Ladri governativi sulle catastrofi climatiche. Greenpeace ha stimato che circa 17,6 miliardi di dollari, gli stessi soldi che avrebbero dovuto aiutare le Filippine a fronteggiare inondazioni croniche e mortali, sarebbero stati sottratti dalle autorità soltanto nel 2023. A luglio il presidente Ferdinand Marcos Jr. aveva rivelato che diversi piani precedentemente annunciati come completati erano in realtà pieni di falle e anomalie. «Dovremmo essere tutti arrabbiati. Perché quello che sta succedendo non è giusto», ha provato a difendersi Marcos, finito al centro delle proteste.
Accuse nette e pesanti su legislatori e funzionari di aver intascato tangenti in cambio di contratti e appalti, mentre progetti cruciali per proteggere il Paese dai danni causati dalle inondazioni non sono mai stati realizzati. Un problema importante, drammatico, per un Paese colpito in media da 20 cicloni tropicali ogni anno, e un territorio tra i più vulnerabili del pianeta ai disastri naturali.
Dettaglio significativo: le proteste di domenica si sono svolte in una data storicamente significativa: il 21 settembre 1972 il padre e omonimo del presidente Marcos, il defunto leader dal pugno di ferro Ferdinand Marcos, impose la legge marziale nelle Filippine. Da quel momento in poi sarebbe rimasto al potere per altri 14 anni, salvo poi essere accusato di aver saccheggiato fino a 10 miliardi di dollari dalle casse pubbliche del Paese. E il sospetto di un vizio di famiglia, anche se non apertamente espresso, pesa sull’emergenza di questi giorni.