I Paesi che riconoscono la Palestina e l’Italia grigia del No

Il riconoscimento dello stato di Palestina, che alcuni paesi occidentali stanno formalizzando in questi giorni, ha un significato soprattutto simbolico e politico che isola ulteriormente il governo di estrema destra del primo ministro israeliano  Netanyahu. Chi sceglie di non firmare sceglie con che parte della tragedia palestinese stare.

Il grigio della vergogna

Domenica il numero dei paesi dell’ONU che riconoscono la Palestina è arrivato a 151 su 193. L’Italia è tra quelli che ancora non lo hanno fatto, che sono in prevalenza occidentali. La mappa sopra riepiloga le posizioni dei vari Stati, in verde l’universo dei riconoscimenti, in grigio gli Stati agli ordini di Trump e Netanyahu.

Solo simbolo, ma pesante

Il riconoscimento è una misura prevalentemente simbolica. In questo momento è soprattutto un modo per fare pressione politica su Israele, aumentandone l’isolamento internazionale, con l’obiettivo di fermare i gravi crimini commessi dal suo esercito nella Striscia di Gaza e spingere il primo ministro Benjamin Netanyahu ad accettare il cessate il fuoco che sta impedendo, sottolinea lo stesso Avvenire, giornale dei v3escovi.

13 gli ultimi arrivati

Sono almeno 13 i paesi che hanno riconosciuto la Palestina negli ultimi due anni. Prima dei quattro di domenica, nel 2024 lo avevano fatto tra gli altri Spagna, Norvegia e Irlanda. Ogni volta che se n’è aggiunto uno, il governo di estrema destra di Netanyahu ha ripetuto che la creazione di uno stato palestinese non è un’opzione. Anzi, lo nega nettamente. Domenica il governo israeliano ha minacciato di annettere gran parte della Cisgiordania, territorio che già occupa illegalmente attraverso la costruzione di sempre più colonie.

Per ordine di Trump il palestinese no

È previsto che all’Assemblea Generale dell’ONU intervengano sia Netanyahu sia il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas. Il secondo, però, non potrà farlo di persona perché il governo degli Stati Uniti, uno dei più stretti alleati di Israele, ha negato il visto a lui e alla delegazione palestinese (l’ANP è l’entità, in crisi da tempo, che governa in modo semiautonomo alcune zone della Cisgiordania ed è riconosciuta dalla comunità internazionale come governo legittimo del popolo palestinese).

Italia anche contro il suo popolo

L’Italia è tra i paesi che non riconoscono la Palestina. Nelle scorse settimane ha votato a favore della risoluzione presentata all’ONU a luglio da Francia e Arabia Saudita che prevede un piano in 42 punti per attuare la ‘soluzione dei due stati’ (cioè per la coesistenza tra uno stato palestinese a fianco di Israele prevista dagli storici accordi di Oslo del 1993) dopo un cessate il fuoco a Gaza. La posizione del governo italiano, ribadita anche in questi giorni, è subordinare il futuro riconoscimento di uno stato palestinese alla fine della guerra di Israele: insomma, a non farlo ora. A sostegno di uno ‘stato palestinese mai’

Il sempre più difficile Stato di Palestina

Lo stato palestinese ha una situazione particolare, dato che non ha un governo unitario e gran parte del territorio è occupata illegalmente da Israele. Nonostante questo è riconosciuto da 151 paesi membri delle Nazioni Unite su 193 (il numero dovrebbe aumentare nei prossimi giorni), come misura principalmente simbolica e in virtù del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. La conseguenza principale e più evidente del riconoscimento di un nuovo stato è lo scambio di rappresentanze diplomatiche, ossia l’apertura di ambasciate e consolati e l’invio di personale diplomatico.

L’Italia dell’ipocrisia

Teoricamente solo i paesi che si riconoscono reciprocamente possono avere relazioni diplomatiche, ma ci sono eccezioni. Per esempio l’Italia non riconosce lo stato palestinese e il governo di Giorgia Meloni non ha espresso l’intenzione di farlo a breve, ma ha comunque un ufficio consolare a Gerusalemme che «cura le relazioni che il governo italiano intrattiene con le autorità palestinesi», come si legge sul suo sito.

Autorità Nazionale Palestinese

I paesi che decidono di riconoscere la Palestina hanno come interlocutore l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), l’entità parastatale che governa in modo semiautonomo alcune parti della Cisgiordania (ma non della Striscia di Gaza, che dal 2007 è sotto il controllo di Hamas). L’ANP è riconosciuta da gran parte della comunità internazionale come il governo legittimo del popolo palestinese, ma è anche inefficiente, corrotta, impopolare e in crisi da tempo, in attesa di nuove elezioni che non arrivano da dieci anni.

I conti da fare con Israele

Il riconoscimento di un nuovo stato permette di avviare anche altre pratiche, come il riconoscimento dei visti, gli spostamenti tra i due paesi, le relazioni commerciali e così via. Da questo punto di vista è possibile che i paesi che riconoscono la Palestina debbano rivedere i propri accordi commerciali con Israele, per assicurarsi che questi non violìno i diritti del nuovo stato palestinese: per esempio se riguardano l’importazione da Israele di prodotti agricoli coltivati nelle colonie israeliane in Cisgiordania.

‘Riconoscimento’ troppo poco

La decisione di molti paesi di riconoscere la Palestina ha ricevuto critiche anche da alcuni sostenitori della causa palestinese, mossa ‘troppo timida e arrivata troppo tardi’. Per esempio il sito israelo-palestinese +972 Magazine ha pubblicato un duro articolo in cui dice che il riconoscimento crea «l’illusione di un’azione» da parte dei governi occidentali: «Se i paesi vogliono riconoscere lo stato palestinese, che lo facciano pure, ma non devono fingere che questo cambi la realtà».

L’Ue anti Russia timida con Israele

Di recente la Commissione Europea ha proposto di applicare sanzioni contro Israele, tra cui la sospensione di un trattato commerciale che dal 2000 annulla i dazi su parte delle merci scambiate con i paesi dell’Unione: sarà però molto difficile farle approvare, a causa dell’opposizione di vari stati tra cui Austria, Italia e Germania.

Alcuni paesi stanno provando a fare di più. La Spagna, ad esempio, vieterà la vendita e l’acquisto di armi da Israele, l’uso di porti o aeroporti spagnoli per il transito di qualsiasi carico che possa riguardare la guerra a Gaza, compreso il carburante, e l’importazione di prodotti che provengono dai territori palestinesi occupati. Italia, come già detto, assente (salvo i lavoratori portuali di Genova e Ravenna a bloccare carichi di armi diretti ad Haifa).

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