A dispetto repressione spesso feroce, l’esercito fatica sempre più a controllare il Paese dove ha perduto il controllo di ampie porzioni di territorio a favore dei militanti del ‘governo di unità nazionale’ e delle numerose formazioni etniche armate che, superando antiche divisioni, ora fanno fronte comune contro l’esercito golpista, il “Tatmadaw”.
Quest’ultimo, nominalmente ‘socialista’, è in realtà l’espressione di un nazionalismo estremo, in nome del quale le frontiere restano rigidamente chiuse. Viene inoltre privilegiata l’etnia birmana maggioritaria a scapito delle numerose minoranze etniche, alcune delle quali vorrebbero l’autonomia amministrativa all’interno di uno Stato federale, mentre altre puntano a una vera e propria indipendenza.
Nel frattempo aumentano le perdite tra i soldati dell’esercito e – novità significativa – sono aumentate pure le defezioni di militari passati ai ribelli. Secondo David Gum Awng a Roma, le forze militari del ‘governo di unità nazionale’ oggi controllano circa metà del Paese. Non vi sono riscontri oggettivi a queste affermazioni, ma gli osservatori internazionali hanno da tempo notato una diminuzione della presenza territoriale dell’esercito regolare.
Tutto questo si spiega con l’appoggio sempre più convinto della popolazione alla ribellione, e il progressivo scivolamento verso una situazione di guerra civile. Purtroppo i generali golpisti possono contare sull’appoggio pressoché totale, tanto sul piano politico quanto su quello militare, della Repubblica Popolare Cinese, che nel 2021 favorì il golpe che riportò al potere l’esercito nel Myanmar.
Pechino ha svolto un ruolo molto attivo, aiutando la giunta militare a reprimere le dimostrazioni di piazza dopo la vittoria elettorale legittima della “Lega nazionale per la democrazia”, il partito della Premio Nobel per la Pace, la 78enne Aung San Suu Kyi. Quest’ultima è stata poi incarcerata per l’ennesima volta.
Molti analisti internazionali accusano la Cina di praticare una politica predatoria nel “Paese delle Mille pagode” per motivi prettamente economici e commerciali. Il Myanmar è infatti ricchissimo di materie prime, e soprattutto delle cosiddette ‘terre rare’ da cui provengono i minerali indispensabili per la costruzione degli apparati elettronici.
Il capo della giunta militare golpista, il generale Min Aung Hlaing, ha in pratica concesso carta bianca ai cinesi affinché procedano all’estrazione di quei minerali. Estrazione selvaggia ad alto costo ambientale, del quale né i militari né i cinesi che li appoggiano si curano molto. Anzi, molti problemi ecologici della Cina vengono dunque risolti trasferendo le attività inquinanti nel Myanmar, è la denuncia fatta in questi giorni a Roma.
Paese sempre più povero, nel quale l’epidemia di Covid 19 ha fatto crollare l’industria turistica, una delle fonti principali di entrate economiche del recente passato. Mentre il colpo militare con la sua violenza ha fatto il resto.
Problemi ambientali cinesi distolti dall’attenzione mondiale dietro il Myanmar, fini a quando la sempre più diffusa Resistenza armata, ormai vicina alla vera e propria guerra civile, consentirà all’esercito golpista di mantenere il potere.
ll generale Min Aung Hlaing è stato all’assoluto protagonista del golpe. Prossimo alla pensione, ha ricoprendo sempre ruoli di prestigio nell’esercito, fino a quando il 1° febbraio 2021 non è arrivato al potere politico. Il golpe sarebbe stato funzionale alla protezione degli interessi economici e finanziari nei quali sarebbero coinvolto il generale, la sua famiglia e i suoi più stretti collaboratori, che con la vittoria elettorale della leader della Lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi, sarebbero stati soggetti ad importanti indagini giudiziarie.
Secondo una dichiarazione del gruppo di attivisti Justice for Myanmar, il generale risulterebbe coinvolto nei processi decisionali di due industrie militari: Myanmar Economic Corporation (MEC) e Myanmar Economic Holdings Limited (MEHL). L’attività di questi conglomerati industriali si estenderebbe in vari settori commerciali, quali l’estrazione di pietre preziose (giada e rubino), quello immobiliare e anche quello edile. Il figlio, Aung Pyae Sone, gestisce varie attività a carattere tecnologico in campo medico e farmaceutico.
Ancora, la figlia del generale Khin Thiri Thet Mon, è a capo di un’azienda cinematografica che produce film dal budget importante. Allo stesso tempo, altri membri dell’esercito risultano coinvolti in importanti traffici e trattative commerciali, riguardanti proprio l’acquisto di armi tecnologiche da Paesi quali la Cina, Russia e Israele. Coinvolgimento che ha trasformato l’economia del Myanmar da una delle più promettenti e prospere dell’area, in una economia sociale piena di diseguaglianze e povertà, condizione peggiorata dal pagamento delle sanzioni internazionali dovute al genocidio contro i Rohingya, di cui è stato accusato proprio l’esercito.
Da un lato gli USA, hanno deciso di proporre un inasprimento delle sanzioni economiche, dall’altro, gli investitori stranieri di essere coinvolti in affari con compagnie, in mano ai militari, accusati di genocidio e di crimini contro l’umanità, stanno ritirando i loro impegni. Esempio di ciò è la decisione di due grandi aziende, Amata e Suzuki Motor, di sospendere momentaneamente le loro attività in Myanmar. Questo quadro incerto sembrerebbe agevolare gli interessi economici e commerciali cinesi nel Paese, assunti già durante il governo precedente, visto e considerato che la Cina ha già riconosciuto il nuovo governo.