Secondo i media israeliani, gli Stati Uniti stanno prendendo parte a un disperato sforzo diplomatico per impedire alla Corte penale internazionale (Cpi) di emettere in settimana mandati di arresto per il premier Benyamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo dell’Idf Herzi Halevi. Il sito di notizie Walla aggiunge che Netanyahu ha fatto telefonate continue durante il weekend cercando di convincere gli Usa a bloccare qualsiasi decisione della Cpi.
Haaretz scrive che il governo israeliano sta lavorando sul presupposto che il procuratore della Cpi Karim Khan possa emettere questa settimana i mandati.
Gli Stati Uniti, come Israele -opportuno ricordare-, non sono tra i 124 paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, e sono politicamente impegnati (non si sa bene a quale titolo), ‘nello sforzo di bloccare i mandati di arresto’, scrive l’analista di Haaretz Amos Harel.
Arresti assolutamente ineseguibili, ma di fortissima caratura politica. Intanto in attesa di vedere l’accusa sulla base della quale verranno eventualmente emessi. ‘Crimini di guerra’ come per Vladimir Putin in Ucraina? Uno schiaffo pesante per Israele, assieme al suo tutore politico militare Stati Uniti, e all’amministrazione Biden ormai compromessa nonostante le molte critiche rivolte al discusso premier, ma contraddette dall’incessante fornitura di armamenti e bombe, rispetto all’uso spregiudicato che ne è stato fatto a Gaza.
Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, ha messo in guardia le delegazioni diplomatiche israeliane all’estero di «prepararsi immediatamente a una grave ondata di manifestazioni antisemite, antiebraiche e anti-israeliane a livello globale». Sempre Katz, sostiene che «se i mandati verranno emessi, danneggeranno i comandanti e i soldati dell’Idf e incoraggeranno l’organizzazione terroristica Hamas e l’asse islamico radicale guidato dall’Iran contro il quale stiamo combattendo». Chiedendo al Tribunale dell’Aja di non emettere questi mandati di arresto, Katz insiste sulla semplice autodifesa da parte di Israele.
Katz ha quindi sostenuto che «Israele opera nel pieno rispetto di tutte le leggi di guerra, ha un sistema legale robusto e indipendente, fornisce aiuti umanitari alla popolazione di Gaza in collaborazione con organismi internazionali, anche se Hamas usa la popolazione come scudo umano, attacca e complica la consegna degli aiuti». Una lettura dei fatti decisamente distorta rispetto alla cruda realtà dei fatti. Indicativo l’allarme che ora investe il prossimo futuro per Rafah.
L’attacco israeliano a Rafah, «il più grande disastro nella storia del popolo palestinese», l’appello denuncia . «Ci appelliamo agli Stati Uniti d’America perché chiedano a Israele di fermare l’operazione a Rafah, perché l’America è l’unico Paese in grado di impedire a Israele di commettere questo crimine», ha proseguito Abu Mazen, che si trova a Riad, in Arabia Saudita, per il vertice del World Economic Forum (Wef). Abu Mazen ha poi ribadito la necessità «della fine dei combattimenti e la fornitura di aiuti alla Striscia». Il contrario di ciò che in realtà sta accadendo.
L’aeronautica israeliana sta effettuando attacchi sulla parte centrale della Striscia di Gaza, ha riferito Al Jazeera. «I nostri colleghi riferiscono della ripresa degli attacchi aerei israeliani sugli insediamenti di Az-Zawayda e Al-Muharraqa nella parte centrale della Striscia di Gaza», ha detto il canale televisivo. «Israele sta preparando un’operazione militare su larga scala nella città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza», ha confermato alla TASS Philippe Lazzarini, commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente.
Gaza oltre i 35mila morti, epidemie, fame e milioni di tonnellate di macerie