Usa e Iran si scambiano segnali di pace e di nascosto qualcosa in più

Usa e Iran si scambiano segnali di pace e di nascosto qualcosa in più

L’Iran e l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, hanno concordato un nuovo sistema di verifica del programma nucleare. Un accordo più limitato e valido per un periodo di tre mesi, a superare sospensione della cooperazione, annunciata da Teheran per il 23 febbraio. Basta ispettori Aiea a visitare qualsiasi impianto nucleare civile o militare iraniano senza preavviso. Di contro l’Iran continuerà ad adempiere senza limiti alle salvaguardie. Per il ministro degli Esteri iraniano Zarif, la decisione molto parziale è legata alla mancanza di iniziative concrete da parte dell’Amministrazione statunitense riguardo la revoca delle sanzioni.
Segnali di fumo, e forse, molto di più.

Il presidente Biden con accanto il segretario di Stato Antony Blinken.

Tra Usa e Iran forse cambia musica

Non è sparito solo il vecchio direttore d’orchestra, ma sono cambiati anche gli spartiti e i musicanti. Gli Stati Uniti di Joe Biden sembrano un Paese diverso, molto diverso rispetto a quello che amministrava con fiero cipiglio e fin troppa foia di primeggiare l’ex Presidente Donald Trump. Al di là di tutta la mielosa pubblicistica che in questi ultimi mesi è stata abbondante (soprattutto sui giornali europei) la prova provata di quanto diciamo si è avuta alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, dove le parole del nuovo inquilino della Casa Bianca hanno rappresentano un rianimante viatico non solo per tutti gli alleati vecchi e nuovi, ma anche per tutti i popoli del mondo di buona volontà.

Nuovo atlantismo dopo la bufera Donald

E siccome ci tocca di parlare di politica estera, prendiamo uno scampolo, magari il più griffato, del discorso fatto da Biden, e facciamo un’analisi comparativa con le strategie diplomatiche che erano state adottate dalla precedente amministrazione repubblicana. Scusate se insistiamo, ma visti i giri di valzer, le piroette e i tuffi carpiati che Trump ci ha fatto vedere negli ultimi quattro anni, sicuramente l’esempio più probante della sua diplomazia, che per carità di patria definiremo “ asimmetrica”, è l’Iran. L’ex Presidente ci è andato giù pesante, assestando, una mazzata dopo l’altra sui turbanti degli ayatollah.

Il nemico Usa numero uno

Non è che la teocrazia persiana sia un fulgido esempio di democrazia parlamentare o che gli stessi clerici sciiti non abbiano una montagna di peccati da farsi perdonare, ma, come dicevano i latini, est modus in rebus. Cioè c’è modo e modo di fare le cose. E Trump non ha mai brillato, ehm …diciamo per garbo o grazia dialettica. Anzi. Con gli ayatollah, forse in spregio ad Obama, si è comportato come un bufalo in un negozio di cristalleria. Ha denunciato unilateralmente l’accordo sul nucleare senza che ce ne fosse motivo e appena gli iraniani hanno cominciato a protestare e a reagire (giustamente) li ha pure sommersi di ulteriori sanzioni economiche.

Sanzioni imposte al mondo

Non solo, ma ha minacciato di imporre “multe” anche a quei Paesi colpevoli solo di fare affari con Teheran. Insomma, più che diplomazia è sembrato un avvertimento da Quartieri Spagnoli. Il risultato? Il prodotto interno lordo di Teheran, che nel 2016, grazie all’intesa con Obama, si era rianimato con un più 12,3%, per colpa delle decisioni Trump è crollato fino a -9,5% nel 2019. Per non parlare del 2020 che, sotto la morsa di sanzioni e pandemia da coronavirus, pare che sia finito veramente sotto terra. Di fronte a tutto questo macello Biden, spinto da Obama e assistito da Antony Blinken, il nuovo segretario di stato, ha dovuto darsi una mossa.

Svolta Blinken dopo il rozzo Pompeo

Ecco perché Biden, venerdì scorso, si è soffermato sulla crisi iraniana dicendo che gli Sati Uniti tendono una mano e aspettano che gli ayatollah facciano altrettanto per cercare di ricucire l’accordo che qualcuno ha strappato. Il governo sciita ha risposto via twitter con il ministro degli esteri Javad Zarif, che ha garantito che il suo Paese farà la sua parte, a patto che il primo passo lo facciano gli americani. E il primo passo, manco a dirlo, consiste nella eliminazione delle sanzioni economiche. Di oggi -vedi sommario- il mezzo accordo Aiea. E Frau Merkel, quasi nascostamente a fare da paciera.

E l’ombra di Obama

Inutile dire che il ritorno di fiamma della Casa Bianca verso Teheran parte da lontano. Certo, il primo nome che viene alla mente è quello di Barak Obama, l’artefice della svolta che consentì agli Stati Uniti di stabilizzare l’area del Golfo Persico e della Penisola Arabica per concentrare tutte le forze contro il Califfato. Ma oggi il vero architetto della strategia americana nel Medio Oriente ha un nome preciso ed è quello del nuovo Segretario di Stato Antony Blinken. Un diplomatico di lungo corso, che gode fama di essere un grande esperto nella risoluzione di crisi internazionali e che collabora con Biden da almeno 25 anni.

Rischio atomica di ritorsione

In un’intervista concessa alla britannica BBC, Blinken ha fatto parlare soprattutto i numeri. La verità è che da quando Trump ha deciso di stracciare l’accordo sul nucleare, gli ayatollah per reazione hanno cominciato ad accelerare l’arricchimento dell’uranio e secondo l’agenzia atomica internazionale hanno superato di ben 12 volte il limite allora concordato. Insomma, dicono gli uomini di Biden, se non c’è più un accordo, non ci sono nemmeno controlli. E se non ci sono più controlli, in teoria gli iraniani possono fabbricarsi tutte le bombe che vogliono se qualcuno non gli tiene il fiato sul collo.

Forse non succederà subito, anche perché gli israeliani già hanno cominciato a protestare e l’Arabia Saudita guarda questa evoluzione diplomatica di sguincio, ma l’accordo arriverà. E converrà a tutti.

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