Viaggio nella storia dell’inflazione. La repubblica di Weimar

L’inflazione evoca antiche paure, soprattutto per la Germania che all’inizio degli anni Venti fu devastata dal crollo del marco provocato dall’imposizione del pagamento dei danni di guerra. Dall’inflazione derivò anche instabilità politica che si concluse con la dittatura nazista che a sua volta condusse alla tragedia della Seconda Guerra mondiale. Peggio dell’inflazione c’è insomma la paura dell’inflazione.

Quando un chilo di pane costava quattrocento miliardi di marchi

Le conseguenze di Versailles. Sconfitta nel 1918 la Germania dovette affrontare le potenze europee al tavolo della pace e il trattamento imposto dai vincitori fu durissimo. Per costringere la Germania ad ammettere nel trattato di pace la propria responsabilità della guerra, furono perfino prolungate le limitazioni all’importazione di derrate alimentari fino alla primavera del 1919. Soprattutto per la popolazione civile questo rappresentò un’autentica catastrofe umanitaria che produsse altre decine di migliaia di vittime civili perché al grave stato di denutrizione si aggiunse l’epidemia di influenza ‘spagnola’. Superata questa prima fase, sorse un altro problema e cioè il pagamento degli enormi danni di guerra con un sistema produttivo che non riusciva a ripartire sia per la mancanza investimenti, sia perché le perdita di alcuni territori aveva drasticamente ridotto la disponibilità di risorse quali il ferro e il carbone che avevano tradizionalmente sempre sostenuto l’industria tedesca. La Germania ricorse all’aumento della moneta circolante, come era del resto avvenuto già durante la guerra, e i prezzi, nel solo 1919, aumentarono del 60%. In seguito la situazione andò del tutto fuori controllo e i prezzi aumentarono in modo esponenziale ben al di la delle peggiori previsioni.

1923, anno orribile

Agli inizi del 1923 il valore di un dollaro americano si aggirava sui trecento marchi, ma a giugno era più che decuplicato e alla fine dell’anno il rapporto fu pari a 1=4.200 miliardi. Nel frattempo, a complicare ulteriormente la situazione, la Francia, per fare pressione sui pagamenti tedeschi, occupò militarmente la regione della Ruhr. Nello stesso periodo un chilo di pane arrivò all’incredibile cifra di 400 miliardi, un biglietto del tram a 50 e un litro di latte a 360. Questo ammettendo che le derrate fossero facilmente reperibili sul mercato perché contemporaneamente si sviluppò un altro fenomeno: essendo impossibile pagare i dipendenti mensilmente, dato il continuo aumento dei prezzi, il pagamento avveniva giorno per giorno. Non appena era percepito il salario, i lavoratori si precipitavano al mercato spendendo tutta la cifra ottenuta per la giornata, prima che si verificassero altri aumenti o che le banconote che avevano in mano perdessero il loro valore. Per rispondere alla domanda di banconote centinaia di fabbriche di carta e tipografie lavoravano per nuove stampe o sovraimpressioni, ma spesso le banconote fuori circolazione – quando non finivano direttamente al macero a pochi giorni dall’emissione – erano utilizzate come carta da parati o bruciate direttamente nelle stufe. E lo stesso avvenne per i francobolli o altri valori bollati.

La soluzione

La Germania aveva necessità di ‘ancorare’ il valore del marco a qualcosa economicamente solido e furono scelti – in mancanza di riserve auree – i prodotti del raccolto agricolo. La situazione monetaria si normalizzò gradatamente, ma i debiti rimasero. Secondo un calcolo dell’epoca sarebbero stati pagati completamente nell’arco di quarant’anni, cioè negli anni Sessanta: in realtà pochi sanno che – a causa dell’interruzione prodotta dalla Seconda guerra mondiale – l’ultima rata del debito risalente alla Grande guerra fu pagata dopo il 2000 e cioè quasi un secolo dopo. La repubblica di Weimar dovette poi affrontare una forte instabilità politica che esplose letteralmente dopo la crisi del 1929. Il pacchetto di misure economiche per affrontare questa seconda crisi fu talmente impopolare (aumento del tasso di sconto, drastiche riduzioni delle spese pubbliche soprattutto nel sociale, aumento dei dazi doganali e compressione dei salari) che aumentò il consenso verso i partiti politici più estremi, indebolendo il centro che sino a quel momento aveva governato. Nel 1932, un anno prima del successo elettorale nazista, i disoccupati erano calcolati in sei milioni e attraverso la battaglia elettorale incentrata contro il rigore delle misure governative Adolf Hitler pescò voti a man bassa.

Una voce mitteleuropea

Anche in Austria nel primo dopoguerra si verificò una forte inflazione e il paese fu soggetto ad una relativa instabilità politica. Stefan Zweig, autore de «Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo», racconta della crisi alimentare del primo dopoguerra nel Salisburghese e come si produsse un vero e proprio effetto domino: era normale che dalla città si andassero a cercare in campagna prodotti agricoli che venivano pagati in banconote. Il problema fu quando i possessori di banconote, in maggior parte agricoltori. si resero conto che i prezzi erano aumentati e pretesero cifre sempre maggiori, se non addirittura oggetti per praticare il baratto: poteva accadere infatti di trovare in una fattoria del Salkammergut un Budda di bronzo dorato o rare edizioni francesi rilegate in cuoio. All’inizio, dato che in Germania l’inflazione si sviluppava più lentamente, furono i bavaresi a varcare il confine per solenni sbornie a basso costo in Austria, tanto che la stazione di Salisburgo dovette organizzare una sorta di servizio di rimpatrio. Nel 1923 furono invece i più fortunati possessori del poco apprezzato scellino austriaco a prendersi una grottesca rivincita in Baviera.

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro