Paolo Robotti era un funzionario del Partito comunista italiano e viveva a Mosca (per incarico del Pci), ma nel 1938 fu arrestato improvvisamente dai sovietici e rinchiuso nel carcere della Lubianka (fino al 1941, quando fu “riabilitato” e lavorò in fabbrica, organizzando il trasferimento di uomini e macchinari in Siberia). Il 9 marzo, alle tre di notte, suonarono alla porta della casa in cui stava con la moglie, entrarono un ufficiale sovietico e un soldato armato, esibendo un mandato di arresto e perquisizione. Lo portarono alla Lubianka, non gli fecero imboccare le scale per salire negli uffici, ma quelle che portavano nei sotterranei. Entrò in una cella, già piena. A mezzogiorno fu chiamato, si aspettava un interrogatorio, invece fu fatto salire su un furgone già stipato di altri arrestati: tutti “compagni” come lui, tutti sbalorditi. Scoprì che cos’era la “troika”: composta dai cekisti (Ceka, la polizia politica che poi divenne il Kgb), doveva giudicare sommariamente i delitti di controrivoluzione.
Nella camerata gli “inquilini” erano soprattutto sovietici ma c’erano anche molti ungheresi, coreani, cinesi, lettoni, tedeschi, bulgari, iugoslavi. Eravamo tutti –ha ricordato Robotti- incriminati in base all’art.58 (reato di propaganda controrivoluzionaria). E decise di respingere tutte le accuse, facendo resistenza, pur sapendo che il dichiararsi comunista poteva costituire una aggravante. Poi venne il gulag, per i lavori forzati. Norilsk era il gulag: a 320 km a nord del circolo polare artico. I prigionieri dovevano estrarre il nichel: dai 20-30mila dei primi anni divennero 100-140mila dopo il 1950. Turni di lavoro di 12 ore anche nella bufera, con soli 10 minuti di pausa per scaldarsi le mani. Se non venivano rispettati i ritmi di produzione e le quote fissate dai capi, scattava la fucilazione, e la media era di 30 esecuzioni al giorno. Di notte, per la fame, Robotti ricorda che si alzava per acchiappare i topi della baracca, e cucinarli di nascosto in un barattolo.
Alla fine della guerra il Norisk Nichel è diventato un maxicomplesso minerario-siderurgico che ha detenuto per anni il primato assoluto della produzione di nichel nel mondo, senza contare il 58% del rame estratto in Russia, l’80% del cobalto, il 100% del platino. Era, ed è tutt’ora, il Klondike della Siberia, e non è mai mancata la mano d’opera. Anche se alle donne si consigliava di andare a partorire altrove, se volevano bimbi sani. E il vicesindaco Natalia Lylina, una bella ed elegante signora, alcuni anni fa ha spiegato a un famoso giornalista (Ettore Mo, del Corriere della Sera) che tra gli ergastolani di Stalin c’erano artisti, scrittori, musicisti, architetti, ed evidentemente “ hanno inoculato in noi questo germe culturale. Così oggi in città abbiamo teatri, scuole di danza, auditorium, scuole di musica”. Proprio dove morirono più di 2 milioni di deportati.
Paolo Robotti riuscì a rientrare in Italia nel 1947, perché aveva partecipato alla difesa di Mosca durante l’invasione nazista. Nonostante tutto, rimase comunista, “ma italiano”, diceva.