
Accade nel mezzo di una crisi economica, sociale e di sistema, che affligge pesantemente il Regno Unito, e che la straripante vittoria laburista dell’anno scorso non cominciato a risolvere. D’altro canto, ‘Reform’ è il sequel quasi logico di un film già visto: la Brexit, il cui movimento di sostegno è ora diventato il partito che turba i sonni del Premier, Sir Keir Starmer. Certo, i conteggi dei voti sono ancora in corso, ma quelli già scrutinati fanno apparire l’affermazione di Farage molto più di un semplice avvertimento. Intanto per le proporzioni. Il suo partito ha vinto a sorpresa, tra l’altro, per una manciata di voti (solo 6), le elezioni suppletive nazionali di Runcorn ed Helsby, ottenendo poi anche la prestigiosa presidenza-sindacatura del Great Lincolnshire. Ma, in generale, il boom di ‘Reform UK’ si è esteso a tutto il territorio in cui si è votato, con la clamorosa conquista di centinaia di seggi in decine di consigli comunali.
Altre tre importanti sindacature (Doncaster, North Tyneside e West of England) sono andate ai laburisti, ma il partito di Farage si è piazzato, a poca distanza. I risultati disaggregati e definitivi sono attesi per oggi, ma ormai la tendenza è chiara e tutti devono cominciare a fare i conti con un avversario e un elettorato clamorosamente sottovalutati dai ‘professionisti’ della politica. Chiamato a un immediato consulto dalla BBC, il professor Sir John Curtice, autorevole sondaggista, dipinge uno scenario da far tremare i polsi, prima di tutto all’inquilino di Downing Street, ma anche alla leader Tory, Kemi Badenoch. «Il Partito laburista – dice l’esperto – eguaglia il peggior punteggio nazionale previsto, mentre i Conservatori raggiungono il punteggio più basso di sempre. Questa è la prima volta – prosegue Curtice – che un partito diverso dai Conservatori o dai Laburisti è in testa nel calcolo della quota di voti prevista a livello nazionale. La stima del 30% per ‘Reform’ è ben al di sopra del 23% ottenuto dall’Ukip all’apice della sua popolarità, nel 2013. Il risultato del Partito laburista è pari al risultato più basso mai registrato nel 2009, mentre la stima dei Conservatori è la peggiore mai registrata dal partito».
Ciò che afferma Curtice, sulla base dell’analisi comparativa dei flussi elettorali, è fondamentale per comprendere non solo la portata, ma anche la natura della crisi politica inglese. Che appare come una vera e propria «crisi di sistema», dove l’improvviso successo di partiti non tradizionali, dichiarati ‘populisti’, viene liquidato come ‘forma di protesta’ solo transitoria. Spiega infatti il sondaggista che «questa è la prima volta che la quota combinata di voti per conservatori e laburisti è stata inferiore al 50%, il che sottolinea, come ho già segnalato in precedenza, la frammentazione della politica britannica in queste elezioni». Non è un caso, ma questa riflessione si può applicare, pressoché a specchio, a quella esistente in Germania con AfD. Specie nei laender orientali, che più di altri hanno subito i contraccolpi del conflitto ucraino e della politica ‘verde’ di Bruxelles, ritenuta da qualcuno troppo ‘talebana’. Forse è anche per questo che Farage stravince dove acciaierie e manifatture chiudono, per raggiungere il ‘net zero’.
Ecco ciò che pensa Rafael Behr sul progressista Guardian: «Kemi Badenoch riconosce che la scienza del riscaldamento globale è reale, ma solo in un secondo momento, una volta smesso di lamentarsi dei costi di una transizione verde e dell’improbabile tempistica prevista per realizzarla. Come nella maggior parte delle questioni – aggiunge l’editorialista – i Conservatori stanno adulando Nigel Farage con una pallida imitazione politica. Il leader di Reform UK definisce l’azzeramento netto ‘una follia’ che distrugge posti di lavoro e fa lievitare le bollette delle famiglie. La politica di Reform – spiega Behr – prevede di abolire completamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio e di tassare le energie rinnovabili». Sullo sfondo, tuttavia, c’è di più. «Reform UK, non essendo stato finora un partito colluso col potere centrale, pensa di ‘smarcarsi’ dal classico blocco bipartitico. Ponendo le sue condizioni. Può flirtare con i Conservatori o, in certe occasioni, magari fare blocco con i Liberal-democratici. Anche perché in questo momento, vista la situazione economica internazionale (per non parlare di quella politica) Starmer ha scarsi margini di manovra».
Qual è la ‘lezione’ che tutto il mondo politico britannico, quindi laburisti e conservatori assieme, devono prendere? Smetterla di sottovalutare la rabbia dell’elettorato. Come avverte il Daily Telehraph: «Un importante sondaggio prevede che Reform UK sia sulla buona strada per vincere le prossime elezioni generali», ribadisce il giornale citando l’ormai famosa proiezione della BBC. «Il partito di Nigel Farage avrebbe ottenuto il 30 per cento dei voti, 10 punti di vantaggio sui laburisti, al secondo posto con il 20 per cento. La BBC ha posizionato i Conservatori al quarto posto, con la proiezione più bassa di sempre del partito, pari al 15%, 10 punti in meno rispetto al precedente peggior risultato del 25% registrato nel 1995. I Liberal-Democratici erano terzi con il 17 per cento e i Verdi quinti con l’11 per cento»
Sulle ali di una catastrofe elettorale che accomuna destra e sinistra, gli stracci volano. Furibonda la cronaca del Guardian: «Starmer è sotto attacco da parte dei parlamentari laburisti dopo aver perso la sua prima elezione suppletiva». E non solo, perché se il seggio nazionale inopinatamente perso ferisce, ancora più rumore fanno le sconfitte a ripetizione subite in mezza Inghilterra. «Un importante parlamentare laburista – scrive ancora il giornale – ha affermato di essere rimasto piuttosto scioccato, da quanto sia stata compiacente la campagna, soprattutto a Runcorn ma anche a livello nazionale. ‘Tutti sembravano convinti che avremmo vinto con un margine ragionevolmente ampio. Il messaggio del Servizio sanitario nazionale non funziona contro Farage, ma il centro non ne ha voluto sapere, così come il fatto che l’impopolarità di Keir (Starmer, n.d.r.) fosse venuta fuori quasi a ogni porta’. Il risultato ha suscitato nuove critiche nei confronti della decisione del governo di attuare tagli all’indennità per il combustibile invernale e alle indennità di invalidità».
Ma, aggiungiamo noi, Sir Starmer i soldi per riarmarsi fino ai denti, però, li ha trovati lo stesso. Anche se poi guarda, quasi con disprezzo, lavoratori, operai e pensionati che forse non sono più una priorità per il suo modo di interpretare il socialismo.