
L’attuale premier Donald Tusk
Questo ‘collo di bottiglia’ già esiste, perché l’attuale Presidente, Andrzej Duda, fa parte del blocco conservatore. Quindi, la speranza di Tusk e del fronte riformista-europeista (chiamiamolo così) è che il loro candidato, Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, ce la possa fare. Gli scenari elettorali, però, sono alquanto complessi, perché la Polonia (per chi la conosce bene) è già, di per sé, un Paese nel quale gli umori popolari sono difficili da interpretare fino in fondo. Per cui, azzardare previsioni sembra un’impresa. Intanto, occorre dire che, al primo turno, i due sfidanti erano separati solo da meno del 2% (31,36% Trzaskowski e 29,54% Nawrocki). Secondo gli ultimi sondaggi prima del ballottaggio, questa distanza si è ulteriormente ridotta, arrivando a pochi decimali, almeno per ‘Ibris’, che dà Trzaskowski al 45,7% e Nawroncki al 44,9%. I numeri proposti invece da ‘OGB Sondaz’, vedono addirittura vincente di oltre due punti e mezzo Nawroncki, che viene accreditato di un 48%, contro il 45,5% del suo avversario.
Ma al di là della battaglia dei numeri, occorre spiegare che in questa furibonda mischia si è inserito, con prepotenza, il ‘terzo incomodo’, cioè colui che potrebbe essere l’ago della bilancia, avendo raccolto al primo turno il 15% dei consensi. E qui bisogna arrampicarsi sugli specchi, per capire cosa stia passando per la testa dei polacchi. Il candidato ‘che spariglia’, infatti, sembra uscito da una scuola di formazione dell’estrema destra, che farebbe impallidire (dicono) anche i muscolari ‘politiker’ di Alternative fur Deutschland. ‘Pan’ Slawomir Mentzen è un radicale in doppio petto che, a quanto pare, spopola tra i giovani. Ha preparato un programma di ‘apparentamento’ che sembra dettato dalla segretaria di Trump, e sotto il quale (‘ il candidato del blocco nazionalista e conservatore, Nawrocki, ci ha messo dieci firme. Tutto fatto dunque? Non è detto.
Il ballottaggio non è mai la somma aritmetica dei risultati del primo turno e dei due candidati che si coalizzano. Le variabili che entrano nella creazione del consenso sono numerose e alcune possono essere imprevedibili. Intanto, per capirci qualcosa negli ‘affairs’ polacchi, dobbiamo toglierci il paraocchi ideologico. Anche il ‘centro-sinistra’ di Tusk e Trzaskowski è un blocco sostanzialmente moderato, con una dottrina economica e finanziaria genuinamente capitalista (liberaldemocratica) e, questo sì, legato mani e piedi alla Commissione di Bruxelles. Insomma, «europeista finché morte non ci separi». D’altronde, spazio per una vera sinistra, in Polonia, non ce n’è mai stato molto, nemmeno ai tempi di Gomulka e di Gierek. La differenza, dunque, la fanno i programmi? Si e no. Perché bisogna vedere di quale regione parliamo e anche a quali realtà specifiche, sociali ed economiche, ci riferiamo. Certo, nelle città dovrebbe vincere il più ‘illuminato’ Trzaskowski, mentre le campagne, più tradizionaliste, dovrebbero andare ai conservatori.
Il programma delle destre (mettiamoci dentro pure Mentzen) è un cocktail dosato, per tutti i palati. Specialmente a quell’8-10% di ‘indecisi’ che farà la differenza. Alcuni punti sono ‘invitanti’: tagli delle tasse e deregulation. Altri chiedono correzioni sul ‘green deal’ (‘verde’ troppo frettoloso con dannosi effetti collaterali sull’economia), nei rapporti con l’UE (ritenuta un carrozzone iperburocratizzato che distribuisce soldi a vanvera) e infine auspicano una politica estera diversa, soprattutto limitando l’impegno verso l’Ucraina.
Gli otto punti proposti sono stati subito firmati da Nawrocki e rifiutati da Trzaskowski.
Rafal Trzaskowski, alla luce di queste proposte, non è solo il candidato di Donald Tusk e della Piattaforma Civica, ma diventa anche, de facto, l’uomo su cui puntano la Von der Leyen e la Commissione di Bruxelles, per stabilizzare l’ennesimo socio ‘problematico’. Anche perché, come dicevamo, la Polonia è solo l’ultimo di una fila (lunga) di Paesi in ‘crisi di sistema’, dove i ‘populisti’ crescono come i funghi. Quando non dilagano. Quindi, o gli elettori sono tutti diventati improvvisamente neo-fascisti, oppure, a Bruxelles gli scienziati politici dell’UE si devono dare una regolata.
«La Polonia è oggi un paese importante in Europa, il più grande paese dell’Europa centrale, sul ‘fianco orientale’ dell’UE, al confine con l’Ucraina e il suo cordone ombelicale con l’Occidente. E Varsavia, insieme a Parigi, Londra e Berlino, fa parte della leadership della ‘Coalizione dei volenterosi’ che sostiene l’Ucraina e definisce la strategia contro Putin… e Trump! Ed è ora il Paese che spende di più per la difesa, raggiungendo presto il 5% del suo PIL».