Quando gli yankee vanno alla corte di re Artù

Si chiamano ‘relazioni transatlantiche’, ma in decine e decine di incontri politici o diplomatici tra britannici e americani ne sono spesso successe di tutti i colori.  Ogni riferimento alla visita di Trump a Re Carlo è voluta. Vicende autentiche e decine di episodi di fantasia in opere letterarie o cinematografiche. «Peccato, abbiamo tante qualità condivise, ma siamo separati dalla lingua comune» decretò una volta l’irlandese Oscar Wilde di ritorno dagli Stati Uniti.

I primi passi

Il primo rappresentante diplomatico americano a Londra, alla corte di re Giorgo III, fu John Adams, uno dei cosiddetti ‘padri fondatori’ degli Stati Uniti, che in precedenza durante la rivoluzione aveva già condotto brillanti missioni in Europa. Il suo compito in Gran Bretagna fu tutt’altro che facile: si trattava infatti di negoziare un trattato che regolasse anche le questioni commerciali, oltre naturalmente a quelle politiche e territoriali. La bilancia degli scambi pendeva fortemente a favore dell’Inghilterra, tanto che il nuovo stato subì una crisi delle riserve auree impiegate principalmente per l’acquisto di prodotti inglesi in assenza di un sistema manifatturiero americano. Al contrario non era consentito agli americani esportare prodotti agricoli nelle Indie occidentali britanniche.
Si discute ancora se un incontro diretto tra il plenipotenziario e il monarca sia mai avvenuto realmente, anche perché – con sdegno regale – Giorgio III aveva rifiutato un primo messaggio di pace inviato da parte degli ex coloni. Si racconta comunque di un sovrano molto irritato che accolse il malcapitato rappresentante in maniera arcigna, sogghignando di fronte agli ostacoli del cerimoniale nei quali inciampava a raffica lo sventurato Adams.
A complicare ulteriormente le relazioni venne anche la rivoluzione francese: una parte degli americani, di profondi sentimenti repubblicani, fu avversa alla Gran Bretagna, ma alla fine, passata la bufera rvoluzionaria e poi napoleonica, gli americani ne uscirono rafforzati, soprattutto perché con grande disinvoltura riuscirono a vendere a tutti i belligeranti. Questa intraprendenza commerciale alla fine fu la causa della guerra anglo-americana che scoppiò nel 1812: gli inglesi combatterono però nel quadro della guerra contro la Francia e i suoi alleati, mentre gli americani per sottrarsi alle ultime residue influenze inglesi.

Il piede in due staffe

Un momento in cui le relazioni tra Inghilterra e Stati Uniti ebbero vari momenti di tensione che si scaricarono in episodi spiacevoli fu durante la guerra civile: l’establishment britannico, che sperava in un indebolimento dell’America provocato dalla framentazione, era a favore dei confederati, mentre l’opinione pubblica, sedotta dal nobile progetto di abolizione della schiavitù descritto dalla stampa, era invece a favore degli Stati Uniti. In questo quadro, il governo inglese scelse una soluzione ambigua: mantenne le relazioni ufficiali con il Nord e riconobbe tuttavia agli stati secessionisti il carattere di legittimi combattenti.
Una delle prime conseguenze per l’Inghilerra fu il mancato afflusso di cotone dal Sud e in breve alcuni distretti industriali inglesi basati sulla tessitura andarono in crisi: la soluzione fu vendere agli stati del sud polvere da sparo, munizioni e prodotti di lusso in cambio di cotone, ma ben presto il blocco navale americano impedì i fiorenti contrabbandi. Si verificò anche un incidente diplomatico in piena regola: due diplomatici sudisti diretti rispettivamente in Francia e in Inghilterra a bordo di una nave inglese – probabilmente nell’intento di ottenere l’agognato riconoscimento internazionale – furono catturati da una nave della marina nordista.
Il diritto internazionale del tempo concedeva infatti di ispezionare navi neutrali in cerca di materiali di contrabbando o messaggi nemici e del resto i due diplomatici avevano ricevuto istruzioni per la missione. L’Inghilterra invece insorse per quella che considerava una violazione delle leggi di neutralità, giungendo a progettare un intervento militare dal Canada. Poiché però Lincoln sapeva quanto importanti fossero i capitali inglesi investiti nelle industrie americane e soprattutto nelle ferrovie, alla fine rilasciò i due gentiluomini del Sud.

Le diversità in letteratura e nel cinema

Quasi due secoli di relazioni anglo-americane hanno lasciato una traccia profonda nella letteratura dei due paesi e recentemente soprattutto nel cinema. Nel 1889 l’americano Mark Twain pubblicò un romanzo intitolato “Uno yankee alla corte di re Artù”: Hank Morgan, capo operaio nella fabbrica di armi Colt di Hartford nel Connecticut, si risvegliava il 20 giugno del 528 in un letto inglese ricordando solo una botta in testa. Era l’incipit di una serie di avventure con dame e cavalieri, maghi e fate, in cui emergeva uno spontaneo carattere yankee, accompagnato dalle conoscenze tecnologiche del XIX secolo, che si confrontavano con un Medioevo fantastico quanto profondamente arretrato fino a sovvertirlo del tutto.
In realtà la vicenda sottendeva anche altri temi come quello del nascente grande capitalismo americano e del sistema industriale, poco incline a lasciare spazio agli individui. Nel 1991, in America, uscì sugli schermi King Ralph, storia satirica di un improbabile cittadino americano che sale sul trono del Regno Unito.
La scena memorabile è la visita guidata alla galleria degli antenati in abiti settecenteschi: dopo una breve sosta sotto il ritratto di Ralph (l’immaginario «duca di Warren, lo sfortunato trisavolo di Vostra Maestà») il mentore inglese mostra Giorgio III dicendo: «Forse ne avete sentito parlare, era Re durante quel piccolo capriccio che chiamate Guerra d’Indipendenza». Ralph risponde prontamente «Sento un pizzico di rancore da parte vostra, dopotutto ve le abbiamo suonate». «La sconfitta è pure Vostra, visto che ora siete Inglese», replica l’accompagnatore. «Okay – taglia corto Ralph – allora diciamo che ce le hanno suonate».

Tra il 12 e il 14 agosto 1941, a bordo della nave da battaglia inglese «Prince of Wales» ancorata nella baia di Terranova, si svolse l’incontro tra Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill da cui sorse la Carta atlantica. Fu il primo, ma non l’unico incontro tra i due, perché l’esperienza si ripetè ancora in altre sedi. Nacque però una leggenda quando, nel corso di un incontro segreto alla Casa Bianca, Roosevelt, dopo aver bussato alla porta della stanza di Churchill, entrò scorgendolo mentre usciva dalla vasca da bagno. A rompere l’imbarazzo fu Churchill che esclamò: «Il primo minstro britannico non ha niente da nascondere al presidente degli Stati Uniti».

 

 

 

Condividi:
Altri Articoli