
In Ucraina le forze russe continuano ad avanzare sul fronte est. I difensori sono in evidente difficoltà, costretti a impegnare gli stessi reparti per mesi senza alcun riposo. Di fatto l’Ucraina non riconquisterà i suoi territori. E senza aiuti militari dall’occidente non potrà resistere come ha fatto finora, avverte dal manifesto Sabato Angieri. «Tuttavia, ed è questa la scommessa di Kiev, può fare ancora malissimo al gigante eurasiatico. Solo che non bisogna mai dimenticare che la guerra è un vortice».
Alle azioni ucraine corrisponderanno risposte altrettanto devastanti, se non di più, considerata la maggiore disponibilità e potenza di fuoco di Mosca. Gli ucraini saranno costretti ad alzare sempre di più il livello per dimostrare che la loro lotta non è finita? E il vortice della guerra si sta allargando. La vecchia Europa – Regno Unito e Germania in testa- si riarma innalzando lo spauracchio della minaccia russa alle porte come ci ha raccontato Orteca. Più armi uguale più instabilità e rischio di incidenti e di catastrofi, considerando i leader che oggi sostituiscono i Churchill, i de Gaulle e i Roosevelt. Per la parte dei buoni.
L’annuncio dell’attacco è stato dato dallo stesso Sbu, il servizio segreto ucraino sul proprio sito internet e sui social network. «L’operazione è durata diversi mesi. Per gli ucraini i supporti subacquei dei piloni sono stati «gravemente danneggiati con 1.100 kg di esplosivo; il ponte è infatti in stato di emergenza». Ma Mosca smentisce e ridimensione: non solo che l’attacco non avrebbe avuto successo, ma che non si è trattato neanche della geniale operazione di intelligence che gli ucraini vorrebbero far credere. A provocare l’esplosione, sostengono, è stato un drone marino (Usv) denominato «Marichka», un siluro teleguidato di circa sei metri capace di raggiungere i mille chilometri di distanza. In ogni caso, i fatti sono che il traffico sul ponte è stato sospeso per circa tre ore tra le 4 e le 7 locali, prima di riprendere a funzionare normalmente.
Quello di Crimea è il ponte più lungo d’Europa e con i suoi 19 km collega il territorio della Federazione russa alla penisola di Crimea attraverso lo stretto di Kerch. Dopo il referendum e l’annessione della Crimea, Putin ha investito moltissimo su questo progetto, creando un fondo d’investimenti che ha superato i quattro miliardi di dollari per ultimare l’infrastruttura in tempi record. Solo due anni (2016-18) per l’apertura al traffico su gomma e tre per i treni. «Per il capo del Cremlino non si tratta solo di una grande opera ingegneristica, ma di un simbolo di potere che dimostra al mondo l’eccellenza tecnica e la volontà di potenza dei russi. Colpirlo vuol dire assestare un colpo diretto a lui –segnala ancora Angieri-. E gli ucraini lo sanno, non a caso nel 2022 l’attacco è arrivato la notte del compleanno di Putin 7 ottobre».
Ci sono ovviamente delle questioni strategiche: attraverso il ponte di Crimea sono passati fin dall’invasione dell’Ucraina tonnellate di rifornimenti ai battaglioni al fronte. Tutt’oggi le batterie missilistiche russe in Crimea e le forze di occupazione ricevono rifornimenti attraverso questa via.
Francesco Strazzari affronta invece un altro aspetto ancora più preoccupante. «Secondo i trattati sul controllo degli armamenti, le superpotenze devono mantenere i bombardieri strategici ben visibili ai satelliti per consentire il funzionamento dei meccanismi di allerta. Facendo leva su questa garanzia per acquisire invece i propri bersagli, l’attacco ucraino non è altro che un ulteriore episodio del processo di smantellamento dell’architettura di sicurezza costruita nel tempo per garantire la pace». Di fatto l’erosione del regime di controllo sugli armamenti è iniziata l’indomani dell’attacco dell’11 settembre 2001, quando i repubblicani Usa, considerando la Russia una ‘potenza degradata’, ignorarono le proteste del Cremlino sulle loro iniziative missilistiche.
Putin ha minimizzato, affermando che la Russia ha perso solo 4% dei propri bombardieri strategici, contro il 34% di cui parlano gli ucraini. «Non sappiamo cosa sia vero, né quale risposta seguirà. Ma è chiaro che un attacco diretto sulla capacità di deterrenza russa pone il Cremlino davanti ad una scelta sulle priorità; e che, comunque, da domani sarà difficile ispezionare ovunque ogni carico merci per timore di nuovi attacchi». L’attacco ucraino arriva al culmine di un processo di trasformazione della guerra e della politica che rende molto più difficile e imprevedibile il calcolo strategico. (Un confine europeo fatto di nuove barriere e trincee, una Polonia sempre più militarizzata che elegge, grazie al voto dell’estrema destra nazionalista anti-Ue, anti-ucraina e filo-russa).
«Da anni ormai gli analisti sono interpellati da media in cerca di sensazione per sapere se siamo di fronte a una svolta negoziale, a una Caporetto o una Pearl Harbor: la realtà è che, dopo che Trump ed accoliti si sono illusi di poter portare Putin a desistere dalla richiesta di resa incondizionata ucraina, la guerra avanza ancora, ed è più che mai necessario evitare di fornire narrazioni mediatiche che la sostengono».