Taiwan, urne già incandescenti tra Washington e Pechino

Mancano solo otto settimane alle elezioni forse più importanti del 2024, insieme a quelle degli Stati Uniti a fine anno e possibile fine della presidenza Biden. Entro il 24 novembre vanno depositate le candidature per le elezioni presidenziali della ‘Repubblica di Cina’, Taiwan, del prossimo 13 gennaio. Un voto cruciale, non solo per gli equilibri interni di Taipei e la stabilità dello Stretto di Taiwan, ma anche per i rapporti con Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese, e potenzialmente per le relazioni tra le due grandi potenze.

Subbuglio politico interno e chi sa cos’altro da fuori

Salta il patto tra i due principali partiti d’opposizione, il Kuomintang e il Partito popolare e subito si esagera. Per il vice presidente Lai Ching-te «l’isola dovrà scegliere tra la democrazia e l’abbraccio con la Cina», che non è un addio politico ma un cazzotto. Al punto da spingere la compassata Bbs a ironizzare con «Il matrimonio è finito prima ancora di iniziare», sottolinea Luca Miele su Avvenire.

Vigilia tormentate ed estremismi pericolosi

«A pochi giorni dall’annuncio dello scorso 15 novembre – il giorno in cui il presidente americano Joe Biden e quello cinese Xi Jinping si incontravano a San Francisco -, l’alleanza in pro-Pechino tra i due principali partiti d’opposizione di Taiwan, il Kuomintang e il Partito popolare sembra già naufragata». Ma nella politica cinese di Taiwan, tutto e il contrario di tutto sono possibili. Resta il fatto che il clima politico nell’isola e attorno all’isola è già incandescente.

Chi non vuole di essere arma Usa contro Pechino

Kuomintang e Partito popolare, che hanno promesso di far ripartire il dialogo con Pechino «su base paritaria e dignitosa e di ripristinare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, avevano accettato di varare un ticket presidenziale tra i loro due attuali candidati: Hou Yu-ih (Kmt), sindaco di New Taipei ed ex capo della polizia, e Ko Wen-je (Tpp), ex sindaco di Taipei ed ex chirurgo diventato dieci anni fa un politico popolare per le posizioni contro l’establishment. Con il primo – a sorpresa – in corsa come ‘numero due del più controverso Ko».

Poi la Taiwan americana

Dall’altra parte della barricata c’è il Partito democratico progressista dell’attuale presidente Tsai Ing-wen che correrà con l’attuale vicepresidente, William Lai Ching-te. Il Partito democratico progressista, sempre più vicino agli Usa, ha fatto sua «l’arma della retorica dell’indipendenza dalla Cina». Per Lai Ching-te «il popolo di Taiwan dovrà scegliere nelle elezioni del prossimo anno se l’isola continuerà ad avanzare sulla strada verso la democrazia o precipiterà nell’abbraccio della Cina». Il fatto che alla fine non saranno certamente i tawanesi a decidere non viene neppure accennato.

Asia Times e sondaggi maliziosi

Cosa ha rotto il patto tra le forze dell’opposizione in tempi record? Come spiega Asia Times, a incrinare l’alleanza sono stati i sondaggi che -credibili o meno- segnalavano un gradimento più alto del candidato vice presidente rispetto all’ipotetico presidente, rovesciando così (e per ora) l’equilibrio su cui si basava l’accordo elettorale. Personalismi su cui la politica più alta saprà certo intervenire.

Partita geopolitica reale: la Cina

La Cina che considera Taiwan parte integrante del suo territorio nazionale e mira a sanare la ferita dell’amputazione. Un sondaggio della National Chengchi University nel 2022, sostiene che quasi il 61% dei residenti dell’isola si considera ‘taiwanese’ e basta, ma Pechino la vede in tutt’altro modo. Il generale Zhang Youxia, numero due della Commissione militare centrale (Cmc) cinese, il massimo organo delle forze armate con a capo il presidente Xi Jinping, ha recentemente ribadito che «i militari cinesi non permetteranno mai l’indipendenza di Taiwan».

Anche gli Stati Uniti si impicciano

Joe Biden ha recentemente firmato una sovvenzione di 80 milioni di dollari a Taiwan per l’acquisto di attrezzature militari americane. Un tassello di una strategia ben più ampia. Taiwan ha già ordinato armi statunitensi per oltre 14 miliardi di dollari. «Gli 80 milioni di dollari non sono un prestito. Ma un dopo pericoloso che arriva direttamente dai contribuenti americani. Per la prima volta in più di 40 anni, l’America sta utilizzando il proprio denaro per inviare armi in un luogo che ufficialmente non riconosce».

L’incognita economia

Non solo gli scenari internazionali. A pesare nella partita del voto ci sarà anche il fattore ‘economia’. Taipei ha previsto una crescita per l’intero anno pari solo all’1,6%, in calo di quasi l’intero punto percentuale rispetto al 2022. «Secondo Hou e Ko, migliori relazioni con la terraferma potrebbero aiutare a rilanciare l’economia stagnante», parliamo della sola Cina che gli Stati Uniti avevano giurato e scritto di riconoscere.

Solo economia o anche altro?

L’economia di Taiwan continua a dipendere dal commercio con la Cina, che è il principale partner commerciale dell’isola. Nel 2021, il valore del commercio attraverso lo Stretto è stato di 273,06 miliardi di dollari. Una relazione a due sensi. Oggi Taiwan è uno dei maggiori investitori in Cina. Tra il 1991 e la fine di dicembre 2021, gli investimenti approvati in Cina si sono aggrumati attorno a 44.823 progetti, raggiungendo un totale di 198,28 miliardi di dollari.

Peggiori segnali da lontano

Mentre Trump e altri esponenti minori dell’ultra destra planetaria applaudono Milei in Argentina, l’allora candidato spaccone aveva giurato: sì agli affari con l’Occidente, no agli affari con Russia e Cina.

E per Pechino (e di rimbalzo anche per Taiwan, perché i chips li fanno assieme), che è la principale beneficiaria dell’export di litio argentino ed è l’investitrice numero uno nelle terre rare argentine, l’ipotesi di un accesso sbarrato alle miniere della Patagonia potrebbe amplificare i problemi sullo stretto tra l’isola usata ad occidente e il continente asiatico a cui essa appartiene.

 

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