
Due fazioni armatissime. Le’ ‘Fas’ di Al-Burhan hanno il controllo del nord e dell’est del paese, mentre le ‘Rsf’ sono asserragliate in alcune aree del sud e hanno il quasi totale controllo dell’ovest, nella regione del Darfur. Forze pseudo governative originate da un golpe, contro forse ribelli, ‘Forze di supporto rapido’, nate dallo stesso altro golpe, e il guerra dopo la rottura del piano di spartizione del potere.
Il Sudan, terzo paese più grande dell’Africa, è dilaniato da una guerra civile tra il capo dell’esercito sudanese (Fas), il generale Abdel Fattah Al-Burhan, e il generale Mohammed Hamdan Dagalo, leader dei paramilitari delle Rsf. Il conflitto è iniziato esattamente il 15 aprile 2023 – e ha causato centinaia di migliaia di morti decine di milioni di sfollati interni o rifugiati nei paesi vicini come Egitto, Libia, Ciad, Repubblica Centrafricana, Etiopia e Sud Sudan. Secondo l’Onu e l’Unione Africana, si tratta della «peggiore crisi umanitaria al mondo». Entrambi gli schieramenti sono accusati «di atrocità e crimini di guerra».
Decine di corpi gettati in alcuni container nella periferia di Salha, la scoperta da parte dell’esercito nazionale della regione della Khartoum. Ora il leader del paese, Abdel Fattah Al-Burhan, guarda al Darfur e alla regione del Kordofan, ancora sotto il controllo della milizia paramilitare delle Forze di supporto rapido (Rsf), con cui l’esercito nazionale è in guerra dal 15 aprile del 2023.
Nella città di Salha, la conferma dei racconti dell’orrore che circolavano nelle settimane precedenti: stupri, violenze ed esecuzioni nei villaggi conquistati e controllati fino a quel momento, a testimoniarlo i corpi dei civili nei container. Ma la «più grande crisi umanitaria al mondo», con 12 milioni di sfollati interni e 25 milioni di persone alla fame non è una esclusiva dei ribelli dell’Rsf.
Il Darfur, tra le regioni più ricche di minerali e oro al mondo, rimane sotto il controllo delle Rsf che nelle ultime settimane hanno aggiornato il loro equipaggiamento militare con l’utilizzo di droni, arrivando a colpire la città di Port Sudan, che dall’inizio del conflitto funziona da capitale amministrativa e da snodo logistico-umanitario.
Sfollamenti forzati dai villaggi da parte delle ‘forze di supporto rapido’ nella regione del Kordofan-Ovest, governata dalla milizia, che produce l’80% alle esportazioni di bestiame e agricoltura del Sudan. E le Nazioni Unite interrompono i voli umanitari dopo il terzo pesante bombardamento sulla città di Port Sudan, che dall’inizio della guerra funziona da centro politico e logistico a causa dell’assedio sulla capitale Karthoum. Gli attacchi hanno colpito l’aeroporto internazionale, il porto e alcuni depositi petroliferi.
Aumentati a dismisura i profughi in fuga verso il Ciad, che ospita già 1.3 milioni di sfollati: secondo l’agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) quasi 20mila persone sono arrivate solo nelle ultime due settimane, mentre altre 10mila sono ancora in viaggio. Il loro viaggio verso la salvezza è stato pericoloso, hanno subito rapine ed estorsioni ai posti di blocco e ripetute minacce lungo il percorso». Secondo quanto riferito, diverse persone ferite, tra cui bambini e donne anziane, sono cadute dai veicoli durante la fuga caotica».
Il Ciad orientale è accusato dal governo sudanese di trasporto di armi e munizioni delle Rsf attraverso due aeroporti di confine. Accuse confermate da alcuni rapporti delle Nazioni Unite, che hanno rilevato un traffico aereo sospetto. L’utilizzo di droni da parte delle Rsf, cominciato qualche settimana fa, ha segnato un drastico cambiamento nel conflitto, incrementando la capacità della milizia paramilitare di colpire infrastrutture chiave come la stazione elettrica di Dongola, il cui attacco ha causato blackout in tutto il paese.
Il leader e comandante dell’esercito pseudo governativo Abdel Fattah Al-Burhan, salito al potere con un colpo di stato nel 2021, ha accusato gli Emirati Arabi Uniti di fornire armi e supporto logistico alle Rsf, con una denuncia per complicità nel genocidio della comunità masalita, la popolazione sudanese locale. Assenza di elementi certi ed elementi di crudeltà contrapposte.
Il rapporto 2024-2025 di Amnesty International denuncia l’uso dello stupro come arma di guerra diffusa, oltre 27mila morti e 33mila feriti tra aprile 2023 e dicembre 2024, e «grandi quantità di armi provenienti da Cina, Russia, Turchia ed Emirati Arabi» importate in Sudan, mentre gli appelli della società civile e della comunità internazionale per la fine delle ostilità rimangono sostanzialmente inascoltati.
Le Nazioni Unite e gli Stati Uniti assieme, in questo caso hanno condannato l’attacco delle Rsf a Zamzam e l’uccisione di personale della Croce Rossa Internazionale all’interno dell’ultimo ospedale ancora funzionante nel campo. Un ultimo rapporto della Croce Rossa, rileva che «oltre due terzi dei sudanesi sono privati di cure mediche», precisando che «l’80% degli ospedali del paese non sono più operativi». Forse come Gaza, ma senza tutori internazionali potenti e complici.