco della Federal Reserve.

Mercati nel caos e imprevedibili

Comunque, al di là delle quantità in ballo, ciò che colpisce anche i profani è l’estrema difficoltà a prevedere il comportamento di mercati che ormai sono in piena fase caotica. Piccole variazioni nella catena di formazione dei prezzi si legano, in modo esponenziale e con dinamiche non lineari. Per dirla in modo più comprensibile, nessuno è in grado di dire, con certezza, quello che capiterà domani. Figuriamoci il mese prossimo. Questo rende molto più complicata l’azione dei governi e, soprattutto, quello della Banca centrale europea. L’inflazione nell’Eurozona continua a impennarsi, sebbene la BCE sia già intervenuta due volte per alzare i tassi. Tuttavia, la sua politica monetaria è stata debole, lenta e, soprattutto, incapace di muoversi in sincronia con la crisi (chiarissima) dei mercati.

Europa verso la ‘stagflazione’

Nouriel Roubini, della New York University, pensa che l’Europa si stia dirigendo verso un periodo di stagflazione, con prezzi molto elevati e crescita stagnante. “La BCE dovrebbe aumentare i tassi più velocemente, anche se questo causerà stress politici, economici e finanziari”. Secondo Jessica Hinds (Capital Economics) poi, il fatto che il tasso di disoccupazione sia tutto sommato contenuto (6,6%), continuerà ad avere effetti di tensione sul costo del lavoro, che resterà più alto della media. Ma come di traduce questa tempesta perfetta sulla tenuta dell’Unione? “Nei momenti più bui si vedono i veri amici”. Bene, ad applicare un tale vecchio adagio all’Europa, di questi tempi, si resta un po’ sconcertati.

Europa Unita quanto?

Ogni “socio” sembra più preoccupato di badare ai fatti suoi, piuttosto che aiutare gli altri a risolvere i loro problemi. Uno, in particolare, lo sta facendo sfacciatamente: la Germania. Il tessuto produttivo tedesco si sta sfilacciando, sotto i colpi di una crisi energetica epocale. L’inflazione ha raggiunto l’astronomica cifra del 10,9% e la gente è già scesa per le strade a protestare, specie nei lander orientali, il Mecklenburg e la Pomerania. Insomma, il governo rosso-verde di Scholz comincia a temere il peggio, cioè turbolenze sociali che potrebbero dilagare a macchia d’olio. Per questo ha stracciato tutti gli impegni di solidarietà, per un piano comune che affronti i danni collaterali della crisi energetica, e tira dritto per la sua strada.

Germania ricca ma senza Merkel

  • La Germania è ricca e quindi si può permettere lussi che altri partner UE non possono affrontare. Scholz ha stanziato 200 miliardi di euro per salvare famiglie e imprese tedesche. Gli altri? Si arrangino.
  • Secondo il Financial Times l’egoismo tedesco ha tagliato le gambe a un’azione comune dell’Unione, suscitando “animosità” tra gli Stati membri.
  • Mario Draghi, visibilmente contrariato, ha detto “di fronte alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci secondo lo spazio dei nostri bilanci razionali”. Karel Hirmann, Ministro dell’Economia slovacco, è stato ancora più duro: “La Germania – ha detto – sta distruggendo il nostro mercato comune”.
  • Berlino si è anche categoricamente opposta a qualsiasi accordo per mettere un tetto al prezzo del gas, una misura che è sostenuta da più della metà degli Stati dell’Unione.

‘Pandemia’ da gas?

Tra l’altro, la Germania utilizzerà i 200 miliardi, a debito, con un trucco contabile, perché cadranno sul capitolo “fondi recupero pandemia”. Pandemia? Non c’entra niente. Questo puzza di aiuto di Stato e il Commissario alla Concorrenza dovrebbe aprire gli occhi. Inutile sperare nella Von der Leyen: lei “vigila”, ma solo sulle cose che non le competono.

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