
Il ‘pacchetto’ (Parola orrenda), include sanzioni contro la ‘flotta ombra russa’, navi mercantili di bandiera di vari Paesi, che trasportano petrolio a gas nel mondo. 557 -117 le nuove ‘cattive’-, cui sarà/dovrebbe essere vietato l’accesso ai porti europei. Nel settore finanziario, cinque banche russe sono state aggiunte al divieto di transazioni, insieme a misure contro il sistema di pagamento russo ‘Mir’ e quattro istituzioni finanziarie in Bielorussia e Kazakstan. Per la prima volta, l’UE ha imposto sanzioni anche su criptovalute, colpendo una ‘stablecoin’ legata al rublo, il suo emittente in Kirghizistan e una piattaforma di scambio in Paraguay, oltre a vietare ai cittadini europei di fornire servizi cripto che potrebbero aiutare la Russia a eludere le sanzioni.
«Nell’entusiasmo di Bruxelles per questo annuncio, che arriva – forse non a caso – in un momento critico per i negoziati tra Stati Uniti e Russia sulla guerra in Ucraina, emergono diverse incongruenze», avverte InsideOver. Due i quesiti chiave senza risposta: «è realistico credere che il diciannovesimo pacchetto di sanzioni possa essere davvero efficace? E dove sono le sanzioni contro Israele?». Problemi di credibilità che sfuggono. Soprattutto quando il New York Times dimostra come «le sanzioni contro Mosca non stanno funzionando efficacemente «nonostante oltre 6.000 individui e aziende legate allo sforzo bellico russo siano nella lista delle sanzioni Usa dal 2022», denuncia Roberto Vivaldelli.
A quando afferma il NYT, la Russia è riuscita a condurre scambi transfrontalieri per centinaia di miliardi di dollari. E sebbene otto dei dieci maggiori accordi per violazioni di sanzioni globali dal 2014 riguardino istituzioni finanziarie, solo due casi coinvolgono la Russia, e nessuno di questi riguarda banche di primaria importanza. Considerazione chiave oltre il ‘fumo delle sanzioni’, la crescente dipendenza della Russia da economie come Cina e India che complica ulteriormente l’applicazione delle sanzioni, poiché sanzionare grandi banche cinesi potrebbe causare ‘instabilità finanziaria globale’, secondo Martin Chorzempa del Peterson Institute, citato dal quotidiano americano. Ma non c’è solo la capacità di Mosca di aggirare le sanzioni.
Un ulteriore paradosso: mentre l’Ue approvava l’ennesimo pacchetto di sanzioni, la rivista ‘The National Interest’ pubblicava un’analisi spietata, evidenziando come diversi Stati membri dell’Ue rimangano ancora dipendenti dall’energia russa. Anzi: alcune nazioni hanno aumentano le importazioni dalla Federazione russa. Come emerge da una nuova analisi di Reuters, sette stati europei (Francia, Paesi Bassi, Romania, Belgio, Croazia, Portogallo e Ungheria) hanno aumentato le loro importazioni di energia russa nell’ultimo anno. E siamo al ‘promesso finale del Giallo’, la scoperta dell’Assassino o, in questo caso, della ‘truffa politica del tanto rigore per niente. E i dati che scopriamo, sono impressionanti.
Nei Paesi Bassi, la dipendenza dall’energia russa è aumentata di circa il 72%, raggiungendo i 498 milioni di euro (580 milioni di dollari) dal 2024. In Francia, è aumentata del 40%, raggiungendo i 2,2 miliardi di euro (2,56 miliardi di dollari). In Croazia e Romania, è aumentata rispettivamente del 55% e del 57%. Nel frattempo, le importazioni di energia russa del Portogallo sono letteralmente schizzate alle stelle, con un incremento del 167% tra il 2024 e il 2025. Complessivamente, quest’anno l’Europa ha importato più di 11 miliardi di euro (quasi 13 miliardi di dollari) di energia russa. Conclusione moderata: l’ennesimo ‘pacco’ senza maestria.