
Secondo l’Anti-Defamation League, negli Usa nell’ultimo decennio il 75% dei morti legati all’estremismo può essere attribuito a frange dell’estrema destra. La maggioranza di attacchi con arma da fuoco contro bersagli «facili» o da crimini d’odio di singoli individui contro membri delle minoranze. Ancora più preoccupanti i risultati di alcuni recenti sondaggi secondo cui si stanno sgretolando le barriere morali alla violenza.
Per quasi il 40% degli elettori repubblicani «se i leader eletti dal popolo non proteggeranno l’America, il popolo dovrà farlo da sé». Secondo un altro sondaggio condotto nel 2021 dal Public Religion Research Institute, il 30% degli elettori repubblicani condivide l’affermazione che «i veri patrioti americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per salvare il paese». Secondo una rilevazione Ipsos, per il 15% degli americani «è accettabile che un rappresentante del proprio partito ricorra a minacce e/o intimidazioni per raggiungere un obiettivo politico».
Questi sondaggi denunciano una soglia di tolleranza incredibilmente alta nei confronti della violenza. Un dato che fa temere un futuro ancora più buio. Ma la violenza non è un fenomeno nuovo per gli Stati Uniti. Nei decenni successivi alla guerra civile gli afroamericani appena liberati sono stati bersaglio di una violenza diffusa, inclusa quella del famigerato Ku Klux Klan. Negli anni Sessanta e Settanta l’aumento della violenza è stato una prerogativa soprattutto della sinistra che reclamava diritti civili e si opponeva alla guerra in Vietnam.
Poi nel 1995 gli Stati Uniti subirono l’attacco terroristico interno più grave dell’èra moderna, con un estremista antigovernativo che fece esplodere un camion-bomba all’edificio federale di Oklahoma City uccidendo 168 persone.
Attualmente, l’elemento più significativo è l’intensificarsi delle divisioni. Emblematico, nel febbraio 2022, quando il Partito repubblicano ha descritto la rivolta del 6 gennaio come un episodio in cui «cittadini ordinari si impegnano in un legittimo discorso politico». Una rivolta che aveva l’obiettivo di rovesciare i risultati delle elezioni, che ha provocato morte di cinque membri delle forze dell’ordine e il ferimento di oltre 100 di loro.
Negli anni Sessanta, il presidente John F. Kennedy, il candidato alla presidenza Robert F. Kennedy e il leader del movimento per i diritti civili Martin Luther King Jr. uccisi in attentati dell’estrema destra. Accade non solo in America. La vittima più illustre in Europa è stata la deputata laburista britannica Jo Cox, contraria alla Brexit, uccisa pochi giorni prima del voto. Nel 2017, da sinistra l’attentato fallito contro il giudice conservatore della Corte suprema Brett Kavanaugh.
La comunità di cospirazionisti forse più diffusa oggi negli Stati Uniti, QAnon, sostiene che il presidente Trump sia stato scelto da Dio per liberare gli Stati Uniti da democratici satanisti e trafficanti di bambini. Ma nonostante le dilaganti teorie cospirazioniste, la maggior parte della violenza è stata ispirata da una diversa corrente ideologica.
Teoria della ‘grande sostituzione’ (Great replacement theory), nota negli Stati Uniti come «genocidio bianco». Una deliberata sostituzione della razza bianca, orchestrata da ebrei e liberali attraverso una serie di politiche razziali. È una teoria transnazionale, che unisce gli estremisti bianchi di destra di tutto il mondo. Stessa visione per la violenza di estrema destra in Italia, come l’omicidio di ambulanti senegalesi a Firenze nel 2011 a opera di Gianluca Casseri o dell’attacco ai migranti a Macerata nel 2018 da parte di Luca Traini.
Sfruttando una serie di piattaforme social, gli estremisti hanno messo a punto le loro tecniche di radicalizzazione e reclutamento online e diffuso in rete la loro ideologia in modo relativamente libero. Le teorie cospirazioniste favoriscono la disumanizzazione degli avversari politici, incoraggiando gli estremisti che vorrebbero eliminarli.
Infine, l’accesso quasi illimitato alle armi da fuoco. Grazie alla disponibilità, quasi priva di restrizioni, di armi da fuoco di grosso calibro, gli estremisti inclini alla violenza incontrano scarsa resistenza all’attuazione dei loro piani. La cultura delle armi desensibilizza il pubblico circa la gravità degli omicidi di massa ed erode in questo modo i tabù sociali e culturali che vietano l’uso della violenza come forma di attivismo politico.
A proteggere gli Stati Uniti dal rischio di un’insurrezione vera e propria è anche la comparsa di quella che il professore alla National Defense University David Ucko definisce «insurrezione infiltrativa»: la scelta strategica dell’estrema destra americana di infiltrarsi nelle istituzioni attraverso l’intimidazione elettorale e la manipolazione delle regole, al fine di spostare il sistema verso destra dall’interno.
«Gli obiettivi sono comportarsi come un partito politico, creare legami sociali e apparire come un movimento legittimo»,
Il terrorismo interno contro le minoranze e i rappresentanti eletti mina la fiducia nel sistema democratico americano e nelle sue istituzioni, rafforzando in alcune comunità emarginate la percezione che il governo non possa o non voglia proteggerle. Dopo l’attacco di Buffalo: «questi episodi di violenza non sono un’anomalia, ma parte di una tradizione ininterrotta di attacchi alla comunità afroamericana». Una ‘tradizione’ che il governo degli Stati Uniti non è riuscito a fermare.
Wang Wenbin portavoce del ministero degli Esteri cinese, all’indomani della sparatoria di massa non ideologica di Uvalde, in Texas, nel maggio 2022: «Il governo degli Stati Uniti è insensibile alla violazione sistematica dei diritti umani del suo popolo. Ma con il pretesto del rispetto dei diritti umani non esita ad attaccare altri paesi e a interferire pesantemente nei loro affari interni. Questo dimostra con chiarezza che la pretesa degli Stati Uniti di difendere i diritti umani non è altro che retorica ipocrita e parole vuote».
Un sondaggio condotto cinque mesi dopo l’insediamento di Joe Biden ha appurato che tra gli elettori repubblicani il presidente russo Vladimir Putin ha un indice di gradimento superiore a quello del presidente americano, di ben 22 punti a 19. Un dato forse ancora più inquietante è che la maggior parte degli elettori repubblicani vede la Nato con sfavore (49%, a fronte del 31% favorevole).
Il prossimo anno elettorale l’orizzonte più critico e pericoloso, visto che Trump, senza aver riconosciuto la sconfitta del 2020, è pronto a correre di nuovo, carcere o non carcere (aiutato forse dalle stesse accuse). Sarà in buona parte Trump a determinare il futuro della violenza/terrorismo interno. Se svolterà verso il centro e si impegnerà ad accettare la volontà elettorale del popolo, diverse vite in tutto il paese saranno risparmiate.
Se invece farà l’opposto e sobillerà i suoi sostenitori contro le istituzioni della democrazia liberale che hanno condotto gli Stati Uniti alla leadership globale, esiti finora impensabili potrebbero realizzarsi.