
Vicepremier Aleksandar Vulin, ex direttore dell’agenzia di intelligence, la ‘BIA’
Nel luglio 2023 gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a Vulin accusandolo di coinvolgimento in spedizioni illegali di armi e altri traffici illegali. Mai chiarita l’attenzione Usa. Di fatto, Aleksandar Vulin, allora direttore dell’agenzia serba di intelligence, la ‘BIA’, pur incassando la fiducia del presidente Vucic, lasciò l’incarico. Il suo ritorno a tanto incarico dopo neppure un anno da quei fatti mal digeriti, sembra indicare la volontà dei vertici serbi di ribadire la propria sovranità rispetto agli Stati Uniti e alla NATO considerato che proprio in questo periodo, 25 anni fa, erano in corso i bombardamenti sulla allora piccola Jugoslavia (24 febbraio, 11 giugno 1999)
La scelta di Vulin, per alcuni osservatori e per le opposizioni, indicherebbe un rafforzamento dei rapporti tra Serbia e Russia, nonostante Belgrado ponga anche col nuovo governo l’ingresso nella Ue tra le sue priorità. E il neo premier (ex vicepremier e ministro della difesa), chiarisce da subito la contraddizione. «Una politica estera basata sulla neutralità politica e militare, e la piena adesione all’Ue rimane un obiettivo strategico», ha dichiarato all’agenzia di stampa Tanjug. «Belgrado – ha aggiunto Vucevic – continuerà a difendere i suoi interessi nazionali, senza rinunciare alla politica di tradizionale e storica amicizia che lega la Serbia a Cina e Russia».
«Noi abbiamo condannato con chiarezza l’intervento militare della Russia in Ucraina, ma con la stessa chiarezza abbiamo espresso la nostra opposizione alla politica delle sanzioni contro la Federazione Russa, alla quale non intendiamo aderire».
Ma è la difesa dell’integrità territoriale della Serbia, a 25 anni dalla guerra americana che ha tolto il Kosovo albanese a Belgrado, il tema nazionalistico chiave. Contro l’ammissione del Kosovo al Consiglio d’Europa, con quella parte di Unione europea che ancora non riconosce l’indipendenza del Kosovo. Mentre la crisi con Pristina, più nazionalista che mai prima, monta di provocazione in provocazione, col neo premier che in coro col presidente Vicic, denuncia «La politica di violenza e terrore contro i serbi locali portata avanti da Pristina con l’obiettivo di indurre i serbi a lasciare il Kosovo».
Ma il vero colpo vincente di Belgrado guarda lontano, addirittura oltre Mosca. Ci trattate ancora da nemici, date coperture alle peggiori prepotenze di Pristina, e ci tenete fuori dalla porta Ue? E noi guardiamo oltre. Il 7 e 8 maggio sarà ospite a Belgrado il presidente cinese Xi Jinping, e non è riconoscimento internazionale da poco. «Un grande leader e un grande amico della Serbia», ha detto il presidente serbo Vucic, che ha ringraziato la Cina per aver sempre sostenuto l’integrità territoriale della Serbia. In campo, progetti di sviluppo tecnologico accelerato, dalla robotica, alla tecnologia satellitare, macchine volanti e molte altre cose.
«La Cina è uno dei partner economici più importanti e uno dei maggiori investitori della Serbia e dal 2014 al 2023 ha investito nell’economia serba 5,5 miliardi di dollari», ha detto il ministro del Commercio Tomislav Momirovic. Nel 2023 «la Cina è stato il secondo partner commerciale estero della Serbia con uno scambio totale di 6,1 miliardi di dollari, e allo stesso tempo il settimo mercato di esportazione con una quota del 4 per cento sul totale delle esportazioni serbe».
«La Serbia e la Cina condividono molti interessi e collaborano su molti progetti – ha concluso – e c’è speranza che ci siano più investimenti cinesi in Serbia» riferisce la Tanjug e riposta Analisi Difesa.
Un sondaggio realizzato per l’organizzazione statunitense ‘International Republican Institute’ ha rilevato che nei Balcani Occidentali cresce il sentimento filo-russo mentre diminuisce il sostegno nei confronti dell’adesione all’Unione Europea. Secondo il sondaggio nella maggior parte delle nazioni della regione, pur permanendo ancora un forte orientamento filo-occidentale, esiste il rischio che si perda la fiducia nel processo di integrazione euro-atlantica. Secondo lo studio, in Serbia, su un campione di 1.238 cittadini adulti, il sostegno alla UE è sceso al 40 per cento, mentre la Russia è considerata il partner principale e gli Stati Uniti una minaccia.
«Lo si vede dai dati della Serbia, ma ci sono anche molte persone, molti intervistati in Bosnia Erzegovina, e soprattutto nella Macedonia del Nord, che incolpano l’Occidente per l’invasione».