
Addio a Papa Francesco, l’argentino che rivoluzionò la Chiesa
L’annuncio del cardinale Farrell: ‘Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre’
Piazza San Pietro stamane
La Chiesa tedesca ragiona e contesta sui temi cruciali degli abusi sessuali da parte del clero, dei matrimoni gay e dei diritti trans. Qualche critica è feroce, come quella del teologo Andreas Lob-Hüdepohl. «Nessuno sa dove va, cambiando sempre idea. Non c’è linea nelle sue azioni, nessuna logica». Bersaglio Papa Francesco e critica più politica che teologica. Fronte opposto. ‘Francis’ ha dovuto affrontare attacchi dei conservatori, preoccupato di essere andato troppo oltre su temi come l’omosessualità, l’aborto e il capitalismo disumano. Ma quelli riuniti a Berlino si lamentano esattamente del contrario: non abbastanza ‘liberale’.
«Francesco è stato eletto per rinnovare la Chiesa cattolica», la premessa su ‘Politico’. Ma il Papa ha lasciato di fatto la Chiesa arcaica, l’accusa finale. ‘C’ha provato’, riconoscono quei cattolici tedeschi, Francesco ha introdotto alcune riforme reali, donne ad alte cariche della Santa Sede, e una filosofia tollerante, aprendo il paradiso anche agli atei buoni. E slla domanda sui sacerdoti gay: «Chi sono io per giudicare?» Tutto questo è stato accompagnato da uno sforzo di proiettare santità e umiltà. Pensione Santa Marta invece l’opulenta dimora dei papi precedenti, e niente papamobile antiproiettile.
L’anno scorso, la dichiarazione che autorizzava le benedizioni clericali per le coppie dello stesso sesso che però è stato diluita successivamente, come le riflessioni religiose sulla natura degli orgasmi. Riconosciuto invece lo sforzo di Francesco per un minimo di democrazia consultiva nella Chiesa, la ‘sinodalità’. Ma è passata inosservata la minaccia all’autorità papale esplosa proprio nelle regioni che nel XVI secolo hanno cullato le Ribellioni luterane.
Inizia nel 2018 con un’indagine storica sugli abusi clericali in Germania. Si discute sul celibato sacerdotale e sulla voce in capitolo dei laici cattolici sulla nomina dei vescovi, ad esempio. La Chiesa tedesca è finanziata dalle tasse dei suoi 20 milioni di membri. Ma nel 2018, dove la dottrina della Chiesa era irremovibile, le loro proposte a volte hanno sfidato esplicitamente la Guida vaticana.
L’anno scorso una mozione per indebolire il potere dei vescovi, imponendo la logica della maggioranza. E ignorando le proteste di Roma, il ‘Comitato’ ha reso permanente l’accordo, con un ‘Concilio sinodale’ che unisce per sempre Gerarchia e componente laica. L’anno precedente, il papa aveva avvertito i tedeschi che la loro iniziativa rappresentava un «Minaccia all’unità della Chiesa». Ma i tedeschi in gran parte alzarono le spalle.
All’inizio di quest’anno, i vescovi del Belgio hanno presentato un «Manifesto Sinodale» sulle stesse riforme dei tedeschi, ma accettando di andare avanti solo con l’approvazione del Vaticano. Diocesi di Basilea. Il ‘Sinodo’ di Lucerna -un parlamento dei laici addetti a raccogliere e gestire le entrate fiscali per la Diocesi-, impone un organismo esterno per indagare sugli abusi sessuali. Minacciando di trattenere circa mezzo milione di franchi se non fossero accolte le loro richieste.
Le questioni di fede soggette al processo decisionale democratico? L’Europa centrale ha allarmato i leader più conservatori della Chiesa, che temono che fatti come quelli di Berlino, Bruxelles e Basilea possano imporre direttive politiche e secolari a vescovi indeboliti. E il potente arcivescovo polacco di Poznan, Stanislaw Gadecki, ha paragonato il dibattito in Germania alla riforma protestante. Sostenendo che con i suoi 2.000 anni di gerarchia autoritaria, la Chiesa non potrà mai funzionare come una democrazia moderna.
Il cardinale Jean-Claude Hollerich, vicino a Francesco, racconta del papa sia ‘fin troppo consapevole’ di quanto sia precaria la posizione della Chiesa europea. «La fede in Europa e in gran parte dell’Occidente non è più una presunzione ovvia ma spesso viene negata, derisa, emarginata e ridicolizzata, ha detto il pontefice in un discorso ai prelati nel 2019. Il novanta per cento delle persone che lasciano la Chiesa lo motivano con gli abusi sessuali, la corruzione clericale, l’estraneità dei vertici. Mentre la sfida tedesca ha provocato avvertimenti di scisma e richieste repressione conservatrice.
Manfred Weber, europarlamentare e presidente del Partito popolare europeo, parla del ‘cammino sinodale’ nato in Germania come occasione per ‘trascinare i vescovi nella modernità’. Attraverso una serie di assemblee, le istituzioni funzionavano rapidamente anche se questo metteva a disagio alcuni vescovi. Anche dove la dottrina della Chiesa era irremovibile e le loro proposte sfidavano esplicitamente Guida vaticana.
Papa Francesco è intervenuto a novembre, esortando i cattolici tedeschi a smettere di «cercare la salvezza in comitati sempre nuovi, e invece, aprirsi e andare incontro soprattutto i nostri fratelli e sorelle quelli che sono… sulle soglie delle porte delle nostre chiese, per le strade, nelle carceri, negli ospedali, nelle piazze e nelle città». Il problema è che molti cristiani non vedono molti vertici della loro Chiesa in quei luoghi e tra quella gente.
Pura coincidenza, sul fronte della reazione della Chiesa più conservatrice che si celebra in latino e parla in americano. Il Vaticano convoca monsignor Viganò, l’ex nunzio in Usa che più volte ha criticato Papa Francesco, arrivando a chiederne le dimissioni, ora accusato di scisma. Che a ‘celebrare’ la rottura dichiara, «Considero le accuse contro di me un onore». «Il Dicastero per la Dottrina della Fede ha convocato monsignor Carlo Maria Viganò affinché possa prendere nota delle accuse e delle prove circa il delitto di scisma di cui è accusato», l’asciutta nota vaticana.
Casa Santa Marta, la residenza dove Francesco abita. Le porte si aprono per la RSI, per l’intervista di Paolo Rodari col Papa dedicata ai dieci anni di pontificato.
Da dieci anni non vive più a Buenos Aires. Di quel tempo gli manca ‘camminare, andare per la strada’. Ma sta bene a Roma, ‘una città unica’, seppure le preoccupazioni non mancano.
«Siamo in una guerra mondiale, dice. È cominciata in pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale. Perché le grandi potenze sono tutte invischiate. E il campo di battaglia è l’Ucraina. Lì lottano tutti».
Il Papa racconta che Putin sa che lui vorrebbe incontrarlo,
«ma lì ci sono tutti interessi imperiali, non solo dell’impero russo, ma degli imperi di altre parti».
Santo Padre, in questi dieci anni quanto è cambiato?
«Sono vecchio. Ho meno resistenza fisica, quella del ginocchio è stata un’umiliazione fisica, anche se adesso sta guarendo bene».
Le è pesato andare in carrozzina?
«Mi vergognavo un po’».
In molti la descrivono come il Papa degli ultimi. Si sente tale?
«È vero che ho una preferenza per gli scartati, ma questo non vuole dire che io scarti gli altri. I poveri sono i prediletti di Gesù. Ma Gesù non manda via i ricchi».
Come s’immagina l’ora della verità, l’aldilà?
«Non posso immaginarlo. Non so cosa sarà. Soltanto chiedo alla Madonna che mi stia accanto».
«Due giorni dopo l’elezione sono andato a prendere possesso del palazzo apostolico. Non è tanto lussuoso. È ben fatto, ma è enorme. La sensazione che ho avuto era come di un imbuto al rovescio. Psicologicamente questo non lo tollero. Per caso sono passato davanti alla stanza dove abito. E ho detto: “Rimango qui”. È un albergo, abitano quaranta persone che lavorano in curia. E viene gente da tutte le parti».
Della sua vita precedente, le manca qualcosa?
«Camminare, andare per la strada. Camminavo tanto. Usavo la metro, il bus, sempre con la gente».
Cosa pensa dell’Europa?
«In questo momento ha tanti politici, capi di governo o ministri giovani. Dico loro sempre: parlate fra voi. Quello è di sinistra, tu sei di destra, ma siete giovani ambedue, parlate. È il momento del dialogo fra i giovani».
Che cosa porta un Papa quasi dalla fine del mondo?
«Mi viene in mente una cosa che ha scritto la filosofa argentina Amelia Podetti: la realtà si vede meglio dagli estremi che dal centro. Dalla distanza si capisce l’universalità. È un principio sociale, filosofico e politico»
Cosa ricorda dei mesi di lockdown, la sua preghiera solitaria in piazza San Pietro?
«C’era la pioggia e non c’era gente. Ho sentito che il Signore era lì. È stata una cosa che ha voluto il Signore per farci capire la tragedia, la solitudine, il buio, la peste».
Nel mondo ci sono diverse guerre. Perché si fatica a capirne il dramma?
«In poco di più di cent’anni ci sono state tre guerre mondiali: ’14-’18, ’39-’45, e questa che è una guerra mondiale. È cominciata in pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale. Le grandi potenze sono tutte invischiate. Il campo di battaglia è l’Ucraina. Lì lottano tutti. Questo fa pensare all’industria delle armi. Un tecnico mi diceva: se per un anno non si producessero le armi sarebbe risolto il problema della fame nel mondo. È un mercato. Si fa la guerra, si vendono le armi vecchie, si provano le nuove».
Prima del conflitto in Ucraina ha incontrato più volte Putin. Se lo incontrasse oggi cosa gli direbbe?
«Gli parlerei chiaramente come parlo in pubblico. È un uomo colto. Il secondo giorno della guerra sono stato all’ambasciata di Russia presso la Santa Sede a dire che ero disposto ad andare a Mosca a patto che Putin mi lasciasse una finestrina per negoziare. Mi scrisse Lavrov dicendo grazie ma non è il momento. Putin sa che sono a disposizione. Ma lì ci sono interessi imperiali, non solo dell’impero russo, ma degli imperi di altre parti. Proprio dell’impero è mettere al secondo posto le nazioni».
Quali altre guerre sente più vicine?
«Il conflitto dello Yemen, la Siria, i poveri Rohingya del Myanmar. Perché queste sofferenze? Le guerre fanno male. Non c’è lo spirito di Dio. Io non credo nelle guerre sante».
Spesso parla del chiacchiericcio. Perché?
«Il chiacchiericcio distrugge la convivenza, la famiglia. È una malattia nascosta. È la peste».
Come sono stati i dieci anni di Benedetto XVI al Mater Ecclesiae?
«Bravo, è un uomo di Dio, gli voglio tanto bene. L’ultima volta che l’ho visto è stato per Natale. Quasi non poteva parlare. Parlava basso, basso, basso. C’era bisogno che traducessero le sue parole. Era lucido. Faceva domande: come va questo? E quel problema là? Era aggiornato su tutto. Era un piacere parlare con lui. Gli chiedevo pareri. Lui dava il suo parere, ma sempre equilibrato, positivo, un saggio. L’ultima volta però si vedeva che era alla fine».
Le esequie funebri sono state sobrie. Perché?
«I cerimonieri si erano ‘rotti la testa’ per fare le esequie di un Papa non regnante. Era difficile fare la differenza. Adesso ho detto di studiare la cerimonia per i funerali dei Papi futuri, di tutti i Papi. Stanno studiando ed anche semplificando un po’ le cose, togliere le cose che liturgicamente non vanno».
Papa Benedetto ha aperto la strada delle dimissioni. Lei ha detto che è una possibilità ma che al momento non la contempla. Che cosa potrebbe portarla in futuro a dimettersi?
«Una stanchezza che non ti fa vedere chiaramente le cose. La mancanza di chiarezza, di sapere valutare le situazioni. Anche il problema fisico, può darsi. Su questo domando sempre e seguo i consigli. Come vanno le cose? Ti sembra che devo… alle persone che mi conoscono, anche ad alcuni cardinali intelligenti. E mi dicono la verità: continua va bene. Ma per favore: gridare a tempo».
Lei quando saluta chiede a tutti di pregare per lei. Perché?
«Sono sicuro che tutti pregano. Ai non credenti dico: pregate per me e se non pregate mandatemi buone ondate. Un ateo amico mi scrive: …e ti mando buone ondate. È un modo di pregare pagano, ma è un volersi bene. E volere bene a un altro è una preghiera».
«Ma se qualcuno pensa che si tratti solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà».
Nel primo capitolo vengono passate in rassegna le tendenze del mondo attuale che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale. Tra queste i diritti umani spesso negati, le nuove forme di colonizzazione culturale, lo scarto mondiale dove «una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata e i suoi diritti fondamentali ignorati o violati»
«La storia – afferma il Papa – sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. Nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali».
«Abbiamo bisogno di costituirci in un ‘noi’ che abita la Casa comune. Tale cura non interessa ai poteri economici che hanno bisogno di entrate veloci. Spesso le voci che si levano a difesa dell’ambiente sono messe a tacere o ridicolizzate, ammantando di razionalità quelli che sono solo interessi particolari.
In questa cultura, vuota, protesa all’immediato e priva di un progetto comune, «è prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni».
«L’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio». È un fatto che «doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti».
«Credere in Dio non garantisce di vivere come a Dio piace». «Una persona di fede – spiega – può non essere fedele a tutto ciò la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio».
«L’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere». «Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune. Quando questo principio elementare non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità».
«È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia». «Se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne».
Il diritto a vivere con dignità non può essere negato a nessuno, afferma ancora il Papa, e poiché i diritti sono senza frontiere, nessuno può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato.
L’aiuto reciproco tra Paesi va a beneficio di tutti e al tema delle migrazioni l’enciclica dedica l’intero quarto capitolo: “Un cuore aperto al mondo intero”. «Quello che occorre soprattutto – si legge nel documento – è una governance globale, una collaborazione internazionale per le migrazioni che avvii progetti a lungo termine, andando oltre le singole emergenze, in nome di uno sviluppo solidale di tutti i popoli che sia basato sul principio della gratuità».
«L’Onu deve promuovere la forza del diritto sul diritto della forza, favorendo accordi multilaterali che tutelino al meglio anche gli Stati più deboli».
Il vero dialogo – sesto capitolo – la verità della dignità umana. «Senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità».
Il settimo capitolo si sofferma sul valore e la promozione della pace. La Shoah simbolo di dove può arrivare la malvagità, ma anche i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki. E tanti altri fatti storici che ci fanno vergognare di essere umani. L’eliminazione totale delle armi nucleari è «un imperativo morale ed umanitario». Pena di morte: «È inammissibile».
«La violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose fondamentali, bensì nelle loro deformazioni». Francesco cita il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza”, firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib. Dalla pietra miliare del dialogo interreligioso, il Papa riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio. La conclusione dell’enciclica è affidata a due preghiere: una «al Creatore» e l’altra per infondere «uno spirito di fratelli».
I discorsi di Papa Francesco sulla guerra possono sembrare, di primo acchito, quanto mai inattuali. Tuttavia il pontefice non si stanca di richiamare tutti i contendenti al loro senso di responsabilità, facendo notare che l’escalation in atto non riguarda solo Ucraina e Federazione Russa, bensì l’intera umanità.
Il motivo è semplice. Il pericolo di un conflitto nucleare, innescato dall’uso di bombe atomiche tattiche da parte dei russi, non è affatto scongiurato. Al contrario, le difficoltà che l’esercito di Mosca incontra potrebbero far prevalere nelle fazioni più estremiste del Cremlino la tentazione di usare tali armi per vincere una guerra che, allo stato dei fatti, appare perduta.
Si rammenti, al riguardo, che gli ucraini continuano ad avanzare anche nelle regioni che la Russia ha ufficialmente annesso, e che fonti del Cremlino ormai ammettono di non essere in grado di precisare quali siano, ora, i reali confini della Federazione.
D’altro canto Zelensky non intende fermare le sue truppe proprio mentre stanno avanzando. E’ evidente, a questo punto, che il leader di Kiev, a dispetto delle numerose opinioni contrarie, è convinto che Putin stia solo bluffando. Il generale americano Petraeus, dal canto suo, ha detto con estrema chiarezza che, in caso di attacco atomico da parte di Mosca, la Nato renderebbe pan per focaccia annientando con le atomiche l’esercito di Putin.
Nessuno dei contendenti, insomma, pare disposto a cedere, e gli arsenali nucleari russo e americano sono così ben forniti da far apparire le reciproche minacce reali e plausibili.
Proprio per questo Papa Bergoglio non si stanca di invocare la pace. Durante l’ultimo Angelus in Piazza San Pietro ha capovolto l’ordine del discorso, parlando subito di Ucraina e “supplicando” Putin di porre termine all’invasione e Zelensky di aprirsi a proposte di pace.
Si dirà che questo è, in fondo, ciò che un pontefice deve fare. Anche Benedetto XV, durante la prima guerra mondiale, aveva invitato tutti i contendenti a fermare la “inutile strage”. C’è però qualcosa nell’atteggiamento di Francesco che impressiona molto, ed è la sua solitudine estrema. Già manifestata quando, in piena pandemia, celebrò da solo la messa in una Piazza San Pietro deserta. Anche durante l’ultimo Angelus il suo viso denotava una solitudine pesante, forse temendo che le sue parole non venissero ascoltate dai destinatari.
Su questo Papa molti hanno espresso considerazioni ironiche. Non è chiaramente un teologo come Ratzinger, e spesso usa espressioni semplici nei suoi discorsi. Nessuno può tuttavia negare che abbia uno spiccato senso pastorale, che lo porta a cercare il dialogo con tutti. Ma possiede anche una spiritualità profonda, che lo porta a preferire gli umili agli esperti di teologia.
Riuscirà nel miracolo di evitare un’altra “inutile strage” solo con le sue parole di pace? Molti ne dubitano anche se, a ben guardare, in una situazione come l’attuale è questa l’ultima speranza che ci resta.