Romania e Australia: forzature elettorali opposte a perdere

Effetto Trump pro e contro. Australia a colpi di dazi Usa, e il primo ministro laburista Anthony Albanese stende la destra con percentuali altissime. Romania Ue, il candidato Simion filo Trump (e Russia), anti-Ue e anti-Nato, in testa alle presidenziali supera il 40% e al ballottaggio sarà sfidato da Dan, il sindaco di Bucarest filoeuropeo dopo la discussa esclusione delle precedenti elezioni vinte da un candidato filo russo.

In copertina l’italo-australiano vincente, qui, i due attuali vincitori in Romania

Il nodo dolente dell’Ue vicino a casa nostra

La Romania sceglie un altro nazionalista anti-Ue e anti-Nato al primo turno delle presidenziali bis, dopo quelle di novembre vinte da Calin Georgescu e annullate dalla Corte Costituzionale per irregolarità finanziarie e ingerenze russe. Con il 99% delle schede scrutinate il leader del partito nazionalista Aur e sostenitore del presidente americano Trump (e della Russia), ha ottenuto il 40,5% dei voti e se la vedrà ora nel secondo turno con Dan, sindaco di Bucarest, balzato al secondo posto con il 20,9% delle preferenze contro il 20,3% del candidato della coalizione di governo Crin Antonescu. Di fatto, governo sconfitto due volte.

Ritorna l’escluso GeorgescuIl nodo dolente dell’Ue vicino a casa nostra

Simion si è presentato al seggio con Georgescu, l’ex candidato, estromesso dalla corsa dai giudici dopo presunte ingerenze russe veicolate su TikTok: «Siamo qui con una sola missione, il ripristino dell’ordine costituzionale, il ripristino della democrazia», ha dichiarato il probabile futuro presidente che lascia trasparire la possibilità di conferire proprio a Georgescu l’incarico di premier. La giornata elettorale è stata segnata da attacchi informatici coordinati. L’episodio -scrive l’Ansa-, «rientra in un contesto di pressione ibrida che ha già visto la Romania bersaglio di decine di migliaia di attacchi informatici nel corso degli ultimi mesi».

Voto decisivo della diaspora

In questo clima il voto ha visto una partecipazione nazionale del 53,16%, in netto aumento rispetto al voto annullato di novembre. Particolarmente significativa la mobilitazione della diaspora, dove quasi un milione di romeni ha votato nei tre giorni dedicati al voto estero: una cifra da record assoluto. Nonostante la centralità mediatica degli exit poll, la loro attendibilità è sotto osservazione. Secondo analisi di istituti e giornalisti indipendenti, circa il 50% degli elettori ha rifiutato di dichiarare per chi ha votato, riducendo l’affidabilità delle proiezioni. Un fenomeno simile era accaduto nel novembre 2024, quando i dati di uscita dalle urne si rivelarono profondamente sbagliati, contribuendo alla delegittimazione del voto poi annullato.

Australia sul fronte dazi Usa contro Trump

‘Grande Trump’, evoca nascostamente la sinistra internazionale. Dopo le elezioni in Canada, l’Australia. Un trionfo dalle dimensioni insperate per i laburisti di Anthony Albanese, che diventa il primo capo del governo a venire confermato per un secondo mandato dopo due decenni. «Ci voleva l’effetto Donald Trump, per spazzare via tutti i record consolidati. Ma, nel farlo, ha spazzato via anche i candidati percepiti come più vicini alla Casa bianca», segnala Lorenzo Lamperti sul manifesto. «L’Australia conferma gli indizi arrivati solo pochi giorni fa dal Canada: resistere al bullismo commerciale di Trump è visto con favore dagli elettori».

‘Lavoro equo, salari equi’

Ci si aspettava un distacco minimo e i laburisti erano già pronti a dover avviare le trattative con gli eletti indipendenti per raggiungere i 76 seggi necessari ad avere la maggioranza assoluta. E invece no. Nel giro di poche ore di conteggi, il centrosinistra aveva già raggiunto quota 86, più che abbastanza per governare da solo. E nella notte di Canberra, ha garantito «lavoro equo, salari equi e il diritto di staccare la spina quando si finisce di lavorare -annunciato- un’azione decisa per il clima e le energie rinnovabili», per poi citare il suo piano di assistenza sanitaria. Un’agenda progressista dopo che il referendum da lui promosso sulla rappresentanza parlamentare per le popolazioni indigene è naufragato.

Sottolineata la distanza siderale dalle posizioni di Trump, Albanese ha aggiunto che «governerà con stile australiano, perché siamo orgogliosi di ciò che siamo. Non abbiamo bisogno di elemosinare, prendere in prestito o copiare da nessun altro».

Copia mal riuscita di Trump

Lo sconfitto centrodestra ampiamente ispirato alla piattaforma ‘Maga’ Usa durante la campagna elettorale. Dutton, soprannominato dai rivali «Temu Trump» come fosse una versione a basso costo del presidente americano, puntava a una profonda riorganizzazione della burocrazia federale, con tagli alle assunzioni pubbliche che pareva disegnato sulle mosse di Elon Musk. Tentativo di correzione in ‘corso d’opera’, quando si sono accorti che i dazi del ‘Liberation Day’ stavano cominciando a ribaltare i sondaggi che fin lì erano a loro favorevoli. Troppo tardi, tanto che persino Dutton ha perso il suo storico seggio.

Anche Singapore anti Trump

Si è votato anche a Singapore, nel primo test elettorale per il premier Lawrence Wong, alla guida del governo dall’anno scorso dopo il lungo dominio della dinastia Lee. Il suo Partito d’azione popolare si avvia alla conquista di 87 seggi parlamentari su 97. Anche qui, le proporzioni della vittoria sono inattese e prendono forma dopo che Wong ha molto criticato i dazi di Trump, abbandonando parzialmente la storica cautela diplomatica della città-stato.

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