Egitto armato ma affamato a carico dei petro-monarchi del Golfo: costa troppo e politicamente ‘rende poco’

‘Il Golfo si è comprato El Sisi ma ora è stanco di pagare’, il titolo esplicito di Pagine Esteri. Egitto superpotenza araba armata e Paese leader nord-africano, a precipizio verso il crack finanziario, umiliato a muoversi sulla scia del piccolo e lacerato Libano, che forse il fallimento lo ha già raggiunto ma che la finanza internazionale ha ancora interesse a tenerlo ufficialmente nascosto.

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Vertice di despoti, chi ha e chi chiede

«Accompagnato da cinque ministri e da alti funzionari governativi, Abdel Fattah el Sisi è arrivato a New Delhi per una visita di stato e ha avuto colloqui con il primo ministro Narendra Modi con il quale condivide una visione a dir poco autoritaria del potere», la premessa di Michele Giorgio. Col ‘nocciolo duro’ della notizia: «Le due parti firmeranno accordi importanti ma l’India non potrà fare molto per aiutare l’Egitto alle prese con una crisi finanziaria ed economica devastante che rischia di farlo precipitare nel baratro in cui è già caduto il Libano».

Egitto sulla scia del Libano verso il crack di Stato?

Egitto-Libano. I punti in comune tra i due paesi arabi sono parecchi, a cominciare dal crollo della sterlina egiziana nel cambio con il dollaro simile a quello della lira libanese, passando per l’inflazione galoppante fino al rapido impoverimento della classe media in un paese dove già il 30% dei 104 milioni di abitanti vive in miseria. Un quadro che inquieta gli Stati arabi, segnala da Gerusalemme Michele Giorgio, ed assieme inquieta la stessa Israele, che «osserva con attenzione gli sviluppi alla luce dei rapporti stretti con il Cairo nelle questioni di sicurezza».

Vertice arabo ‘prosperità e stabilità’

Prima fu Abu Dhabi. Come dare una mano a El Sisi è stato uno dei temi del vertice «Prosperità e stabilità nella regione» tenuto ad Abu Dhabi il 18 gennaio dove, ufficialmente, si sarebbe discusso solo di cooperazione, di Yemen e delle provocazioni del nuovo governo Netanyahu sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme. Ma le ricche monarchie del Golfo, che già hanno aiutato con miliardi di dollari El Sisi dopo il suo colpo di stato nel 2013 contro il nemico comune, i Fratelli Musulmani, stanno esaurendo più che i soldi, la loro generosità a buttarli nella voragine Egitto. Poco e con molta calma, la risposta a Il Cairo, mentre il sostegno richiesto è urgente.

Valuta estera svanita in armamenti e progetti imperiali

Il sostegno richiesto invece è ingente, spiega ancora ‘Pagine Esteri’. Soprattutto, bisogno immediato di valuta estera. Riserve ridotte a soli 24 miliardi di dollari e una parte più consistente non sono neppure loro ma dell’Arabia saudita e degli Emirati che hanno depositato diversi miliardi di dollari nelle banche egiziane per garantire gli aiuti finanziari internazionali richiesti dal Cairo. Di recente l’Egitto ha ottenuto un prestito dal Fondo monetario internazionale di tre miliardi di dollari. Ma è una goccia di fronte al mare del debito complessivo egiziano di oltre 220 miliardi di dollari di cui quello estero sfiora i 160 miliardi.

Dubbi arabi sul Faraone Al Sisi

Dubbi anche tra gli alleati arabi sulle politiche economiche del presidente egiziano e le sue manie di grandezza che si sono materializzate in questi anni in faraonici progetti infrastrutturali che hanno svuotato le casse pubbliche, come l’espansione del Canale di Suez, la costruzione di una nuova capitale nel deserto e varie superstrade. Progetti che invece El Sisi insiste a difendere con forza contro logica e contabilità. Con il quotidiano saudita Asharq al Aswat, megafono della famiglia reale, descrivere il presidente egiziano come «alleato e prezioso, leader di un paese fondamentale per la difesa della sicurezza regionale».

Costa caro, ma per ora ci serve

Ed il commentatore di corte ha descritto il coordinamento tra Egitto, Arabia saudita ed Emirati «essenziale per sconfiggere le minacce esistenziali (l’Iran) e per eliminare il caos nella regione» (gli Houthi yemeniti)». Eppure l’Arabia saudita non ha partecipato al vertice di Abu Dhabi alimentando voci secondo le quali la famiglia Saud non sarebbe più disposta ad immettere altri miliardi di dollari nell’economia egiziana ormai fuori controllo, l’analisi di Michele Giorgio.

Rubinetti sauditi chiusi

«Riyadh non ha più bisogno di comprare la politica estera di El Sisi, quindi non regalerà al Cairo altre decine di miliardi di dollari. Anche perché il principe ereditario Mohammed bin Salman ha bisogno di quei miliardi per completare il suo piano nazionale ‘Vision 30’ persino più faraonico dei progetti di El Sisi», il dato di fatto , a doverci ricordare Matteo Renzi che arrivò a parlare di ‘Rinascimento Saudita’.

A Davos l’annuncio della oculatezza saudita

Al World Economic Forum di Davos, il ministro delle finanze saudita Mohammed al Jadaan ha chiarito che il regno cambierà la sua politica di aiuti esteri. «Eravamo soliti concedere sovvenzioni dirette e depositi senza alcun vincolo. Ora lavoriamo con le istituzioni internazionali per vedere che siano prima attuate riforme (nei paesi da sovvenzionare, ndr)» ha affermato. Questo dopo che personalità dei media vicine ai leader arabi del Golfo, avevano apertamente criticato le politiche economiche del Cairo.

El Sisi più debole e più manipolabile

Lo scorso autunno El Sisi aveva dovuto riconoscere che «Amici e alleati credono che lo Stato egiziano non sia in grado di rialzarsi dopo avergli fornito per anni l’assistenza per risolvere crisi e problemi». Ma -almeno per ora-, presidente egiziano non sarà abbandonato al suo destino, conclude ‘Pagine Esteri’. Un El Sisi debole è ancora più manipolabile a favore degli interessi dei paesi del Golfo.

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AVEVAMO DETTO

Tags: crisi Egitto
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