Washington. Secondo la ricostruzione affidata da funzionari americani al Wall Street Journal, il drone Mq-9 Reaper partito dalla Romania (base di Câmpia Turzii, e non da Sigonella) si trovava sopra acque internazionali ma molto vicino alla Crimea, quando due caccia Su-27 lo hanno affiancato, gli hanno volato davanti e gli hanno riversato addosso carburante. Prima accecato, poi uno dei velivoli russi avrebbe urtato l’elica posteriore, facendolo precipitare.
Mosca. Secondo l’ambasciatore russo a Washington, i caccia si sono alzati in volo perché il drone puntava, con transponder spento, verso la strategica penisola del Mar Nero, violando lo spazio aereo della ‘operazione militare speciale’ controllato dai russi e comunicato a tutti i paesi che operano nell’area. E la caduta del Reaper sarebbe stata causata da una brusca manovra del velivolo senza pilota nel tentativo di sottrarsi alla scia dei Su-27 che lo avrebbe fatto finire fuori controllo.
Le ricostruzioni diverse negli accenti, ma non nella sostanza. Gli Stati Uniti descrivono la collisione come incidentale. E l’accaduto non è descritto come «abbattimento» (gesto intenzionale) bensì come «scontro» (gesto accidentale). Manovre pericolose avvenute con frequenza prima dell’aggressione dell’Ucraina. Dal 2014 (annessione dell’Ucraina), si sono verificate centinaia di incontri ravvicinati tra mezzi militari di paesi Nato e velivoli russi tra Mediterraneo, Baltico e Mar Nero. Questa volta, sottolinea l’attento Limes, un funzionario del Pentagono ha addirittura descritto l’episodio come «una ragazzata».
Questo scontro è il primo fra russi e americani non dall’inizio dell’invasione, ma dalla fine dell’Unione Sovietica. Le Forze armate avrebbero potuto minacciare i russi di non toccare più aerei americani, anche quelli senza piloti a bordo. Invece hanno scelto di non drammatizzare, quasi non fossimo in tempo di guerra. Ma quel drone era lì con due possibili scopi: raccogliere informazioni da passare agli ucraini su possibili bersagli a Sebastopoli e dintorni (è l’accusa moscovita) oppure gli spostamenti della flotta russa nel Mar Nero, la cui numerosità è aumentata di recente. Dunque il Reaper era parte integrante dell’aiuto bellico fornito da Washington a Kiev.
La perdita del drone non costringe Washington ad alzare i toni perché è avvenuta nei cieli di acque internazionali. A differenza del presunto pallone spia cinese, la partita non si è giocata in casa degli americani, e «non ha leso il loro tradizionale senso di invulnerabilità territoriale», la lapidaria conclusione di Limes. Molto più sottile l’ipotetico retroscena.
Uno, conferma meccanismo di ‘auto-contenimento della guerra’ per non costringere Putin a usare l’arma nucleare. Meccanismo in cui è coinvolta anche la Cina, con la Casa Bianca che rincorre Xi Jinping prima che quest’ultimo parli la prossima settimana con Putin e Zelensky. Parte della speranza americana di negoziati tra russi e ucraini entro l’anno. Due, pur continuando a raccogliere ‘intelligence’ e liste di possibili bersagli in Crimea, gli Stati Uniti confermano alla Russia di sapere quanto essa ritenga sensibile la contesa penisola del Mar Nero.
«Droni e jet, state sereni». Più politiche le considerazioni del condirettore del Manifesto. E tanta ironia amara. «Che volete che sia il confronto militare tra un caccia russo e un drone americano – caduto o abbattuto non lo sapremo mai – nel Mar Nero, ai confini di una guerra- a bassa intensità dal 2014, e d’aggressione con l’invasione russa dal febbraio 2022 ? È solo un passetto in più, il tassello mancante del puzzle della terza guerra mondiale a pezzi, ma state tranquilli. Gli americani ‘sconfitti’ nell’occasione, insieme abbassano e alzano i toni rilanciando: il Mar Nero non è più il lago di casa della Russia. Hanno ragione, con l’allargamento della Nato a est il Mar Nero, con decine di basi americane e Nato in Bulgaria e Romania, è ormai altra cosa – peggiore o migliore nella prospettiva della pace?».
«Fatto grave, il confronto diretto russo-americano nei cieli avviene, da una parte, nel momento del rilancio di una, certo difficile, prospettiva di negoziati, non solo con il Vaticano al quale apre stavolta il chierichetto di Putin Kirill, ma per il ruolo attivo della Cina che getta sul piatto l’accordo che ha realizzato tra Iran-Arabia saudita». «Tanto che la Casa bianca presa in contropiede ha tenuto a far sapere: ‘Abbiamo incoraggiato noi Xi Jinping a sentire Zelensky’ ; e dall’altra nel momento dell’affare Usa del secolo: tre sommergibili nucleari venduti all’Australia, che insidiano i Trattati nucleari, fanno infuriare Pechino e aumentano la militarizzazione di Pacifico e Asia».
«Quello del drone e dei jet nel Mar Nero è dunque solo un incidente? Non proprio». Con jet britannici e tedeschi che ‘intercettano’ aerei russi sull’enclave russa di Kaliningrad. «Alla luce delle profferte atlantiche pronte a fornire a Kiev nuovi caccia – perfino dalla Finlandia – c’è il rischio che ora si avvii non già una esplosiva no-fly zone sui cieli ucraini, ma qualcosa di peggio nel teatro di guerra celeste del Mar Nero».
«Con il governo Meloni che giustifica, con l’Europa, la politica di riarmo perché ‘gli arsenali sono ormai svuotati’ per i tanti invii di armi a Kiev, ci si chiede: ma cacciabombardieri e droni sono armi di difesa o di offesa, visto che già hanno già colpito in territorio russo?».