
Il neo vescovo cattolico di Shanghai nominato dal governo
Si tratta del 53enne Mons. Giuseppe Shen Bin, vicepresidente dell’Associazione cattolica patriottica cinese che ha la fiducia governativa, ed è stata creata per gestire gli affari religiosi attenendosi alle indicazioni delle autorità centrali. Il nuovo vescovo è noto per la sua fedeltà alle direttive del Partito comunista.
Ovviamente la Santa Sede è stata informata della nomina soltanto a cose fatto, dopo che il prelato si era già insediato nella sua nuova sede. Immediata la protesta di Roma che, però, non ha sortito effetti come già era avvenuto in casi precedenti.
Lo scorso 24 novembre, a Nanchang nella provincia di Jangxi, le autorità cinesi hanno installato mons. Giovanni Peng Wei-zhao quale vescovo ausiliare di Janngxi. Il problema, in quel caso, era che tale diocesi non è riconosciuta da Roma e, stando a quanto si sa dell’accordo, la nomina è illegale. Senza scordare l’arresto del 92enne cardinale Joseph Zen Ze-kiung, vescovo emerito di Hong Kong, notoriamente contrario al dialogo.
Pechino e la Santa Sede non hanno mai reso noti i dettagli dell’accordo, ma le fonti ufficiali vaticane hanno più volte ribadito che esso prevede nomine “congiunte”. Ciò implica che una nomina, per essere valida, necessita dell’approvazione preventiva del Vaticano.
L’ultimo episodio dimostra che Xi Jinping e il suo gruppo dirigente vanno dritti per la loro strada. Vogliono insomma una Chiesa cattolica “nazionale” che obbedisca alle direttive e non ostacoli i messaggi ideologici del Partito.
Si attende ora di capire come Papa Francesco e il Segretario di Stato Pietro Parolin reagiranno al nuovo schiaffo. Prevedibili rinnovate critiche da parte di ambienti della Curia che accusano Jorge Bergoglio di eccessiva arrendevolezza nei confronti della Repubblica Popolare.