Gli indifferenti e i cittadini partigiani

Oggi festeggiamo la Liberazione dal nazifascismo del 25 aprile del 1945. Ma non deve essere un rituale retorico, un ritirare fuori dal cassetto per un giorno la bandiera dell’antifascismo, occorre che sia una pratica culturale e politica viva. Oggi festeggiamo 80 anni di Liberazioni, di lotte per tenere alta la bandiera della nostra libertà, per difendere gli spazi della nostra democrazia dall’assalto costante di chi vuole restringerli, cancellando diritti civili e sociali, principi di solidarietà e uguaglianza.

Tutte le resistenze da quella dei partigiani

Celebriamo la Resistenza, quella civile e quella armata dei nostri partigiani e delle nostre partigiane. E i movimenti femministi, gli operai in sciopero, le autogestioni per salvare il tessuto sociale dalle rapine del lavoro, le manifestazioni pacifiste, la battaglia contro il razzismo, la solidarietà dei cittadini per chi scappa dalle guerre, per i migranti, per chi è più fragile. Celebriamo i battaglieri di ogni età che non si arrendono di fronte all’avanzata prepotente, ignorante e arrogante, di un potere cinico e feroce, che lascia morire in mare i poveri che cercano una vita diversa, che finge di non vedere i massacri quotidiani perpetrati dagli amici alleati e criminali di guerra.

Attivisti e antifascisti tutti i giorni, in ogni luogo. Senza cedere ai principi dell’indifferenza che tanto vengono suggeriti, culturalmente, mediaticamente e politicamente.

‘Orgoglio antifascista’

In tante città, in questi giorni, sono apparsi bellissimi manifesti di CHEAP (progetto di arte pubblica femminista e indipendente) e Arci intitolati ‘Orgoglio antifascista’. «L’antifascismo è una postura, una prospettiva. Un modo di stare al mondo, di dichiarare da che parte stare. Un gesto di adesione, ma anche di rivendicazione: un antifascismo fiero, situato, radicale, necessario».

Quindi, con orgoglio, tiriamo un filo tra memoria e contemporaneità, con parole importanti, scritte nel 1917 da Antonio Gramsci. Parole che continuano a istruirci, agitarci e – il tempo lo richiede – ci spingono a organizzarci.

Antonio Gramsci e gli indifferenti

«Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare».

Poche mani sulla vita collettiva

«Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?».

Piagnisteo da eterni innocenti

«Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime».

Sono partigiano

«Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».

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