Quelle 15 vittime italiane nella tragedia bosniaca

Pochi giorni fa la condanna del responsabile della morte dei tre volontari italiani in Bosnia nel maggio 1993. E la memoria è corsa alla parte che ebbe l’Italia in quella tragedia: diplomazia, interposizione tra le parti in guerra, aiuti umanitari e giornalismo sul campo.
14, avevamo detto, gli italiani che hanno perso la vita nella guerra in Bosnia. E invece no. 15 le vittime italiane in quella guerra.
Grazie all’attenzione dei nostri più attenti lettori possiamo recuperare un errore di omissione. La morte di Gabriele Moreno Locatelli, pacifista italiano, che manifestava a Sarajevo, con i ‘Beati costruttori di pace’ 1993, sul ponte di Vrbanja.
Assieme a lui, altri tre giovani della Lombardia solidale.
I 4 militari sull’elicottero italiano con insegna europea, abbattuto da Mig che ancora oggi si litiga se fossero serbo o croati.
I 4 aviatore che portavano aiuti umanitari col G222, abbattuto sulle montagne attorno a Sarajevo.
E i tre giornalisti della redazione di Rai di Trieste uccisi a Mostar da una granata mentre documentavano le sofferenze dei bambini travolti dalla guerra.

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La violenza carnale arma della bestia umana in tutte le guerre

Le recente denuncia sulle violenze sessuali di Caschi Blu in missione di pace, lasciate impunite dall’Onu. Lo stupro da sempre parte delle atrocità di guerra che gli eserciti compiono sui civili. Con la vergogna della storia scolastica che fa passare il ratto della sabine come prodezza della nascente Roma.
Giovanni Punzo ci spiega che il primo stupro ritenuto crimine di guerra fu riconosciuto nel 1474. Millenni di impunità spesso applaudita. Poi gli orrori recenti, nella nostra ‘civilissima’ realtà, in Bosnia, ad esempio. E qui ritroviamo i Caschi blu.
Il bordello militare con donne musulmane prigioniere a Foca, serbo bosnia. O l’albergo ristorante “Sonja’s Kontiki”, a Vogosca, con prostitute prigioniere frequentato da militari di Unprofor. Per quello il generale canadese Lewis MacKenzie, a capo delle forze Onu, fu sostituito.

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Fratelli coltelli, non solo i Kim nella storia

Probabile delitto di Stato la morte del fratello maggiore del dittatore coreano Kim Jong-un in Malesia, dove continuano ad arrestare presunti assassini del povero Kim Jong-nam, fratellastro maggiore del presunto mandante. Giallo internazionale, spy story e fantasia. Ma la storia vera è pure peggio, lasciando perdere Caino e Abele e Romolo e Remo, che sono leggende.
La pessima figliolanza di Carlo Magno, ad esempio, con Pipino il Gobbo e il pessimo Ludovico il Pio. O Riccardo Cuor di Leone tradito dal fratello Giovanni, cche creò la fantasy di Robin Hood. O lo scannatoio tra gli York ed i Lancaster per il trono d’inghilterra. O la lite tra gli Asburgo durata 30 anni di guerre.
Col lieto fine dei fratelli Sokolovic, il pascià Mehmed Sokolovic e il patriarca ortodosso di Pec Makarije Sokolovic. Smentita storia di sempre cruenti Balcani, a Visegrad, dove il ponte cantato dal nobel Andric, unisce le rive della Drina con undici arcate di pietra che hanno sfidato i secoli e tanti pregiudizi, non solo balcanici.

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Quei dannati immigrati bianchi in terra Sioux!

L’uomo bianco Trump, lingua biforcuta e scalpo sprecato –
Ancora la vicenda degli indiani Sioux, i pellerossa il cui territorio rischia di essere inquinato da un eleodotto che Trump impone debba attraversare la loro riserva. L’ultimo prepotenza nei confronti dei sopravvissuti al genocidio dei nativi americano taroccato dal cinema nella ‘Epopea del West’.
Trump come successore del presidente Grant che tradì le tribù indiane per l’oro al posto del petrolio di oggi. L’ultima violenza di una serie infinita, come ci racconta Giovanni Punzo.
La grande guerra Sioux del 1876, la guerra per le Black Hills, una serie di battaglie che coinvolsero i Sioux Lakota e i Cheyenne settentrionali dopo la scoperta dell’oro nelle Colline Nere, quando i coloni iniziarono ad invadere il territorio indiano. Ieri l’oro, oggi il petrolio dell’oleodotto o della sotto il lago Ohae, nella riserva indiana di Standing Rock, nel North Dakota.

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Pancho Villa, eroe messicano contro altri yankee

Sul muro al confine tra Stati Uniti e Messico già abbiamo visto cadere, la settimana scorsa, la leggenda americana di David Crocket. Oggi cavalchiamo accanto all’eroe popolare messicano per antomasia, Pancho Villa, contro le prepotenze yankee di allora e di sempre. Quando invece di Trump avremmo trovato di fronte un tale George Smith Patton, giovane ufficiale Usa in attesa di diventare lo stratega dei carri armati nella seconda guerra mondiale

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Alamo, David Crocket e il generale messicano che aveva ragione

Febbraio 1836: la battaglia di Alamo. Ricordate il mitico David Crocket interpretato da John Waine e la rosa di splendidi attori nella foto di copertina? La questione confine tra Stati Uniti e Messico non nasce con Trump ma è prepotenza Usa antica.
Coloni bianchi vari che, come avevano fatto con le terre dei pellirossa, si volevano impadronire del Texas e di un bel pezzo di Messico ex spagnolo. Rubare ai ladri. Col Generale Sant’Ana, che aveva tutte le ragioni per cacciare via quegli ‘yankee’ invasori. Poi si sa che Hollywood seppe rovesciare la verità sui nativi americani selvaggi, inventando il buon uomo bianco portatore di civiltà (assieme al winchester e al wiskey).
Ma Remocontro parteggia dichiaratamente con Aquila della Notte.

La Guerra messicano-statunitense del 1846 si concluse nel 1848 con il Trattato di Guadalupe che costringeva il Messico a cedere 2 500 000 km² di terreno, il 55% del suo territorio nazionale, compresi gli attuali Stati di California, Arizona, Nuovo Messico, Utah, Nevada e parte del Colorado, Wyoming, Kansas e Oklahoma, oltre al Texas.

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La montagna prima di Rigopiano, sfida perenne

Dalla prima cronaca medioevale di una slavina distruttiva nel 1132 sui Pirenei, alla tragedia dell’Hotel Rigopiano. Le vittime che si potevano evitare, l’eroismo dei soccorritori a rincorrere imprudenza di altri. La montagna è cosa seria, ci ricorda Giovanni Punzo dalle sue terre alpine, riproponendoci alcune tra le peggiori tragedie che hanno segnato la vita difficile dell’uomo sulle montagne e la sfida perenne tra natura e chi la vorrebbe dominare.

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‘Affaire de fiches’, quando la Francia schedò il Grande Oriente

Mal comune non è mezzo gaudio, ma conoscere i guai degli altri a volte consola. Francia, primi del Novecento: ‘Affaire des fiches’, la schedatura degli ufficiali e il Grande Oriente di Francia, ma non solo. Ben altro rispetto a quanto sono riusciti a scoprire sul giallo ancora aperto dei due Occhionero arrestati per cyber spionaggio, anche lui, il fratello, Gran Maestro del Grande Oriente, ma d’Italia. Parallelismi un po’ forzati tra ieri e oggi, ma lo scoprire tante manchevolezze in casa altrui grazie a Giovanni Punzo, confessiamolo, ogni sabato un po’ ci aiuta.

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Di guerra in guerra quando arrivò il Tricolore, padano!

Il primo Tricolore, quello con il verde assieme a bianco e rosso, quello italiano, compie oggi 220 anni. E Reggio, dove quel tricolore simil francese, il 7 gennaio 1797, divenne la bandiera della Repubblica Cispadana. Sberleffo della storia a chi, in tempi recenti e con geografia creativa, si inventava la ‘padania’ e un’altra bandiera.
A Reggio c’è il presidente Mattarella, su Remocontro il solito Giovanni Punzo col suo ‘C’era una volta’ del sabato. La storia rivisitata rispetto a spunti di attualità. E oggi era occasione scontata, col riemergere dall’abito borghese di Punzo, la mimetica del suo passato di ufficiale di complemento che qualcuno di noi scoprì ‘richiamato’ in Kosovo.

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Buon 10 Nevoso dell’anno CXXV, detto alla Robespierre

Capo dell’anno, fine del vecchio e avvio del nuovo. Tutto schiacciato come sempre tra auguri, cotechini, oroscopi e bilanci a comodo di chi li stende. Questa volta il coincidere del sabato di ‘C’era una volta’ col capodanno ha costretto Giovanni Punzo a trovare un compromesso tra la storia e la celebrazione. E l’idea non è male, a 111 anni da quell’ultimo 10 Nevoso del 1805.
E poi, con certe arie di ‘bonapartismo’ che soffiano sul mondo…

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Le tante tregue di Natale nelle troppe guerre

Due anni fa, occasione del centenario della Grande Guerra, la scoperta del Natale 1914 in trincea sul fronte occidentale, dove per poche ore le ostilità cessarono spontaneamente da ambo le parti, scambio di auguri invece di cannonate, e perfino una memorabile partita di calcio nella terra di nessuno tra tedeschi ed inglesi.

E altre scoperte da parte di Giovanni Punzo, che assieme però ci ricorda come certi gesti fossero considerati tradimento, perché le guerre si alimentano sempre di odio e mai di buoni sentimenti.

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Vizi antichi, prima di Roma solo Babilonia e terza Bisanzio

C’era una volta, come per narrare le fiabe. Storie belle o brutte. A volte per consolarci a volte per ammonire. ‘C’era una volta’ di oggi, il sabato del suo consueto appuntamento tra storia e attualità, non poteva evitare la catastrofe della giunta Raggi nella capitale non più del mondo ma della povera ma dignitosa Italia.
Ed ecco Giovanni Punzo proporci una classifica delle capitali antiche vizio per vizio. Roma soltanto seconda dopo Babilonia, e Bisanzio, che prima di diventare Costantinopoli (e poi Istanbul) era detta la seconda Roma, finita come terza. Quasi uno sciogli lingua.
Perché, come disse del maldicente Procopio: «Raccontando queste cose inaudite, tali forse da non essere nemmeno credute, spero che il potere dei tiranni possa cessare proprio mettendo tutti al corrente delle loro malefatte».

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L’islam balcanico tra storia ottomana e paura jihadista

C’era una volta, ma non soltanto. Non solo storia oggi da Giovanni Punzo, coinvolto nei ripetuti segnali di espansione islamica sotto varie forme in Bosnia e attorno. Islam balcanico frammentato e una stratificazione secolare di pregiudizi. E un riassunto difficile sulle trasformazioni di quel mondo balcanico, dalla caduta dell’Impero ottomano che aveva islamizzato quelle terre per 500 anni, sino ai 10 anni di guerre balcaniche dell’altro ieri.

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Quando referendum era plebiscito e suonava la Marsigliese

Finalmente silenzio elettorale dopo troppe sgarberie incrociate e parole incivili. Noi, nell’attesa del 4 sera che comunque vada, sarà un sollievo, con l’aiuto di Giovanni Punzo scappiamo in Francia che di suo già occupa molte cronache elettorali. Noi, un po’ snob, evitiamo la banalità Valls-Fillon-Le Pen, e scegliamo dal 1793 in poi, dalla Rivoluzione (quando si litigava a colpi di ghigliottina), a de Gaulle della ‘grandeur’ (lui quando perse se ne andò, ma erano altri tempi). Passando per un Napoleone Bonaparte che di referendum ne perse pochi anche senza la tv.

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Nucleare, Francia al confine incubo Chernobyl

Il recente allarme in Francia sulle sicurezza di alcune centrali nucleari con lo stop a 18 reattori, 6 dei quali ai nostri confini, rilancia il tema nucleare anche nella distratta Italia referendaria rissosa e confusa. Neppure se dovessimo dire Si o No al nucleare in casa. Per la verità, No lo avevamo detto per ben due volte, ma si sa che il business nucleare muove interessi enormi e grandissime capacità di manipolare. O di non fare ciò che per legge andrebbe fatto, vedi lo smantellamento in sicurezza dei resti del defunto nucleare nazionale. Ma Giovanni Punzo non si occupa di polemiche ma di storia, e dal pericolo Francia al dramma di Chernobyl, passando per le due bombe atomiche vere, ci rinfresca la memoria.

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Primo sondaggio, Pennsylvania 1824, e fu subito errore

Nella foto del 1948, il presidente Usa eletto Truman, mostra il giornale che titolava sulla sua sconfitta. Primo sondaggio elettorale in Pennsylvenia nel 1824. Quotidiani locali e sondaggio via postale che sballò da subito le previsioni. Nasce il concetto di ‘Opinione pubblica’. 1932, ‘Literary Digest’, prevede l’elezione di Roosevelt e toppa quella successiva del 1936. Nascono allora le società di sondaggi Gallup, Roper e Crossley.

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Remocontro