
«Sono i missili americani, oltre a quelli israeliani, che tengono sotto tiro la Repubblica islamica con le basi Usa in Turchia, Qatar e Bahrain. Basi militari americane che con la flotta Usa in Bahrain e le truppe schierate in Qatar danno la dimensione di un conflitto che in realtà, con le sue conseguenze, potrebbe diventare più ampio: Russia e Cina sono alleati di Teheran ed è stata proprio Pechino a mediare il riavvicinamento storico tra Iran e Arabia saudita».
Una guerra all’Iran che coinvolge più o meno direttamente i Paesi del Golfo, l’Iraq e il Libano degli Hezbollah e lo Yemen. «Mentre il prezzo del petrolio sale, segnale di chiaro nervosismo sui mercati, gli Usa hanno già ridotto il personale diplomatico in Iraq e nel Golfo dove passa oltre il 40% di rifornimenti energetici mondiali».
Apparati Nato messi in allarme. «Non dimentichiamo che l’aviazione britannica e quella americana hanno condotto il 70% dei voli di ricognizione per individuare i bersagli a Gaza e in Libano. Quando l’Iran ha attaccato Israele, Usa e Gran Bretagna, e altri stati della regione, sono intervenuti a vari livelli per sostenere Israele».
Da tempo però l’Arabia saudita, che ha fatto stringere la mano di Trump e quella dell’ex jihadista siriano Al Jolani, chiedeva al presidente americano di frenare Tel Aviv. «Non che Trump sia particolarmente incline a usare la diplomazia con Teheran, tanto è vero che nel 2018 fu lui, al primo mandato, ad annullare l’accordo del 2015 firmato da Obama». E la bugie di Trump come sempre: «Quell’intesa non funzionò non perché fosse ‘pessima’, come ripete Trump imbrogliando le carte per l’ennesima volta, ma semplicemente perché non venne attuata: gli americani non tolsero mai le sanzioni bancarie e finanziarie a Teheran come sa benissimo qualunque banchiere europeo».
«Le conseguenze del fallimento dell’accordo del 2015 sono state evidenti: l’Iran è stato spinto sempre di più nelle braccia di Mosca e Pechino. La Russia è il primo destinatario dell’industria dei droni iraniana, la Cina è il primo cliente del petrolio di Teheran. Non si contano poi le manovre militari congiunte iraniane con Mosca e Pechino e gli scambi di visite militari e diplomatiche. L’Iran è dentro al fronte bollente dei conflitti e degli interessi strategici che stanno a cavallo tra Medio Oriente e Asia centrale e fa parte dell’organizzazione dei Brics, un blocco economico che rappresenta oltre il 30% del Pil mondiale».
Per gli arabi del Golfo l’attacco di Israele può rivelarsi un mezzo disastro. «Hanno lasciato che a Gaza si attuasse il genocidio dei palestinesi, hanno corso dietro alle deliranti proposte di Trump per ‘Gaza Riviera’, e alle prospettive di deportazione senza muovere un dito -denuncia Negri-. Ma soprattutto rischiano di mettere in mano la loro sopravvivenza a Israele. I sauditi sono i custodi dei luoghi sacri dell’islam e il loro prestigio come paese guida potrebbe venire seriamente intaccato».
«In Medio Oriente si vive un paradosso lacerante: da un lato la strage a oltranza a Gaza, dall’altro un’aria di prosperità e ricchezza nel Golfo, sul versante opposto di un mondo arabo che però non ha mai niente da dire e subisce le decisioni israeliane e americane». Come può reagire l’Iran all’attacco? «Può provare a colpire Tel Aviv con missili balistici. Ma loro efficacia è tutta da provare». «Forse l’unica reazione efficace di Teheran potrebbe essere una sorta di guerra asimmetrica muovendo le ultime pedine nella regione sopravvissute ai raid israeliani. Ma non è una prospettiva che salverà il Medio Oriente da altre tragedie».
Aggredito e aggressore
In Politics Among Nations, Hans Morgenthau, studioso tedesco di origine ebraica, affermava che il «diritto internazionale esiste solo nella misura in cui è compatibile con gli interessi delle nazioni più potenti. Quando questi interessi divergono, il diritto diventa un’arma per giustificare il potere, non per limitarlo», cita InsideOver. Dopo il genocidio in corso a Gaza, l’avanzata in territorio siriano, i bombardamenti ai danni di Libano e Yemen, Israele prosegue nella sua guerra allargata contro i suoi acerrimi nemici regionali attaccando l’Iran e il suo programma nucleare, in quello che ormai sembra un tour regionale di distruzione firmato Netanyahu.