Il silenzio e la tempesta

Che cosa auguro a tutti noi? Il silenzio e la tempesta.

Silenzio e pensiero, gentilezza rivoluzionaria. E la tempesta, quella che portano nelle strade i giovani. Il loro canto, i loro slogan.

La preghiera fragile, come sussurro interiore, delicato potente di parole che scolpiscono, perché sono pietra e vento. Di quelle che sfiorano, di quelle non dette. Di poesia lasciata fiorire sulle matite dei bambini, di fogli di quaderno accartocciati e dimenticati in un cassetto. Di visioni seminate nel sogno perché domani sia un abitare di sguardi lunghi e rispetto. Perché domani ci sia.

Anche la lotta, perché niente viene concesso dal potere se non attraverso la lotta. Lotta per cambiare l’inerzia della storia tragica, del potere belluino e feroce che fa della disumanità e dell’ingiustizia sociale il suo codice.

Silenzio, tempesta, lotta, preghiera. Pensiero e azione per un sottrarsi, quando lo spartito dell’epoca suona incessante banalità. Uno sguardo attraverso, uno scartare di lato, spiazzante per meglio osservare il mondo. Un lasciare che il dolore scenda tiepido nel cuore e svegli la necessità dell’agire semplice e coerente; uno spalancare sguardo e spegnere il frastuono di questi mille viavai frenetici che ci fanno correre imperterriti, modaioli, obnubilati dall’inutilità che distilla obbedienza. Bombardati da tutto, da guerre, da scuse, da slogan, da furbizie; dal divertimento roboante a colmare un vuoto di coscienza, dall’ignoranza che perfida scava cunicoli di cattiveria e ci spinge ad assuefarci, ad adeguarci col sorriso stampato in un selfie come un ghigno e un marchio di moda, a un luogo instagrammabile. Lungo percorsi di odio e di brutalità, di indifferenza e paura. Non vivere, ma correre ovunque. Sapendo tutto, senza conoscere niente.

Auguro a tutti noi il rumore di questa primavera. Che ci restituisca silenzio e dolcezza, bellezza e gioia di vivere. Un futuro in cui valga la pena vivere.

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