
‘Ri-Nato’. Telefonata di gruppo da Kiev a Washington: ultimatum comune a Mosca. Gli europei festeggiano ma a decidere è solo il tycoon, sottolinea Sabato Angieri. Dopo le celebrazioni della vittoria e l’esibizione di forza e di consenso a Mosca, per Putin un formale avvertimento. I leader della «coalizione dei volenterosi» riuniti a Kiev hanno sentenziato che dovrà iniziare una tregua totale di un mese per avviare negoziati di pace diretti tra Ucraina e Russia. «Se Mosca non dovesse accettare la minaccia è quella di ‘nuove e massicce sanzioni immediate’ e gli americani su questa linea». Poi l’apertura di Putin a negoziati diretti con Kiev che scompiglia di nuovo le carte. E riapre una crepa. Gli europei, a cominciare da Macron, fiutano l’ennesimo bluff. Ma il diktat lanciato nel pomeriggio da Trump a Zelensky è perentorio. L’incontro a Istanbul si deve fare. «Immediatamente», scrive il leader Usa su Truth.
«La Nato e la Coalizione dei volenterosi continuano a stare al fianco dell’Ucraina». Lo ha scritto su X il segretario generale dell’Alleanza atlantica Mark Rutte. Mentre, secondo il Jerusalem Post, che cita fonti diplomatiche di Paesi del Golfo Persico, il presidente statunitense Trump sta pensando di annunciare il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte degli Stati uniti, il più importante alleato di Israele.
Per Alberto Negri, sul manifeszto, «i ‘volenterosi europei’ sono un’accolita di capi di governo deboli che non hanno nessun appoggio dell’opinione pubblica, stanca dopo tre anni di guerra inutile in cui Vladimir Putin non ha rovesciato Volodomyr Zelensky, e migliaia di russi e ucraini sono morti per niente». Contro la ‘Fake news’ che sono da sempre armi in tutte le guerre. Più crudele l’ipotetico riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di Trump a fermare il genocidio di Gaza. «Ma davvero crediamo che Trump possa riconoscerli? Se mai accadesse sarebbe un colpo fatale alla geopolitica statunitense e atlantica. In questi decenni gli Stati uniti si sono legati allo Stato ebraico mani e piedi, al punto che oggi abbiamo un complesso militar-industriale israelo-americano».
Ancora ‘Ri-Nato’. Telefonata di gruppo da Kiev a Washington: ultimatum comune a Mosca. Gli europei festeggiano ma a decidere è solo il tycoon, sottolinea Sabato Angieri. Dopo le celebrazioni della vittoria e l’esibizione di forza e di consenso a Mosca, per Putin un formale avvertimento. I leader della «coalizione dei volenterosi» riuniti a Kiev hanno sentenziato che da oggi dovrà iniziare una tregua totale di un mese per avviare negoziati di pace diretti tra Ucraina e Russia. Se Mosca non dovesse accettare la minaccia è quella di «nuove e massicce» sanzioni immediate. Francia, Gran Bretagna, Germania e Polonia ci provano ma non sono molto credibili.
Dopo l’incipit di Alberto Negri dal ’fronte occidentale’, da Mosca la successione delle bugie o delle ‘sparate’ inutili ci pensa Medvedev che ha invitato i ‘volenterosi’ a usare personalmente la loro ‘proposta’ in maniera, some dire, ‘volgare‘. Alla fine il portavoce del Cremlino ha chiarito che «premere sulla Russia in questa questione è inutile. Abbiamo una nostra posizione riguardo al cessate il fuoco, e valuteremo questa nuova proposta». Non una chiusura totale, «il che è già di per sé una notizia insolita», sottolinea Angieri.
«Il presidente Putin non vuole avere un cessate il fuoco con l’Ucraina ma vuole vedersi giovedì in Turchia per negoziare una possibile fine si questo bagno di sangue». «Prima un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni e poi, durante questo periodo, si passa a una discussione di pace globale. Non il contrario», spara Keith Kellogg, l’inviato speciale di Trump per l’Ucraina, replicando indirettamente al presidente russo. L’ucraino Zelensky, sui social ha dichiarato di aspettarsi che Mosca si impegni per un cessate il fuoco di 30 giorni a partire da lunedì e che Kiev è “pronta” per colloqui diretti con la Russia.
Per mesi Parigi e Londra (Italia esclusa) hanno provato una fuga in solitaria verso nuovi equilibri europei, in alternativa alla Nato e alle decisioni della Casa Bianca. Finora nessun risultato, solo proclami sempre più stanchi e retorici. Ma se Trump non si fosse detto d’accordo sulla tregua di trenta giorni certo non sarebbe successo niente. Con due conclusioni evidenti: i volenterosi hanno poco da esultare nei fatti e la scommessa dell’Ucraina sta pagando. Certo, com’è accaduto più volte nei mesi scorsi, Trump potrebbe cambiare idea in due ore e affossare l’ultimatum.
«Zelensky politico improvvisato ma molto abile», concede Fulvio Scaglione. «Basta vedere quanto ha tenuto in ballo Donald Trump con la questione delle terre rare». Domanda chiave: «Perché, dunque, di colpo ha accettato non solo di trattare con la Russia (cosa che ha persino fatto vietare per legge), non solo di incontrare Putin (altra cosa che è stata per anni considerata una bestemmia) e di farlo rinunciando alla clausola dei 30 giorni di tregua che da mesi sembrava scolpita nel marmo?»
La convinzione che con i “volenterosi” non sarebbe andato lontano. Dei quattro leader a Kiev, due (Merz e Tusk) hanno già escluso di mandare truppe per formare la famosa ‘forza di garanzia’ che, siglata la pace, dovrebbe proteggere l’Ucraina; gli altri due (Macron e Starmer) difficilmente riuscirebbero a mettere insieme, anche con qualche contributo minore, i 25 mila soldati che tale forza dovrebbe schierare. Gli europei, nella testa di Zelensky, servono a ottenere armi e denaro, e poco più. L’unica garanzia di cui davvero gli importa è quella degli Usa.
Il famoso accordo sulle terre rare, che più o meno dice questo: Usa e Ucraina costituiscono un fondo da 100 miliardi di dollari (50 a testa) per sfruttare le terre ed estrarre i minerali preziosi che esse contengono. L’Ucraina non ha un dollaro quindi metterà i suoi 50 miliardi man mano che comincerà a guadagnare dall’estrazione e dallo sfruttamento. Gli Usa, in compenso, possono coprire i loro 50 miliardi anche in… armi. Ma nessuno sa con esattezza che cosa ci sia da quelle parti nel sottosuolo, mentre è difficile che gli eventuali giacimenti producano un qualche profitto prima di dieci anni.
Concludendo: attraverso quell’accordo, Zelensky ha ottenuto dagli Usa le famose ‘garanzie di sicurezza’ un bonus armi e/o denaro da 50 miliardi valido dieci anni- che aveva a lungo chiesto agli Usa. I quali -sospetto attendibile- devono aver fornito al Presidente ucraino anche qualche garanzia sul ‘dopo’, sul suo futuro personale e sull’assetto di potere che egli rappresenta per quando la guerra sarà finita.