Milizia araba armata da Israele con Abu Shabab predone di aiuti

Si fanno chiamare «forze popolari» e fanno parte dell’operazione israeliana per controllare i palestinesi nel sud della Striscia di Gaza. Israele ha dato fucili e mitragliatrici a un gruppo di palestinesi di Gaza per creare una milizia anti Hamas. Un piano dello Shin Bet, l’intelligence israeliana interna, approvato dal primo ministro Netanyahu.

«Servizio antiterrorismo» o «Forze popolari»

La milizia si fa chiamare «servizio antiterrorismo» o anche «forze popolari», è formata da un centinaio di uomini e il capo è Yasser Abu Shabab, 32 anni, un uomo che secondo la stampa araba ha molte connessioni nel sud della Striscia di Gaza. Il sito del giornale israeliano Yedioth Ahronoth scrive che in passato Yasser Abu Shabab era stato arrestato da Hamas, ma che sarebbe scappato dopo che una bomba israeliana aveva colpito il centro di Hamas dove lui era rinchiuso.

A Rafah oltre le bombe

Il gruppo per adesso opera nella parte orientale di Rafah, la città del sud della Striscia al confine con l’Egitto devastata dai bombardamenti israeliani. La sua creazione sembra far parte dell’operazione a breve termine pianificata dal governo israeliano per prendere il controllo della distribuzione del cibo e di tutti gli aspetti della vita dei palestinesi di Gaza, e per concentrare tutti gli abitanti nel sud della Striscia, segnala il Post.

Gaza Humanitarian Foundation

Di questa operazione fa parte anche la Gaza Humanitarian Foundation, che si occupa di stabilire punti di distribuzione di viveri e beni di prima necessità assieme all’esercito israeliano nel sud della Striscia al posto della capillare rete di organizzazioni indipendenti che prima aiutavano i palestinesi in tutto il territorio. Su una pagina Facebook che sembra collegata, il gruppo smentisce di avere preso armi dall’esercito israeliano ma sostiene di essersele procurate da solo.

Dice inoltre di non essere «uno strumento dell’occupazione». Nessuno a Gaza vuole essere visto come un collaborazionista di Israele.

Abu Shabab, il predone

«Ladro e trafficante fuggito di prigione, viene da una lunga storia di beduini collaborazionisti», la sintesi di Michele Giorgio sul manifesto. Hamas, che aveva preso il controllo della Striscia due anni prima, si era scontrata subito con quegli ambienti di fanatismo religioso, vicini per ispirazione all’Isis contemporaneo. Israele – ma anche la wahabita Arabia saudita, nemica «ideologica» di Hamas – hanno nel corso degli anni cercato potenziali alleati o collaborazionisti per minare l’autorità del movimento islamista e condurre attività di sorveglianza e spionaggio.

«Villaggio per spie e traditori»

D’altronde, alle porte di Rafah, nella località di Dahaniya, è esistito per anni un «villaggio per spie e traditori», circondato da filo spinato e protetto da un presidio militare israeliano (ne esisteva un altro in Cisgiordania, nei pressi di Jenin). Il «villaggio» ospitava famiglie beduine, in particolare membri della tribù Tarabin, fuggite a Gaza dopo la restituzione del Sinai all’Egitto, perché sospettate di aver collaborato con Israele dopo l’occupazione nel 1967. A queste si aggiunsero nel tempo numerosi collaborazionisti palestinesi a rischio di essere scoperti, ai quali venivano garantiti permessi di lavoro in Israele e altre forme di protezione.

Collaborazionisti

Nel 2005, con il ritiro israeliano da Gaza, fu deciso di evacuare Dahaniya: 65 famiglie furono trasferite, alcune in Israele, dove ottennero la residenza ufficiale e continuarono a collaborare con i servizi di intelligence. I collaborazionisti presenti nel campo in Cisgiordania, invece, erano stati mandati anni prima a Nazareth, suscitando proteste tra la popolazione palestinese.

Abu Shabab della tribù Tarabin

Yasser Abu Shabab, membro della tribù Tarabin, citato nelle ultime ore come il capo della milizia armata sostenuta da Netanyahu in funzione anti-Hamas e per la futura «sicurezza» di Gaza, rappresenta solo l’ultimo di una lunga serie di tentativi – perlopiù falliti, talvolta riusciti – di Israele di creare gruppi armati alleati per «governare i palestinesi». Poco più che trentenne, Abu Shabab è stato descritto come un salafita e come comandante delle cosiddette Forze Popolari.

Ladro di aiuti e omicida

In realtà è un ben noto criminale a capo di una banda dedita a furti e omicidi da anni, ora impegnata ad assaltare camion e magazzini contenenti aiuti umanitari destinati alla popolazione civile, per rivendere le merci al mercato nero a prezzi esorbitanti. Prima del 7 ottobre, Abu Shabab era stato incarcerato da Hamas con l’accusa di furto e traffico di stupefacenti. È tornato in libertà grazie alle bombe israeliane che hanno distrutto gran parte delle strutture civili di Gaza, comprese le prigioni. Al suo comando ci sarebbero 200-300 uomini, armati di Kalashnikov e vestiti con uniformi di una sedicente «Unità antiterrorismo». Non tutti apparterrebbero alla tribù Tarabin, che ha preso ufficialmente le distanze dalle azioni di Abu Shabab.

L’ultima creazione dei servizi segreti israeliani

Cosa sarà dell’ultima creazione dei servizi segreti israeliani si vedrà nel prossimo periodo. Pochi credono che Abu Shabab sarà in grado, come spera Netanyanu, di limitare l’influenza di Hamas. In ogni caso la vicenda conferma che quello delle ‘milizie alleate’ resta un pilastro della strategia di «sicurezza» israeliana.  Il caso più emblematico resta quello del Libano del Sud, dove a partire dagli anni ’70 Israele sostenne, armò e finanziò milizie cristiane maronite e, in seguito, l’Esercito del Libano del Sud (Els), creando una zona cuscinetto sotto controllo fino al 2000.

Centrale, sempre in Libano, è stata anche l’alleanza di Israele con la destra falangista, responsabile del massacro di 3.000 palestinesi a Sabra e Shatila nel 1982.

Il crollo degli infiltrati

Nel maggio 2000, dopo 22 anni di presenza militare, il primo ministro Ehud Barak ordinò il ritiro unilaterale dal sud del Libano e la milizia filo-israeliana crollò in pochi giorni. Circa 6.000 tra membri e familiari dell’Els si rifugiarono in Israele, ottenendo in parte la cittadinanza o permessi di soggiorno. Alcuni ex ufficiali vivono ancora oggi in Galilea e collaborano con l’intelligence e le forze armate israeliane.

L’Autorità nazionale palestinese?

In un video, Yasser Abu Shabab annuncia la creazione della milizia per proteggere i civili «dal terrore del governo di fatto di Hamas» e dai «ladri di aiuti». Chiede agli abitanti di Rafah di tornare alle loro case e promette che troveranno sistemazione e cibo. Afferma anche che il gruppo opera sotto la guida dell’Autorità nazionale palestinese, il governo palestinese della Cisgiordania dominato dal movimento Fatah, che riceve aiuti dalla comunità internazionale ed è rivale di Hamas. Ma l’Autorità nazionale è considerata troppo corrotta e inefficiente da molti palestinesi. Inoltre il governo israeliano è contrario a una eventuale estensione del potere dell’Anp anche su Gaza.

Il malcontento reale contro Hamas

La creazione di una milizia palestinese che combatta contro Hamas e sfrutti il malcontento di una parte dei palestinesi – che è reale e diffuso a Gaza – è un piano del governo israeliano che ricorda quello che successe quarant’anni fa, quando la nascita della stessa Hamas non fu ostacolata da Israele perché dava fastidio alla leadership palestinese di allora, appartenente al movimento Fatah. Allora si pensava che Hamas sarebbe stata un problema per Fatah. Oggi si pensa che una milizia legata a Fatah potrebbe essere un problema per Hamas. È come se un ciclo avesse fatto un giro completo.

La milizia dello Shin Bet

La creazione della milizia da parte dello Shin Bet è cominciata quando il direttore dell’agenzia di intelligence era ancora Ronen Bar, poi è stato cacciato da Netanyahu. Il primo ministro israeliano ha approvato il piano senza farlo passare per il voto del gabinetto di sicurezza, ad evitare la bocciatura dei ministri dell’ultradestra, che non vorrebbero dare mai, in nessun caso, armi ai palestinesi. Netanyahu aveva evitato il voto degli stessi ministri nel gabinetto di sicurezza anche quando a maggio aveva deciso di interrompere il blocco degli arrivi di cibo dentro Gaza dopo dieci settimane di assedio totale perché temeva la reazione internazionale.

Passato oscuro e confuso

Sul passato di Yasser Abu Shabab ci sono informazioni discordanti. L’ex ministro Avigdor Lieberman, che appartiene alla destra israeliana ma è contro Netanyahu, scrive che il cosiddetto «servizio antiterrorismo» sarebbe legato allo Stato islamico. Dice anche che gli uomini della milizia sono criminali che per darsi una qualche legittimità hanno aderito all’ideologia salafita, una versione molto rigida dell’Islam. Se anche fosse, appartenere ai salafiti però non vuol dire appartenere allo Stato islamico e per adesso è un’affermazione senza prove.

I beduini del Sinai

Ci sono informazioni non verificate sul fatto che Yasser Abu Shabab faccia parte del clan Tarabin, una tribù di beduini della penisola del Sinai con decine di migliaia di uomini che fino a qualche anno fa guadagnava anche con il contrabbando attraverso il confine tra Egitto e Striscia di Gaza. Yasser Abu Shabab, ha affermato di lavorare in coordinamento con l’Autorità nazionale palestinese. Il serbatoio di arruolamento della milizia è tra i clan locali che mal sopportano Hamas e anche tra gli uomini che stanno con Fatah.

È possibile che la paga di 650 dollari al mese, il dato è dei media israeliani, e le armi siano un motivo sufficiente per alcuni palestinesi per arruolarsi nella milizia in un contesto come il sud di Gaza, dopo venti mesi di bombardamenti israeliani devastanti che hanno lasciato centinaia di migliaia di persone a inventarsi come sopravvivere giorno per giorno.

22 palestinesi uccisi in raid di Israele in diverse zone di Gaza

Ventidue persone sono rimaste uccise nelle prime ore di oggi in bombardamenti e sparatorie di israeliani in diverse zone della Striscia di Gaza.

Lo riferisce l’agenzia palestinese Wafa. Sono 12 le vittime e più di 40 i feriti nel bombardamento che ha colpito tende per sfollati a ovest di Khan Yunis, tra cui quattro membri di una famiglia, padre, madre e i loro due figli. Sette le vittime di un bombardamento su un’abitazione che ospitava sfollati a ovest della città di Gaza. Cinque persone sono morte e altre sono rimaste ferite negli scontri a fuoco dell’esercito israeliano nei pressi di un centro di soccorso a ovest di Rafah.

Al Jazeera,’56 morti nella Striscia, massacro a Gaza City’

Aumenta il bilancio degli uccisi nei raid israeliani dall’alba

Almeno 56 persone sono state uccise negli attacchi israeliani sulla Striscia dall’alba, scrive Al Jazeera citando fonti della Protezione civile di Gaza. Il dato include almeno 16 morti in un singolo attacco lanciato contro Gaza City, nel quartiere di Sabra. Secondo il portavoce della Protezione civile, almeno sei delle vittime di questo raid erano bambini e che più di 50 persone sono rimaste ferite a causa dell’impatto di due missili sulla zona. Si ritiene che circa 85 persone siano ancora intrappolate sotto le macerie. “Un vero e proprio massacro”, ha dichiarato.

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