Turchia nazionalista senza misura: ‘pene tombali’ ai leader politici curdi

‘Pene tombali’ sui fondatori e leader del ‘Partito Democratico dei Popoli’, popolo curdo e minoranze assortite nella precaria versione nazionalista della democrazia turca. L’Hdp, costretto a cambiare nome in ‘Partito per l’Uguaglianza e la Democrazia dei Popoli’ (Dem), ha rappresentato il voto curdo progressista insieme ad alcune formazioni della sinistra rivoluzionaria, socialista ed ecologista turche.

Sanzioni giudiziarie paranoiche

Contro il carismatico leader curdo Selahattin Demirtaş, avvocato e attivista per i diritti umani, la condanna a ben 42 anni di reclusione per vari reati contro lo stato turco. 42 anni più 8 di precedenti condanne che già sta scontando, fanno la cifra tonda di 50 anni di carcere. In tanta gara di severità, l’ex copresidente dell’Hdp è stato incriminato per 47 diversi capi d’imputazione. Esercizio accusatorio esorbitante e a suo modo ridicolo per la sua crudeltà. Il «Mandela curdo» è stato condannato per «attentato all’unità dello Stato» in un procedimento giudiziario che ha già portato a una condanna di Ankara da parte della Corte europea dei diritti umani (Cedu).

Terza forza del parlamento turco, il Partito democratico dei popoli (Hdp, oggi Dem) è oggetto di una repressione implacabile dal 2016, l’anno dell’arresto di Demirtaş.

Per la signora ‘solo 30 anni’

Anche l’altra ex copresidente dell’ Hdp, Figen Yüksekdağ, è stata condannata a trent’anni e tre mesi di carcere con imputazioni simili. Insieme ai due massimi dirigenti – per i quali l’accusa aveva chiesto il carcere a vita – sono stati condannati altri 108 imputati, alcuni dei quali sono già in carcere mentre una settantina si sono resi nel frattempo irreperibili. «Alcuni imputati sono stati condannati per dei tweet nei quali esortavano la popolazione curda a protestare contro il sostegno turco ai tagliagole dello Stato Islamico», denuncia Pagine Esteri.

‘Una macchina nera sulla Turchia’

Intervenendo fuori dal tribunale dopo la fine del processo, i co-presidenti del partito DEM Tulay Hatimogullari e Tuncer Bakirhan-a loro volta a rischio-, hanno denunciato i verdetti come «’macchia nera’ nel passato giudiziario della Turchia e un tentativo di cancellare i leader politici curdi da parte di una magistratura asservita al partito del presidente Erdogan». E lo stesso leader del principale partito d’opposizione turco, il Partito popolare repubblicano (CHP), ha dichiarato che i verdetti inaccettabili, frutto di un processo politico. «L’uso di falsi procedimenti penali per escludere dalla vita politica i leader curdi democraticamente eletti non servirà a porre fine al conflitto tra lo Stato turco e il PKK», ha avvertito ‘Human Rights Watc’ per l’Europa e l’Asia centrale.

Per impedire proteste, le autorità delle 14 province a maggioranza curda – tra cui Diyarbakir, Adana, Mardin e Sanliurfa – hanno imposto divieti di manifestazione per quattro giorni.

Persecuzione poliziesca e giudiziaria

La persecuzione poliziesca e giudiziaria contro i leader curdi condannati adesso, era iniziata 10 anni fa, quando il movimento curdo turco si mobilitò per sostenere la città curdo-siriana di Kobane, assediata dai miliziani jihadisti dello Stato Islamico, sostenuto invece dal regime del presidente turco Erdogan. Contro i manifestanti che protestavano alla frontiera turco-siriana la polizia turca rispose con lacrimogeni, proiettili di gomma e proiettili veri, provocando numerosi feriti e alcune vittime. La repressione divenne ancora più intensa e generalizzata nell’ottobre del 2014 – il bilancio fu di 42 morti – quando le organizzazioni curde della Turchia manifestarono nelle città del sud-est del paese, alcune delle quali vennero attaccate e bombardate dall’esercito di Ankara.

Negli anni successivi i leader e alcuni deputati e sindaci dell’Hdp vennero denunciati, sospesi dai loro incarichi e arrestati, tra cui Selahattin Demirtaş.

Kurdistan iracheno contro il PKK

Intanto il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha compiuto una visita ufficiale a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, la prima dopo oltre dieci anni.

Nel corso della visita Fidan ha ottenuto il riconoscimento del Pkk , lo storico e clandestino ‘Partito curdo dei lavoratori’ come «Organizzazione terroristica vietata all’interno dei confini iracheni» da parte del clan Barzani, che guida la regione autonoma, e del governo centrale iracheno.
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