Polonia, perché l’UE esce con le ossa rotte da quelle elezioni

Un primo giudizio sulle elezioni Presidenziali della Polonia, è che se il Paese appare esattamente spaccato in due, l’Unione Europea, invece, ne esce con le ossa rotte. Vince, per un soffio, Karol Nawrocki, ‘euroscettico’ che preferisce una relazione privilegiata con l’America di Trump. A perdere è stato Rafal Trzaskowski, l’alfiere di un modello politico che lascia dubbiosi molti elettori. E non solo in Polonia.

Nazionalisti anti UE e anti Russia

La vittoria di Nawrocki, contro il candidato del governo, diretto da Donald Tusk, poi, brucia due volte. Perché proprio Tusk è Presidente del Consiglio di turno dell’UE. Inoltre, l’affermazione è frutto dell’apparentamento con un vero populista, Slavomir Mentzen, di cui all’estero si è parlato poco. È stato lui l’ago della bilancia. E lui ha letteralmente dettato un programma d’azione a Nawrocki (che quest’ultimo ha subito accettato e firmato), che è fortemente antieuropeista e, soprattutto, anti-ucraino. Ci spieghiamo: non nel senso che la Polonia si voglia sganciare da Kiev, beninteso. La Russia, per ogni polacco, resta (e resterà sempre) il nemico pubblico numero uno. Assieme ai tedeschi. Chi ha respirato l’aria di Varsavia queste cose le sa, prima di leggerle. No, Nawrocki ha giocato abilmente su un’accoppiata che ha messo assieme i disagi della quotidianità e la tradizione (nazionale e religiosa), sempre molto viva in Polonia. I polacchi sono gelosi della loro indipendenza e della libertà, conquistate col sangue in tutta la loro storia. E non amano le imposizioni degli stranieri, percepite come diktat.

Città e campagne tra la burocrazia

Ora, è possibile che, in qualche circostanza, la burocrazia dell’Unione Europea abbia fatto il passo più lungo della gamba. Insomma, non bastano le sole promesse di lauti finanziamenti comunitari per accaparrarsi la benevolenza di un popolo. Il resto l’ha fatto la profonda divisione che ancora esiste tra città e campagne, con Nawtocki che ha raccolto bottino pieno con gli agricoltori e le piccole comunità. Ieri, alla prima conferenza stampa su TVP (Televizja Polska) un nervosissimo Szymon Holownia, Maresciallo del Sejm, la Camera bassa del Parlamento, ha messo in primo piano la questione cruciale che aprono queste elezioni: la «koabitacja». La ‘coabitazione’, tra il Premier della coalizione centrista (Donald Tusk) e il nuovo Presidente Nawrocki, espressione del blocco conservatore e populista. Queste Presidenziali, infatti, sono state la classica buccia di banana, sulla quale rischiano di scivolare, rovinosamente, molti dei progetti geopolitici della ‘nuova’ Unione Europea, quella che il duopolio franco-tedesco cerca di dirigere, assistito (dall’esterno) dall’ondivago inglese Starmer.

Tusk ‘anatra zoppa’

Dunque, l’attuale premier Donald Tusk (della Piattaforma Civica di centro), sarà, come si dice in America, la ‘lame-duck’, l’anatra zoppa. Nel senso che a tutte le leggi proposte (e approvate col via libera del governo), il nuovo Presidente potrà mettere il veto. Affondandole o complicando di molto l’iter per una riproposizione delle norme, dato che per il cosiddetto «overriding» (scavalcamento del veto) ci vogliono i 3/5 dei voti (che la maggioranza non ha). Questo «collo di bottiglia» già esiste, perché l’attuale Presidente, Andrzej Duda, fa parte del blocco conservatore. Quindi, la speranza di Tusk (e della Von der Leyen) era che Trzaskowski vincesse. Ora, invece, la Polonia resta ‘ingessata’ se non peggio. E la prima valutazione da fare è quella sulla maggioranza di governo di Donald Tusk (la Piattaforma Civica), che sosteneva il candidato centrista. Inutile girarci intorno: il voto è stato una solenne bocciatura. La sensazione è che Tusk (che è anche stato Presidente dell’Unione Europea) abbia sottovalutato il suo avversario.

Nawrocki, passato «questionable»

In effetti Nawrocki, almeno sulla carta, sembrava avere un curriculum dal passato un tantino «questionable», fatto apposta per perdere. E poi era sostenuto da quel Partito di Diritto e Giustizis (creatura dei gemelli Kaczynsky), arroccato su posizioni decisamente conservatrici e oltranziste. Insomma, il ‘vecchio’. Solo che alla sua destra c’era ancora spazio per un ‘radicalismo nuovo’, che è stato intercettato, come abbiamo visto, dall’astro nascente (e bizzoso) di Mentzem. Il vero «populista» della situazione. Codesto ‘Masaniello’ tutto legge e ordine (ma sostanzialmente anti-sistema) ha fatto breccia tra i giovani, riuscendo a pescare un 13% al primo turno. Una dote che poi ha speso, fissando un programma di apparentamento in otto punti che è stato firmato da Nawrocki, ma rigettato da Trzaskowski. Perché? Perché quella lista di clausole da osservare contiene degli indirizzi politici che, su diversi temi internazionali, vanno decisamente nella direzione contraria a quella auspicata da Bruxelles.

Iper-nazionalismo anti Ue e ‘volonterosi’

In particolare, al punto 2 si dice: “Non firmerò alcuna legge che limiti la circolazione del denaro contante e proteggerò lo zloty polacco; al 4: “Non permetterò che soldati polacchi vengano inviati in territorio ucraino”; al 5: “Non firmerò la legge sulla ratifica dell’adesione dell’Ucraina alla NATO”; al 7: “Non accetterò il trasferimento di alcuna competenza delle autorità della Repubblica di Polonia agli organi dell’Unione Europea”; all’8: “Non firmerò la ratifica di alcun nuovo trattato dell’UE che indebolisca il ruolo della Polonia, ad esempio: indebolendo il suo potere di voto o eliminando il diritto di veto”. Ecco perché, in sostanza, si può parlare senz’altro di uno smacco per Bruxelles. I polacchi che votavano per Nawrocki (oltre 10 milioni e 700 mila, solo 400 mila in più di Trzaskowski), sapevano per che cosa o contro che cosa stavano votando.

Trzaskowski come candidato Ue

Rafal Trzaskowski, alla luce di queste proposte, non è solo il candidato di Donald Tusk e della Piattaforma Civica, ma diventa anche, de facto, l’uomo su cui puntano la Von der Leyen e la Commissione di Bruxelles, per stabilizzare l’ennesimo socio ‘problematico’. Anche perché, la Polonia è solo l’ultimo di una fila (lunga) di Paesi in «crisi di sistema», dove i «populisti» crescono come i funghi. Quando non dilagano. Quindi, o gli elettori sono tutti diventati improvvisamente neo-fascisti, oppure, a Bruxelles gli scienziati politici dell’UE devono studiare meglio.

I fatti hanno confermato queste previsioni, con un’aggravante: i primi commenti, anziché sforzarsi di studiare i flussi elettorali e capirne le dinamiche, sentenziano sulla «deriva populist’. Probabilmente non conoscono la Polonia. È pensabile anche che abbiano un’opinione fin troppo positiva del modus operandi dell’Unione Europea. E, certamente, non sanno che il ‘sale’ della democrazia è essere sconfitti, accettarlo e preparare la rivincita. Ammettendo anche i propri errori, è chiaro.

 

Condividi:
Altri Articoli
Remocontro