Da Wojtyla a Bergoglio il papato nel caos del mondo

Nelle esequie televisive planetarie con la sfilata vanitosa del Grandi della terra, il ruolo morale e politico del papato, da Wojtyla a Bergoglio, nel mondo attuale. Prima, e succede sempre alla morte dei Papi. La salma di Jorge Mario Bergoglio non era ancora stata composta nella bara che già partivano i tentativi di ridimensionare, sopire, ridurre. Prima di scegliere il nuovo Papa. Addio Papa Francesco

 

L’ipocrisia politica dei ‘Grandi’

È la servitù che bisbiglia alla scomparsa del padrone di casa, il prologo in re minore alla grande cerimonia dell’ipocrisia politica, con i grandi (e i meno grandi) del mondo a Roma ai funerali di papa Francesco, in qualche caso sinceramente colpiti e tristi ma in generale incapaci di cogliere il segnale fondamentale. E cioè che il papato, si sia credenti o no (anzi, in particolare modo se non si crede e ci si limita a una prospettiva terrena) è da almeno cinquant’anni il vero e più affidabile faro nei marosi della modernità.

I papi del cambio millennio

Prima con San Giovanni Paolo II, eletto nel 1978, 26 anni e mezzo di pontificato (il terzo più lungo della storia), il Papa della fine del Muro e dei muri (104 viaggi apostolici, una distanza superiore a quella coperta da tutti gli altri Papi messi insieme), il presbitero che sanciva la superiorità della società liberale e insieme ammoniva contro le sue possibili degenerazioni. Poi con papa Benedetto XVI, il teologo Joseph Ratzinger, eletto nel 2005, capace nel 2013 di accendere un faro potente sulle degenerazioni nella Chiesa e nella società tutta con il gesto estremo delle dimissioni, e con la non meno rivoluzionaria gestione del ruolo inedito di «Papa emerito». E infine, appunto, papa Francesco, eletto nel 2013, il primo pontefice espresso dal continente americano, la personalità a cui, in questi anni, tutti gli uomini di buona volontà hanno guardato come a una bussola nei sempre più frequenti e più disastrosi conflitti.

Sottovoce le critiche pre Conclave

Eppure… «Wojtyla non era abbastanza severo con i preti pedofili, Ratzinger era debole, e Francesco…» Adesso, di colpo, la grande stampa laica sembra preoccupata di questioni che, laicamente, non dovrebbero avere grande importanza. Che gli scandali finanziari non sono finiti. Che forse l’ex cardinale Becciu è stato trattato con troppa severità. Che Bergoglio forse non si fidava abbastanza della curia italiana. Magari è tutto vero, ma… Se Nino non deve aver paura di tirare un calcio di rigore perché «non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore» (De Gregori, «La leva calcistica della classe ’68»), è da un cardinale o da qualche pasticcio bancario che si giudica un papato e il governo di un’organizzazione vasta e complessa come la Chiesa cattolica?

Il vero dietro ‘il mugugno’

Certo che no. E infatti non bisogna grattare molto per capire qual è il vero punto del mugugno. Bergoglio troppo severo con gli Usa, troppo critico con Israele, troppo morbido con la Russia, troppo cedevole con la Cina. Bergoglio troppo incerto nel distinguere tra «aggressore» e «aggredito». Siamo appena qualche passo prima del mantra consolatorio di questi anni: putiniano! Epiteto che sarebbe di certo arrivato se Bergoglio non fosse stato, che disdetta, Papa Francesco.

Papa disallineato

Vedrete, questo Papa disallineato come tutti i grandi Papi e come i suoi immediati predecessori, questo Papa che qualcuno avrebbe voluto trasformare in una ‘Kaja Kallas qualunque’, sarà presto ricordato come colui che, alla pari di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, nelle cose del mondo aveva visto lungo e visto giusto, a partire dalla fulminante definizione della «guerra mondiale a pezzetti» del 2014, purtroppo perfetta anticipazione di ciò che avremmo visto negli anni a seguire, fino a temere non più i «pezzetti» ma un unico e definitivo pezzo, quello del conflitto nucleare.

Chiamare le cose col loro vero nome

Ricorderemo Bergoglio come la personalità che ha avuto il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, a dispetto delle convenzioni e dei diversi randelli ideologici branditi da questo o quello. Il Papa che nel 2022 si reca personalmente dall’ambasciatore russo presso la Santa Sede per chiedere il cessate il fuoco in Ucraina è lo stesso che nel 2024 esorta ad avere il coraggio di alzare la bandiera bianca per fermare la guerra. È il Papa che di fronte al progetto di pulizia etnica a Gaza sdogana la parola «genocidio». È il Papa che non ha esitato a visitare i fronti delle guerra in atto o delle guerre in fieri, soprattutto quelle nelle periferie del mondo, facili da accendere e poi dimenticare. È il Papa che sa bene quanto lo sventolio delle bandiere sia utile per nascondere la sofferenza delle persone. Il Pontefice che non rinuncia mai ai tentativi di composizione dei conflitti, come ben sa il suo inviato in Russia e Ucraina, il cardinale Zuppi, e che fa l’ultima telefonata della sua vita a Gaza.

Celebrazioni e critiche pelose

Pochi, in queste ore di rituali celebrazioni e critiche pelose, ricorda il concetto che, forse più di qualunque altro, Papa Francesco ha tenuto a ribadire nel corso del suo papato, tanto che in diverse formulazioni lo ritroviamo in due encicliche (Lumen Fidei e Laudato Si’) e in due esortazioni apostoliche (Evangelii Gaudium e Amoris Laetitia). Ovvero l’idea che «il tempo è superiore allo spazio». Riprendiamo la formulazione della Evangelii Gaudium: «Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi».

Il tempo superiore allo spazio

«Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci».

Convinzioni chiare e tenaci

Papa Francesco ha certamente avuto «convinzioni chiare e tenaci» e sulla base di queste ha certamente provato a «privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società». Il tempo ci dirà cose che lo spazio sociale e politico di oggi non vuole ammettere.

 

 

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