L’intelligenza artificiale in guerra, a colpi di droni tra Ucraina e Russia

Si chiama Sunflower-200, ha una lunghezza di 3,2 metri, un’apertura alare di 2,5 metri e una velocità di volo di 160-220 chilometri all’ora. Può viaggiare fino a 2mila chilometri per colpire obiettivi. E, soprattutto, può trasportare un peso (leggi una carica esplosiva) di 40 chilogrammi. È il nuovo drone kamikaze, la versione cinese dello Shahed-136 di fabbricazione iraniana, con il quale Pechino – secondo quanto scrive il sito Asia Times -, è pronta a inondare il mercato della guerra.

Perché una cosa è ormai assodata: lo scenario ucraino ha definitivamente cambiato il volto della guerra.

Il nuovo drone kamikaze cinese in Ucraina?

Pechino ha fino ad oggi adottato un atteggiamento molto cauto per non incappare nelle sanzioni occidentali. Secondo Asia Times, «le aziende russe hanno importato almeno 37 droni cinesi per un valore di 103.000 dollari tra dicembre 2022 e aprile 2023, nei documenti di sdoganamento per ‘operazione militare speciale della Russia’. Contemporaneamente le aziende russe hanno anche pagato alle imprese cinesi 1,2 milioni di dollari per dispositivi che ‘rilevano e bloccano i droni nemici».

Ma l’America non sta a guardare

Il mese scorso, il vicesegretario alla Difesa Usa, Kathleen Hicks ha presentato il programma ‘Replicator’ del Pentagono, per consentire all’industria bellica americana di sfornare migliaia di droni da combattimento «economici e intelligenti per qualsiasi conflitto futuro». L’iniziativa, ha specificato Hicks, punta a contrastare la Cina «con una massa di droni e la messa in campo di un esercito ‘più agile’». Più agile per smetterla con «più navi, più missili, più persone», antica e ancora attuale ma costosissima strategia Usa.

I droni di Kiev meglio degli F-16

L’estate 2023 ha visto intensificarsi l’uso dei droni da parte ucraina e russa. Per Kiev, che ha investito moltissime risorse nel settore, i velivoli telecomandati sono un’opportunità per attacchi in profondità sul territorio nemico, utili a creare caos e insicurezza, nonché a distogliere l’attenzione dalla propria controffensiva terrestre, che ristagna da quasi tre mesi. Solo domenica 10 settembre, il Ministero della Difesa russo ha reso noto che nella notte sono stati abbattuti 8 droni sul Mar Nero, poco prima che raggiungessero le coste della Crimea, le cui basi sono fra i bersagli privilegiati di Kiev.

Armi subdole da servizi segreti

Il servizio di sicurezza interna ucraino SBU, insieme all’intelligence militare GUR è la mente che sceglie i bersagli e decide i raid, scrive su Analisi Difesa Mirko Molteni, a conferma di obiettivi prima di tutto politici rispetto a risultati militari stretti. La giornata che ha visto gli attacchi più numerosi, tentati o riusciti, di droni ucraini in territorio russo, è stata quella del 30 agosto 2023, in cui ben sei regioni della Russia Europea sono state bersagliate. La più capillare azione di questo tipo da quando nel febbraio 2022 è iniziata la guerra.

Droni marittimi ‘punture di spillo’?

In mare, gli ucraini hanno inviato tre droni marittimi a tentare di colpire ancora il ponte di Kerc, fra Crimea e penisola russa di Taman. Conseguenza, far chiudere il ponte al traffico automobilistico e ferroviario fino al giorno dopo. Per la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova l’uso di quelle armi dimostrerebbe «la mancanza di qualsiasi prospettiva, una dimostrazione di pura inutilità». Punture di spillo sul gigantesco orso russo, mentre sul terreno che conta davvero per gli esiti del conflitto, le spallate ucraine non hanno ancora intaccato le linee difensive russe, se non in pochi punti isolati.

Colpo grosso

Un ‘colpo da maestro’ gli ucraini lo hanno messo a segno il 19 agosto con la distruzione di un bombardiere supersonico Tupolev T-22M3 sulla pista della base aerea di Soltsy-2. E azioni simili richiedono un rete di spionaggio satellitare per riferire agli operatori dei droni la posizione degli obbiettivi. Foto satellitari delle società Planet Labs e Maxar mostravano nei giorni precedenti l’attacco, fra il 10 e il 16 agosto, che la base era piena di Tu-22M nelle loro piazzole di sosta.

Colpire la Russia ma senza ammetterlo

Tra vantare il colpo e nascondere bersaglio scelto e l’armamento usato. Da un lato, il governo di Kiev mantiene riserbo su questi raid, poiché teme che azioni in profondità sul territorio russo possano suscitare critiche da parte degli alleati NATO, disposti a fornire armi per la difesa ma contrari a una escalation. Il 28 agosto lo stesso Zelensky ha dichiarato: «La coalizione di alleati che ci sostiene potrebbe non supportarci più se muovessimo offensive sul territorio russo». Ed ecco che i servizi segreti SBU (civile) e GUR (militare), attribuiscono certi colpi ad improbabili oppositori interni armati.

Il lungo volo verso Mosca

Soltanto nei primi 100 chilometri circa, di volo può essere guidato da una stazione di terra con trasmissione in linea diretta. Più lontano la curvatura terrestre crea una zona d’ombra in cui può solo volare in modo autonomo, ma più impreciso. A meno che non si usino satelliti come ponte radio per controllarlo, il che presuppone l’aiuto americano a Kiev. Molteni fornisce moltissimi dettagli sui nuovi ordigni volanti o naviganti in campo, che restano per ora una ‘distrazione‘ rispetto alla difficoltà incontrate dall’esercito ucraino contro le linee difensive russe.

Il programma droni ucraino

il ministro della Trasformazione Digitale promette di mandare al fronte 1.700 nuovi droni, addestrare 10.000 operatori preparare altri 10.000 ad addestramento futuro. «Un anno fa avevano solo 7 modelli di droni militari, ora stiamo lavorando per decuplicare questa cifra. Abbiamo costituito 11 unità d’attacco con droni e ci siamo resi conto che occorre addestrare le truppe al loro impiego. Dopo aver addestrato 10.000 operatori di droni, e presto altri 10.000 esperti del settore». Verità o vanteria ad impaurire i nemici, l’impegno industriale è reale.

UAV e ‘loitering munitions’ russi

La Russia sta cercando di recuperare il tempo perduto nel settore dell’aviazione a pilotaggio remoto, costretta a importazioni di droni iraniani. Ora la ‘ZALA Aero Group’ del consorzio di industrie Kalashnikov, e ha sviluppato il Lancet fin dal 2019, tanto che l’esercito russo ha iniziato a sperimentarlo nel 2021 contro i jihadisti in Siria. Al fronte, fin dal febbraio 2022, l’esercito russo ha impiegato numerosi Orlan 10. E sebbene abbiano subito molte perdite dall’antiaerea ucraina restano cruciali per l’impegno russo.

I droni iraniani

Mosca, almeno da ottobre 2022, ha importato velivoli UAV più economici dall’Iran. Il ricognitore Mohajer 6, che può anche portare 40 chili di bombe, ma soprattutto il drone kamikaze Shahed 136,  per soverchiare le difese aeree ucraine con il numero. Il 26 luglio la DIA, Defense Intelligence Agency, il servizio segreto delle forze armate USA, ha avvertito che accordi fra Mosca e Teheran stanno portando a realizzare una grande fabbrica di droni iraniani in Russia, nella Zona di Elabuga, o Alabuga, nella Repubblica autonoma del Tatarstan.

Sanzioni da ridere

Secondo gli analisti del britannico Conflict Armament Research, la Russia ha già iniziato a produrre e utilizzare la propria versione degli Shahed iraniani. «Simili agli originali iraniani, ma con 100 componenti in più prodotti da 22 aziende di 7 Paesi diversi, tra i quali non solo la Russia, ma anche aziende con sede in Cina, Svizzera e Stati Uniti».

In barba alle sanzioni e a un ‘isolamento della Russia’, ripetuto a pappagallo dai governi occidentali ma che, come dimostra l’espansione del gruppo BRICS, sembra ormai sempre più illusorio che reale.

 

 

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