La guerra, la propaganda, la demonizzazione del nemico: Rasputin e Ras Putin

Lo scontro quasi generalizzato del blocco occidentale contro la Russia di Putin in Ucraina è ormai a tutto campo. A partire dalla denigrazione popolare. Ed ecco tornare di moda l’ancora parzialmente oscura figura del monaco dannato Rasputin forzata sullo scherzo ‘lessicale di Ras Putin e su quello più sostanziale della corruzione diffusa, versione pre rivoluzione degli oligarchi attuali.
Insomma, potere assoluto, denaro e intrighi in Russia un secolo fa
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Il monaco Rasputin

Grigórij Efímovič Raspútin era nato nel 1869 in un villaggio della Siberia sud-occidentale nella regione di Tobolsk, quinto di nove figli di una famiglia contadina di cui solo una sorella però giunse all’età adulta. Nonostante si fosse sposato a diciotto anni, nel 1893 abbandonò la famiglia per entrare in monastero. Imparò a leggere e scrivere e a praticare una vita religiosa rigorosa, rinunciando tra l’altro a bere alcolici e a mangiare carne.
Probabilmente, anche a seguito dell’adesione alla setta mistica dei pellegrini o viandanti – assai diffusa nel mondo ortodosso, quanto avversata dalle gerarchie ecclesiastiche – vagabondò per l’Europa sud-orientale e soggiornò in un monastero sul monte Athos; tornò definitivamente in Russia ai primi del Novecento. Apprezzato tuttavia per la profonda conoscenza biblica, ma anche per doti di guaritore, nel 1903 approdò a San Pietroburgo e due anni dopo fu presentato alla coppia imperiale, ossia allo zar Nicola e alla zarina Alessandra.
Rasputin, dopo i primi contatti, divenne una sorta di confidente, nonostante l’aperta avversione dei medici, per curare il figlio della coppia imperiale malato di emofilia. Nel giro di pochi anni, sebbene nei confronti di Rasputin, si manifestassero ostilità e inimicizie sempre più forti, si creò un legame sempre più stretto con la coppia imperiale e nacque un gruppo di accoliti che lo sosteneva.

Intrighi, denaro e corruzione

Ufficialmente Rasputin mostrò quasi sempre scarso interesse al denaro, ma ben diverso fu l’atteggiamento della sua cerchia. Mentre il monaco donava somme favolose ad amici e semplici conoscenti o elargiva larghe offerte a chiese e monasteri, gli adepti che raccoglievano le ‘suppliche’ incassavano decine di migliaia di rubli che non sempre imboccavano questa via. Le cose si complicarono con l’entrata in guerra della Russia nel 1914 e soprattutto con la partenza dello zar per il fronte nel 1915.
La zarina – non fidandosi dell’ambiente di corte che ricambiava tale sfiducia – ricorreva quasi quotidianamente ai ‘consigli’ di Rasputin e lo riceva almeno una volta alla settimana: l’argomento principale era sempre la malferma salute del principe ereditario, ma Rasputin non mancava di segnalare per cariche politiche, giudiziarie o amministrative tutti quelli che si erano rivolti a lui presentandoli come buoni cristiani e fedeli alla dinastia. Non sempre era così e numerosi tra questi prescelti si rivelarono poi tutt’altro che raccomandabili.
Gli scandali – rivelati dalla stampa nonostante la censura o da fogli anonimi – furono numerosi e ben presto si formò un variegato movimento composto da conservatori, liberali e moderati che chiedeva quantomeno l’allontanamento di Rasputin dalla capitale.

Il principe assassino

Feliks Feliksovič Jusupov, nato nel 1887, apparteneva ad una delle famiglie aristocratiche più in vista di tutta la Russia e godeva di inestimabili ricchezze originate da immensi giacimenti minerari in Siberia. A questo patrimonio Jusupov, che aveva studiato in Inghilterra e conosciuto il sistema finanziario britannico, aveva aggiunto una banca e una compagnia di assicurazioni divenute in poco tempo assai redditizie. Imparentato con la famiglia imperiale (la moglie era una nipote dello zar), Jusupov prese una decisione estrema: dopo aver raccolto amici fidati, tra i quali un altro parente dello zar, organizzò una cospirazione per uccidere Rasputin.
Sui particolari dell’omicidio si conoscono dettagli di ogni genere, compreso il fatto che, in un primo tempo, Rasputin mangiò una quantità di dolci avvelenati offerti dai congiurati senza che producessero alcun effetto. In realtà il santone fu poi ucciso da tre colpi di pistola, dei quali uno alla testa. Nonostante il tentativo di occultare il cadavere e quindi l’omicidio, una breve inchiesta, pur se condotta dall’inefficiente polizia russa, individuò il responsabile.
Dopo un breve periodo di arresti domiciliari nel sontuoso palazzo sulla Molka, Jusupov si assunse tutte le responsabilità, fu esiliato in Crimea e non subì alcun procedimento. Da autentico principe, Jusupov aveva omesso di raccontare che anche altri presenti avevano sparato, tra i quali un granduca e un suo amico inglese (dai tempi dell’università) che apparteneva però all’MI6, ovvero ai servizi segreti inglesi.

Il capo della polizia

A raccontare la propria versione della vicenda vi fu anche A.T. Vassiljev, alto funzionario russo a capo della polizia segreta meglio conosciuta come ‘Ochrana’. Nonostante un processo subito dopo la rivoluzione, Vassilijev riuscì a fuggire in Francia e scrisse un libro di memorie nel quale, oltre a raccontare l’inchiesta, fece delle precisazioni su Rasputin.
A suo parere non era del tutto vero che Rasputin avesse indicato quali personaggi dovessero assumere determinate cariche, mentre ricordava invece vagamente un lungo telegramma inviato dal santone alla zarina con numerosi nomi e altre indicazioni. Quanto alla rimozione dal suo incarico di uno dei tanti generali che aveva presentato sommesse perplessità sul comportamento di Rasputin, ciò era dovuto al cattivo umore dello zar per l’andamento della guerra. Piccole e umane imperfezioni insomma …
Da segnalare che dagli anni Novanta ad oggi, in Russia l’interesse su Rasputin è aumentato tanto che nel 2014 la televisione di stato ha prodotto una miniserie di otto puntate intitolata “Grigorij R.” che descrive un mistico guaritore impegnato a lenire le umane sofferenze.

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