L’improvvido Borrel. «L’addestramento dei piloti ucraini per gli F-16 è già iniziato in molti Paesi, come la Polonia. Ci vorrà del tempo ma prima si inizia meglio è», aveva dichiarato l’alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell. Di corsa il ministro della Difesa polacco Mariusz Błaszczak a smentirlo, parlando di ‘buone intenzioni’ e basta: «l’addestramento non è ancora iniziato». E non si sa bene quando potrà iniziare, visto che Biden a rischio di presidenza, ‘lancia il sasso e poi nasconde la mano’.
Molti osservatori rilevano come da qualche tempo il governo polacco stia cercando di esporsi un po’ meno: ragioni politiche interne, le ormai vicine elezioni politiche con troppe attenzioni militari e quelle sociali ridotte agli spiccioli. E le reazioni russe che sono state tutt’altro che leggere. «Più distruttive diventano le armi che Kiev riceve più si avvicina la possibilità di un’apocalisse nucleare». Per fortuna lo dichiara, Dmitry Medvedev, uno ‘sparagrosse’ simile al premier polacco Mateusz Morawiecki.
La testata Politico: «Alla domanda se sia realistico per l’Ucraina ottenere gli F-16 entro l’autunno, un alto funzionario della difesa dell’Europa centrale è stato ottimista, dicendo di “pensare che lo sia”», dire per non dire. Primo Paese a fornire i jet potrebbe essere l’Olanda. Lo ha dichiarato Yuriy Sak, consigliere del ministro della Difesa ucraino, che contando sui 24 F-16 operativi a disposizione di Amsterdam e sui 18 «non più utilizzati operativamente». Ma non è sempre così semplice.
Da subito l’Ungheria ha posto il suo veto all’aumento del Fondo europeo per la pace, ossimoro politico per l’invio di armi. Ma il pluri smentito Borrell si è detto fiducioso: «Sono sicuro che riusciremo a sbloccare anche il veto dell’Ungheria».
I miliziani di Svoboda Rossiy, già inquadrati nell’esercito ucraino e diretti dall’ex deputato russo Ilya Ponomarev, rivendicano l’incursione di lunedì in territorio russo. Provocazione politica più che una vera operazione militare, ma il Manifesto svela dettagli importanti. «L’enigma dei mezzi forniti a Kiev dagli Usa a patto che esibiti nell’attacco»
Ancora Sabato Angieri che svela: «Avevamo incontrato alcuni dei militari coinvolti nell’assalto qualche mese fa, nell’est dell’Ucraina, in una base segreta nei pressi del fronte. A guidarli, un ex-deputato russo, Ilya Ponomarev e i discorsi che molti di loro avevano fatto a volto coperto sembravano solo proclami di un gruppo di miliziani passati oltre-confine. Ieri, uno di loro, Cesar, si è fatto riprendere mentre annunciava la ‘liberazione’ di un villaggio russo e minacciava il Cremlino».
Da un lato i gruppi armati che con ampio sfoggio di foto e video hanno fisicamente lanciato l’attacco, col nome di Legione «Libertà per la Russia» (Svoboda Rossiy) e Corpo volontario russo (Russkiy dobrovol’cheskiy korpus, o Rdk). Dall’altro i servizi segreti militari ucraini, il Gru del sempre più famoso Kyrylo Budanov. Che sicuramente almeno sapeva.
Lunedì le prime immagini on-line di scontri armati a pochi chilometri dalla frontiera ucraina, a Belgorod, Russia. Nella notte ‘Svoboda Rossiy’ diffonde un comunicato ‘patriottico rivoluzionario’: «Siamo russi come voi. Ci distinguiamo solo per il fatto che non abbiamo più voluto giustificare le azioni dei criminali al potere e abbiamo preso le armi per difendere la nostra e la vostra libertà. È ora di porre fine alla dittatura del Cremlino».
Mezzi utilizzati per l’incursione: due carri armati e vari blindati, tra cui anche i famosi Humvee e altri corazzati parte delle forniture Usa all’Ucraina. «Perché mostrarli in mondovisione quando l’unica cosa che l’amministrazione Biden continua a ripetere da mesi è «forniremo armi purché non si attacchi il territorio russo»? Ma i dubbi di Sabato Angieri (e nostri) sono anche altri.
La legione Svoboda Rossiy e l’Rdk non sono la stessa cosa anche se, a quanto pare, hanno agito insieme. La prima è una creatura di Ilya Ponomarev, personaggio fumoso, uomo d’affari ed ex membro del Partito comunista russo, l’unico deputato della Duma ad aver votato contro l’annessione della Crimea nel 2014. Accusato di appropriazione indebita Ponomarev fugge in Ucraina nel 2016, e ne ottiene la cittadinanza nel 2019. In un’intervista su ‘Le figaro’ a febbraio affermava: «Diciamo che mi muovo nelle alte sfere politiche per agevolare certe cose, e la formazione di questa unità ne è parte».
Secondo lui tra i 500 e i 1000 soldati, tutti russi, sono all’interno di Svoboda Rossiy e un altro battaglione sarebbe in addestramento. Obiettivo «dopo la vittoria dell’Ucraina è proseguire fino a Mosca, ma senza l’esercito regolare ucraino, o qualsiasi altro esercito».
L’Rdk, invece, è guidato dal neonazista Denis Kasputin, anche lui con un passato ambiguo. Noto negli ambienti nazionalisti russi per le sue posizioni estremiste, ha vissuto per anni in Germania prima di spostarsi in Ucraina per combattere contro l’esercito di Mosca.
Composizione eterogenea, con solo elemento comune, il nazionalismo. «Una visione politica che si oppone a Putin ma non certo per questo libertaria». Mosca, li considera solo terroristi, e accusa Kiev di aver orchestrato «un’operazione sotto mentite spoglie per diffondere il panico nella popolazione».
Ma che non ci fosse nessuno a bloccare i sedicenti ‘partigiani russi’ alla frontiera è evidente. Con nuove truppe da spostare in quell’area e, forse, distrarre uomini dai fronti aperti. Consentendo al capo della Wagner di attaccare il ministero della Difesa e proporsi nuovamente come salvatore della patria. Guerra sporca. Sporchissima.