Napoleone Bonaparte, Napoleone III, Macron I°

Macron alla guerra in Ucraina: «Non escluso invio truppe se Russia sfonda linea del fronte». Il presidente francese torna a mettere in guardia la Russia, solo contro il resto d’Europa: «Siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più». Mosca per ora irride: «Lo ripete ogni settimana».
Forse l’Ucraina sull’orlo del crollo militare nonostante le nuove armi occidentali, o forse la campagna elettorale per le europee fa dire qualche scemenza politica di troppo. Resta il dubbio di una Francia campione d’Occidente e sola potenza atomica Ue, che sembra vogliosa di andare alla guerra contro la Russia senza chiedere il parere di alleati e vicini.
Per fortune, noi abbiamo Giovanni Punzo che con la storia ci insegna e assieme ci ammonisce. Insegna a noi e ammonisce Macron.

Quando la Francia dichiara guerra

La rivoluzione

Il 20 aprile 1792 l’Assemblea legislativa francese votò a stragrande maggioranza di muovere guerra ad Austria e Prussia: le prime operazioni si trasformarono però in un disastro per l’esercito francese. Nonostante la superiorità numerica, mancò da parte degli alti ufficiali – ancora legati alla figura del re – la volontà di combattere e del resto anche la situazione dell’esercito, in preda a una certa confusione per la trasformazione in atto e l’afflusso di volontari impreparati, non era delle migliori. Mentre si concretizzava il pericolo di un’invasione esterna, il popolo di Parigi il 10 agosto assaltò il palazzo delle Tuileries e mise agli arresti Luigi XVI, ma per questo non migliorò la situazione al fronte. Mentre si parlava perfino di evacuare Parigi, arrivò però la notizia inattesa della vittoria di Valmy (20 settembre). Si alleggerì la pressione sulle frontiere e la Francia invase parte del Belgio.
Dopo la decapitazione del re nel gennaio 1793, tutte le potenze europee si coalizzarono allora contro la Francia e la guerra continuò espandendosi a macchia d’olio: si continuò a combattere tra il nord della Francia e il Belgio, sulle rive del Reno, fu sventato un tentativo di sbarco inglese a Dunkerque, scoppiò la rivolta in Vandea, fu occupata parte del regno di Sardegna e si creò un fronte con la Spagna sui Pirenei.
Dopo alterne vicende, solo nel 1797 – cinque anni dopo – si ebbe un primo armistizio: il giovane generale Bonaparte – in maniera del tutto inaspettata – aveva sconfitto nettamente l’Austria in Italia. Le guerre della rivoluzione sarebbero proseguite però fino al 1802.

Napoleone Buonaparte

E anche Napoleone dichiarò altre guerre, ma non bisogna dimenticare che, dopo i primi anni della rivoluzione, le altre potenze europee per sconfiggere la Francia diedero vita ad altre sei ‘coalizioni’, tutte alleanze regolarmente sconfitte fino alla fatale battaglia di Lipsia tra il 16 e il 18 ottobre 1813: in tre giorni di duri combattimenti la Grand Armée, già duramente provata dalla ritirata di Russia, fu circondata e frantumata, anche se si difese ancora con grande energia nella ritirata verso la Francia.
Gli fu proposto allora di restare sul trono mantenendo i confini storici della Francia e rinunciando però al ‘sistema imperiale’, ossia un insieme di stati e staterelli controllati di fatto da Parigi, ma Napoleone rifiutò e la guerra proseguì. Di fronte ad un attacco concentrico di inglesi che provenivano dalla Spagna e di russi, prussiani e austriaci dalla Germania, il 6 aprile 1814 l’imperatore abdicò e fu relegato sull’isola d’Elba. Fuggì nel marzo del 1815 ed ancora sfidò le potenze europee fino alla battaglia di Waterloo il 18 giugno.
La tappa successiva sarebbe stata la sgradevole isola di Sant’Elena, dove morì nel 1821. Facile capire come oggi nel giudizio degli storici tutto il periodo dal 1792 al 1815 sia considerato come un’unica guerra non solo francese, ma europea e come il continente sia anche cambiato in quegli anni. In molti stati, a dispetto della cancellazione della memoria napoleonica voluta dai vincitori, numerose istituzioni create dai francesi invece rimasero.

Dalla trappola di Bismarck e quella di Sarajevo

Nell’estate del 1870 si discuteva del pretendente al trono di Spagna rimasto senza un legittimo successore: Bismarck aveva espresso le sue simpatie per un candidato tedesco, ma il principe prescelto aveva rinunciato. I francesi non si accontentarono però della semplice rinuncia e chiesero una garanzia più duratura. Per questo l’ambasciatore francese in Prussia cercò di incontrare direttamente il re Guglielmo ad Ems, una località di villeggiatura. Comprensibilmente il sovrano non fu particolarmente cordiale con l’ambasciatore, né però si mostrò del tutto scortese: rimandò quindi la richiesta a una risposta ufficiale del proprio governo.
L’abilità di Bismarck nel diffondere l’episodio consisté nel manipolarlo leggermente, lasciando trapelare che l’ambasciatore dell’imperatore Napoleone III era stato invece quasi allontanato per la sua improntitudine. Il governo francese, ritenendo offensiva la vicenda, e pur sapendo cosa era successo, giunse così a dichiarare guerra alla Prussia provocando però la propria rovina: dopo la sconfitta a Sedan scomparve l’impero e fu proclamata la repubblica.
Più complesso quanto avvenne dopo l’attentato di Sarajevo il 28 giugno 1914, a cominciare dal fatto che la Francia repubblicana era alleata della Russia zarista e che i vertici politici francesi, al momento della consegna dell’ultimatum austriaco alla Serbia, si trovavano in visita di stato proprio a Pietroburgo. La rete delle alleanze (Austria e Germania da una parte e Inghilterra, Francia e Russia dall’altra) fece il resto: gli spazi per le manovre diplomatiche furono schiacciati e sebbene una parte abbastanza consistente dell’opinione pubblica francese fosse contraria alla guerra.

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