Africa dei presidenti a vita in cerca di democrazia

«Se la democrazia si misurasse con il carcere per i politici accusati di corruzione, come nel caso dell’ex presidente Sarkozy, o con il ricambio della classe dirigente, come in Gran Bretagna, l’Africa continuerebbe a scivolare in fondo alla classifica, nonostante gli sviluppi della società civile e la domanda di giustizia e progresso di milioni di giovani», considera Massimo Nava. L’Africa letta dal Corriere con l’impressionante longevità delle élite al potere in alcuni Paesi. E la successione di colpi di stato che hanno consegnato altri Paesi, in particolare nel Sahel, a nuovi dittatori in divisa.

 

Africa amara: Cina, Russia a Usa a comprare, Europa a guardare

Due situazioni con un denominatore comune: la gestione corrotta delle enormi risorse naturali e minerarie, di cui approfittano sempre più Cina, Russia e Stati Uniti, mentre l’Europa resta ai margini e subisce i contraccolpi di ondate migratorie e conflitti etnici.

L’Africa ha ormai il record di presidenti in terza età e praticamente al potere a vita. Dal camerunese Paul Biya, 92 anni, appena rieletto – il bisnonno dei suoi elettori! – al guineano Teodoro Obiang (83) che ha nominato vicepresidente il figlio, all’ugandese Yomeri Museveni (81), all’ivoriano Alassane Ouattara. (83), al congolese Denis Sassou Nguesso (81). Alcuni, negli anni Settanta, erano considerati i padri dell’indipendenza. Ma sono diventati i padrini. A questi dovremmo aggiungere Paul Kagame, il presidente del Ruanda, più giovane (68 anni), ma al potere subito dopo la guerra civile e il genocidio dei tutsi a metà degli anni Novanta. Ha indubbiamente favorito sviluppo e pacificazione del Paese, governa con il pugno di ferro e conduce una politica di espansionismo militare nella vicina Repubblica democratica del Congo. Paul Biya, anche per motivi di salute, passa molto del suo tempo in Svizzera.

Opposizioni vietate

Ovunque le opposizioni sono represse. Tuttavia, avendo nelle mani tutte le leve del potere e l’esercito, questi personaggi garantiscono una relativa stabilità e una crescita mediamente superiore a quella dell’Africa subsahariana. Per questo, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, Paesi tradizionalmente amici, hanno avuto un occhio di riguardo, chiudendo l’altro su diritti umani e corruzione. In particolare, la politica della Casa Bianca ha accentuato questo atteggiamento. Il Dipartimento di Stato ha dato indicazione ai diplomatici di non commentare i processi elettorali nei Paesi Africani.

Il potere a vita

  • Il presidente del Camerun Paul Biya, 92 anni, durante il voto del 12 ottobre. I risultati delle presidenziali saranno ufficializzati lunedì. L’ottavo mandato per Biya appare probabile ma le tensioni non mancano dopo che il suo avversario Issa Tchiroma Bakary si è autoprclamato vincitore (Ap)
  • Le leggi che dovrebbero limitare la durata dei mandati sono aggirate con emendamenti alla Costituzione. Lo schema è quello classico degli autocrati. Putin insegna. Trump sta studiando il problema. Denis Sassou-Nguesso, al potere dal 1979, ha avuto un intermezzo di cinque anni dopo il 1992, ma poi è tornato in auge.
  • La longevità politica è fonte di corruzione, clientelismo e crescita di clan e gruppi affaristici che si aggrappano al potere e lo rafforzano, impedendo il ricambio. Secondo un’indagine dell’Economist, su 37 Paesi africani che hanno avuto nuovi leader negli ultimi dieci anni, poco più della metà è guidata da politici che hanno già superato la durata ufficiale del loro mandato o che intendono farlo.

L’invidia mal celata di Trump

Al presidente Donald Trump interessano accordi commerciali, sfruttamento di risorse (soprattutto terre rare) e limitazioni dei flussi migratori, con proposte ad alcuni Paesi africani di accogliere i richiedenti asilo degli Stati Uniti. Dopo il Sud Sudan e il Ruanda, l’ultimo esempio è l’Uganda. Recentemente, la Casa Bianca ha accentuato l’attenzione sull’AES, l’Alleanza degli Stati del Sahel – Mali, Burkina Faso e Niger – teatro di recenti colpi di stato e protagonisti di una clamorosa rottura con la Francia, ex potenza coloniale. «Più pragmatica e alla ricerca di materie prime, in particolare minerarie, l’amministrazione Trump non esiterebbe a offrire i propri servizi di sicurezza alle giunte del Sahel, in cambio di un accesso privilegiato alle risorse strategiche di cui sono ricchi Mali, Burkina Faso e Niger», afferma Le Djely, foglio guineano, ricordand che sotto Joe Biden i colpi di Stato militari avevano invece fatto sospendere le relazioni. Questa nuova dottrina americana, come la definisce Le Djely, «potrebbe diffondersi come un’onda in tutto il continente africano».

Ora basta ‘USAID’

Al tempo stesso, la Casa Bianca ha deciso lo smantellamento dell’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale (USAID), cancellando oltre l’80% dei suoi programmi. Una decisione che ha pesato, e peserà, sulla vita e sulla salute di milioni di africani. A questa svolta si somma l’annuncio di pesanti dazi doganali. Secondo la CNN, «Trump tiene d’occhio le ricchezze minerarie dell’Africa», e gli Stati Uniti vogliono contestare l’accesso della Cina ai minerali essenziali della regione. Trump si vanta anche in Africa di successi diplomatici, come la pace firmata lo scorso giugno tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, anche se i combattimenti continuano.

‘Opportunità commerciali’

Trump ha ricevuto cinque capi di Stato africani per discutere di «opportunità commerciali». La CNN ha subito notato che, mentre l’incontro mirava a creare opportunità economiche tra le due aree geografiche, solo cinque Paesi (Mauritania, Guinea-Bissau, Liberia, Senegal e Gabon) sui 54 che compongono il continente erano stati invitati. Esclusi, i giganti economici africani come il Sudafrica, la Nigeria, l’Egitto e l’Etiopia, non casualmente membri dei BRICS o aspiranti a far parte di questo gruppo di economie emergenti. I membri dei BRICS sono stati minacciati da Trump con dazi doganali proibitivi per aver sostenuto politiche presentate come «antiamericane».

Cina prima in Africa

L’obiettivo della Casa Bianca è contrastare la Cina, principale partner commerciale bilaterale dell’Africa, e la Russia, che ha esteso la sua influenza, come fornitore di materiale militare e contractor di formazioni militarizzate. Dei giochi fra grandi potenze, approfitta il gerontocomio al potere nel continente più giovane del pianeta.

Tags: Africa despoti
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