Decadenza della diplomazia occidentale, Papa Leone XIV scuote

Doppia lettura dei fatti a sottolinearne l’importanza. Il nostro Piero Orteca, e seguire ‘in stampa’ Alberto Bobbio, amico e pregiato vaticanista che dopo molti Balcani condivisi da Inviato di Famiglia Cristiana, oggi non invecchia con l’Eco di Bergamo. Subito la lettura geopolitica del neo Papa con i diplomatici alla Santa Sede

Dall’inutile strage al riarmo senza senso

Il nuovo Pontefice non perde tempo e s’inserisce, immediatamente, nel solco appena arato da Papa Francesco: pace! Il mondo ha bisogno di pace e i ‘potenti’ la devono perseguire, ripudiando la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti. Sembra la solita formuletta, pronunciata in modo scontato, vista l’autorità dalla quale arriva. E invece no, questa volta non è così. Leone XIV, grande e raffinato teologo agostiniano, ha parlato davanti alla platea degli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. E a leggere con attenzione il suo discorso, non si può non sottolineare un formidabile (e illuminante) salto di qualità, rispetto all’analisi che la Patristica fa della guerra. Papa Leone, in un certo senso, va oltre la ‘guerra giusta’ (in casi estremi) tollerata da Sant’Agostino. E con il suo approccio sempre lieve e contemporaneamente deciso, fa un’analisi lucidissima di quello che potremmo definire l’attuale «deficit di diplomazia della politica internazionale». Insomma, parla più da Papa che da storico della teologia e, pur rispettando la ‘Città di Dio’ agostiniana, alza la sua voce per dire «no alla guerra», di qualsiasi tipo.

Diplomazia multilaterale

«In questa prospettiva – sostiene Leone – è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese che potessero insorgere in seno alla Comunità internazionale. Certo, occorre anche la volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte, poiché, come ricordava Francesco, nel suo ultimo messaggio urbi et orbi, ‘nessuna pace è possibile senza un vero disarmo e l’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa, non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo’». Un’esortazione non di circostanza, che ricorda prese di posizione altrettanto dure, manifestate dalla Santa Sede in epoche storiche molto difficili, come quella che stiamo vivendo.

Le ‘inutili stragi’

Da Benedetto XV, il Papa dell’amara esortazione a smetterla «con l’inutile strage» della Prima guerra mondiale, fino alla monumentale enciclica «Pacem in terris» di Giovanni XXIII, la chiesa cattolica si è progressivamente preoccupata di cercare un ruolo di mediazione, per contribuire alla salvaguardia della pace nel mondo. E, anche se oggi viviamo in una società molto più secolarizzata, non bisogna trascurare il peso che questa istituzione continua ad avere in Occidente, America Latina e molte regioni del Sud del pianeta. Certo, è difficile che il Papa di Roma abbia un’influenza tangibile sulle popolazioni ortodosse (e sui vertici) dell’Est. Ma ne ha, e di sicuro, significativamente di più, in Europa, dove masse sempre più larghe di cittadini abbandonano governi che, a torto o a ragione, sono giudicati ‘guerrafondai’.

Riarmo a perdere anche il consenso

La corretta domanda da porsi, dunque, non è «se il potere russo sarà convertito da Papa Leone», ma piuttosto «quanti elettori perderanno gli attuali leader del Vecchio continente». Essendo tutti fautori, chi più chi meno, di uno stratosferico riarmo «in vista di future invasioni». Altro che Sant’Agostino e i sacri tomi della Patristica. Qui, forse, ci vorrebbe il professor Sigmund Freud, magari con l’aiuto e la supervisione di Alessandro Alberoni, che col suo «L’arte del comando» potrebbe fare rinsavire alcuni ‘statisti’, che rischiano di affogare nel loro ego. La verità è che Papa Leone gioca in casa, perché le sue doti di comunicatore ‘gli vengono da lontano’. E, infatti, il prosieguo del suo discorso, fatto agli ambasciatori, è una summa di tutte quelle cose (buone) che i politici non solo non dicono mai. Ma forse nemmeno pensano.

Per la pace serve la giustizia

«Perseguire la pace – sostiene Leone XIV – esige di praticare la giustizia. Come ho già avuto modo di accennare, ho scelto il mio nome pensando anzitutto a Leone XIII, il Papa della prima grande enciclica sociale, la Rerum Novarum. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali». «Occorre – conclude il Papa – peraltro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società».

Un inno alla multiculturalità e all’equa distribuzione delle risorse, che cominci dal basso e si estenda a tutto il pianeta, contro ogni ‘pensiero unico’. Ma anche un modo per non farsi più guerra, dato che non esiste una «vittoria per sempre». Perché, chi perde si vorrà sempre rifare.

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