Israele in guerra anche con se stesso

Guerra interna. Netanyahu contro il Procuratore generale, la signora Gali Baharav-Miara, ma il cui destino l’Alta Corte ieri ha ‘congelato’. Gli echi di questo scontro titanico arrivano in Occidente ovattati, eppure si tratta di una crisi di sistema. Israele di Netanyahu non è più una democrazia

Pericoloso ottovolante della democrazia

Per la prima volta il grido d’allarme del Presidente Isaac Herzog: «Siamo sulle montagne russe e l’ottovolante rischia di uscire dai binari». All’origine di tutto, c’è il famigerato progetto di ‘riforma della giustizia’ caldeggiato dal governo e che, dopo le prime dure critiche (e oceaniche manifestazioni di piazza) è stato rimesso in un cassetto. Nell’attesa del momento propizio per rispolverarlo. L’obiettivo? Elementare: subordinare, in sostanza, il potere giudiziario a quello esecutivo, che dovrebbe sempre avere (si fa capire) una sorta di privilegio preventivo. Su che basi? Beh, stirandola molto, sul fatto che Israele è costantemente sotto attacco e che «i tempi e le ragioni della sicurezza nazionale’ non sono mai quelli della giustizia. Un distillato di ‘realpolitik’ insomma, dove la guerra giustifica tutto e la sopravvivenza dello Stato-nazione viene molto prima dei codicilli di giudici e avvocati. Visti, pare di capire, come dei cavillosi rompiballe e non come degli indispensabili contrappesi, da accettare e rispettare, per il corretto mantenimento dell’equilibrio istituzionale.

Netanyahu dopo il 7 ottobre

Dopo il disastro del 7 ottobre, con i massacri perpetrati da Hamas, il potere di Netanyahu aveva traballato. Ma poi, da vecchio e cinico animale politico, ‘Bibi’ ha puntato tutto su una rapida risalita, basata su una risposta militare, che si è rapidamente tramutata in sanguinaria rappresaglia. Così, sotto il velo ipocrita dell’autodifesa, il premier ha sviluppato piani aggressivi che prevedono l’allargamento della sfera d’influenza israeliana e la colonizzazione di nuove terre. Sono stati i quasi centomila morti palestinesi (compresi quelli uccisi da malattie indotte) a tenerlo al potere. Finché dura la guerra, non cade il governo. O, almeno, è più complicato andare ad elezioni. E, soprattutto, i processi che ‘Bibi’ deve subire per corruzione vengono rallentati. Molti, in Europa, sono convinti che l’acrimonia del premier verso i giudici nasca solo da motivazioni strettamente personali, legate proprio a queste rogne giudiziarie, che lo vedono implicato nello scandalo ‘Qatargate’. Ma non è così, nel senso che questa potrebbe essere solo una parte del malanimo da lui manifestato. La verità è che nel progetto di Grande Israele sposato da Netanyahu, c’è poco spazio per il ‘diritto’ in quanto tale, sia che riguardi la Costituzione o che tocchi la politica estera.

Lui non è un premier, ma si sente il ‘capo’ di un popolo eletto, un Mosè del Terzo millennio. E i procuratori sono come grandi sacerdoti di una religione strana, adoratori di idoli che lui non riconosce e che in fondo nemmeno condivide.

La capo della magistratura

Baharav-Miara, Procuratore generale dello Stato di Israele, è per questo il nemico più temuto: non è ‘addomesticabile’. Davanti a un’opposizione politica frammentata, con piccoli partiti sempre in rissa tra di loro, il Likud di Netanyahu, col suo attuale 28% di consensi, può benissimo andare avanti con la strategia del ‘divide et impera’. Ma con la signora Baharav-Miara non c’è niente da dividere. Professionale, scrupolosa, rispettosa del corretto gioco democratico, la Procuratrice è una spina nel fianco del governo messianico-nazionalista. Un nemico che ‘Bibi’ sta cercando di eliminare in tutti i modi. Pensate, a giugno si è fatto votare apposta una legge per cambiare le regole in corsa e attribuire al governo il potere di revocarla, scavalcando l’organo di garanzia, come si faceva in certe repubbliche sudamericane. La norma prevede una commissione d’inchiesta che, solo a leggere i nomi da cui è composta, fa venire i sudori freddi. Presidente è il Ministro per gli Affari della Diaspora Amichai Chikli, affiancato dal Ministro per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, dal Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, dal Ministro per la Scienza e la Tecnologia Gila Gamliel e dal Ministro per i Servizi Religiosi Michael Malkieli. Per capirci, la ‘crème’ più retriva e ottusa che fiancheggia ‘Bibi, una specie di Santa inquisizione in salsa ebraica, dove manca solo Torquemada che estorce confessioni con lo scudiscio.

Il No della democrazia che resiste

Ecco una sintesi dei commenti ‘tecnici’, che manifestano tutti grande allarme per la democrazia nel Paese, raccolti dal quotidiano di Tel Aviv Haaretz: «Procuratori generali, tra cui l’ex presidente della Corte Suprema Aharon Barak, hanno emesso un parere legale affermando che il licenziamento di Gali Baharav-Miara avrebbe minato lo stato di diritto israeliano. L’hanno elogiata per essere rimasta fedele ai principi legali senza timori o pregiudizi». Inoltre, in una lettera aperta, gli ex giudici hanno affermato che i pareri legali del Procuratore generale «hanno lo scopo di impedire al governo di prendere decisioni illegali’, aggiungendo che è ‘inaccettabile’ che questo sia ciò che porterà alla sua estromissione». In punta di diritto è così che si difende la democrazia. Diciamone un’altra: il governo e i ‘falchi’ che gli svolazzano intorno, forse non hanno gradito i richiami del Procuratore generale su alcuni «incidenti» durante l’invasione di Gaza. Era il periodo delle udienze davanti alla Corte internazionale dell’Aja, che adesso americani ed europei si sono dati da fare per mettere ‘in sonno’. Ufficialmente, però, altri scontri si sono verificati quando la signora Baharav-Miara si è convinta che dietro le azioni di Netanyahu non ci fosse un ‘principio di ragionevolezza’ ma solo interessi di parte. Come nel caso del siluramento di Ronen Bar, il capo dello Shin Bet, il potente servizio segreto interno, che avrebbe voluto indagare i collaboratori di ‘Bibi’ nello scandalo ‘Qatargate’.

Vietato dissentire dal governo

Le motivazioni ufficiali addotte dal Ministro della Giustizia, Yariv Levin, contro Baharav-Miara parlano di «comportamento inappropriato e di continue sostanziali divergenze di opinione tra il governo e il Procuratore generale, che impediscono una collaborazione efficace». La risposta, riassunta da Haaretz è stata: «Il governo desidera essere ‘al di sopra della legge’. In una lettera, Baharav-Miara ha scritto che il governo si aspetta che il Procuratore generale rispetti gli ordini esecutivi illegali, altrimenti potrebbe ‘porre fine al suo mandato’. ‘Il voto di sfiducia mira solo a promuovere la lealtà al governo’, ha sostenuto, aggiungendo che non ha lo scopo di ripristinare la governance, ma di ottenere ‘un potere illimitato, come parte di un’azione più ampia per indebolire il potere giudiziario’».

L’ultima notizia riguarda il processo di Netanyahu (ricominciato) e la presenza dell’ambasciatore americano Mike Huckabee, arrivato in aula a fare una comparsata e a portare la solidarietà di Trump. Come dice il proverbio? Tra colleghi (indagati) ci si capisce sempre. Nel suo titolo, Haaretz ha definito la visita ‘una mossa mafiosa’. Certo, sia detto con tutto il rispetto, a guardare le facce, la foto d’insieme sembra effettivamente scattata in un salone da barba di Brooklyn.

 

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