I dazi di Trump? Un ricatto al mondo contro la Cina

L’obiettivo della guerra dei dazi doganali, dichiarata da Donald Trump, non è solo l’aggiustamento della sua bilancia commerciale, ma soprattutto un messaggio di ‘supremazia politica’, lanciato al pianeta. E un colpo al cuore di quello che lui considera il suo nemico pubblico numero, cioè la Cina. Almeno ci prova. Ma più accorto e micidiale il contrattacco cinese dal sud del mondo

Guerra Usa Cina per il primato planetario

A Washington “studiano”, a Pechino lo sanno e tutti gli altri, invece, sono schiacciati nel mezzo di questa lotta titanica, vasi di coccio tra quelli di ferro. Le notizie di ieri sono poi altra benzina sul fuoco della crisi. Si annuncia ‘ante portam’ la scena madre della guerra dei dazi, che riguarda la tecnologia più sofisticata e, in particolare, i microchip di fascia alta. Il governo Usa non ne consentirà l’export in Cina ‘per ragioni di sicurezza nazionale’, legate all’intelligenza artificiale e a ipotetici usi militari. Per cui, a catena, mancheranno questi preziosi semilavorati, ad alto valore aggiunto, in tutta la catena produttiva del colosso asiatico. Con ripercussioni, a valanga, nel resto del pianeta. I titoli specifici, alla Borsa di New York, ieri hanno preso tutti uno scoppolone. Nvidia -6,70%; AMD -6,30%; ASMI -5%. Nel frattempo, il Segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, ha predisposto un piano diplomatico ‘di persuasione’ (ricatto), per convincere almeno 70 Paesi ad affossare le loro relazioni commerciali con la Cina. Più che una indiscrezione, una certezza, divulgata in esclusiva e in prima pagina dal Wall Street Journal, che fa capire il grado di ferocia raggiunto dalla guerra economica tra gli Stati Uniti e il colosso asiatico.

Il mondo usato contro la Cina

Scrive il Journal: «La tattica fa parte di una strategia promossa da Bessent per isolare l’economia cinese. È un piano operativo che ha recentemente guadagnato consensi tra i funzionari di Trump. Sono in corso dibattiti sulla portata e la severità dei dazi statunitensi, ma i funzionari sembrano in gran parte concordare con il programma di Bessent per la Cina. Esso – prosegue il WSJ – comporta l’esclusione della Cina dall’economia statunitense con dazi, e potenzialmente anche l’espulsione delle azioni cinesi dalle borse statunitensi. Bessent non ha escluso che l’Amministrazione cerchi di delistare le azioni cinesi in una recente intervista a Fox Business». Alla luce di queste rivelazioni, alcuni analisti hanno avanzato l’ipotesi che la tregua di 90 giorni nell’applicazione dei dazi, annunciata dalla Casa Bianca, possa proprio servire a preparare i negoziati con Pechino da una posizione di forza.

O contro la Cina o nemici Usa

In questa fase, lo stesso Segretario al Tesoro coordinerà tutti gli sforzi diplomatici Usa, per raggiungere intese bilaterali ‘anti-Cina’ con i diversi partner. Sarà un bottino (più o meno vasto) di consensi-trofeo da esibire al tavolo delle trattative, che dovrebbe rafforzare il potere contrattuale americano. Forse. Bessent dovrebbe incontrare il Ministro per la Rivitalizzazione Economica del Giappone e inoltre anche i rappresentanti di Regno Unito, Australia, Corea del Sud e India. Bene e la Cina?

Contrattacco cinese, più accorto e micidiale

Come abbiamo anticipato è già partita al contrattacco. Xi Jinping ha scelto, in un certo senso, di anticipare in qualche modo la strategia del binomio Trump-Bessent, avviando immediatamente consultazioni ad alto livello con i Paesi più importanti del Sud-est asiatico. E lo ha fatto di persona, viaggiando attraverso Vietnam, Malesia e Cambogia e curando contatti telefonici con ‘giganti’ come l’Indonesia. Si tratta di realtà le cui economie saranno inevitabilmente (e severamente) colpite dai dazi doganali di Trump. Ecco l’interpretazione che il South China Morning Post di Hong Kong dà della missione diplomatica del leader cinese: «Secondo gli esperti, durante il suo viaggio Xi ha cercato di presentare la Cina come un partner credibile e responsabile per la regione, cercando al contempo il sostegno di quei Paesi, soprattutto ora che la Cina si prepara ad affrontare gli Stati Uniti in una guerra commerciale in rapida escalation. Durante la sua visita in Vietnam, il leader cinese ha invitato i due vicini asiatici a collaborare per combattere ‘l’intimidazione unilaterale’ e ‘opporsi congiuntamente all’egemonismo, all’unilateralismo e al protezionismo’. Xi ha inoltre sollecitato la cooperazione, per preservare il libero scambio globale e mantenere la stabilità della catena di approvvigionamento».

Il sud del mondo contro la prepotenza Usa

Il leader cinese combatte i dazi di Trump con un’offensiva di fascino globale, titola convinto il Wall Street Journal, sottolineando come i partner commerciali siano intrappolati tra le tariffe statunitensi e le offerte commerciali di Pechino. «La  Cina – sostiene il Journal – sta rafforzando i legami con le terze parti che faticano a gestire il gioco di potere tra Stati Uniti e Cina. In particolare con le nazioni del Sud-est asiatico, ha affermato Zhao Minghao, professore di Studi internazionali all’Università Fudan di Shanghai. Pechino ritiene di avere vantaggi nella regione confinante e la politica volatile di Trump sta danneggiando la credibilità e il soft power americano in Asia». Ed è proprio in questa ‘finestra di opportunità’, che si inserisce la strategia di ‘counterattacking’ elaborata dai vertici del Partito comunista cinese. L’esempio più probante, finora, è il Vietnam, principale partner commerciale di Pechino nel Sud-est asiatico, stretto tra due fuochi.

Vietnam, nuova sconfitta Usa

«Il Paese – dice WSJ – è diventato uno dei principali esportatori verso gli Stati Uniti, sostenuto dalla manodopera a basso costo, dagli investimenti e dai componenti provenienti dalla Cina. Molte aziende hanno ampliato la produzione in Vietnam, per evitare i dazi imposti da Trump alla Cina. Il Vietnam è stato inizialmente colpito da un dazio del 46% questo mese – prosegue il Journal – alimentando il timore che la sua economia, trainata dalle esportazioni, potesse essere strozzata. Poi il dazio è stato temporaneamente ridotto al 10%, mentre quelli per i cinesi toccavano 145%. Ebbene – conclude il Wall Street Journal – questa settimana ad Hanoi, Xi ha incontrato il leader vietnamita To Lam e le due parti hanno firmato 45 documenti di cooperazione bilaterale. Tra cui accordi per promuovere infrastrutture autostradali e ferroviarie, che aiuteranno a collegare meglio i due vicini». Domanda: chi è uscito finora con le ossa rotte, dalla lotteria dei dazi doganali?

Crollo di scambi e pil

La World Trade Organization (Wto) sui dazi imposti da Trump ha previsto per quest’anno un calo del commercio globale, che «sarà particolarmente marcato in Nord America». Il direttore generale del Wto, denuncia «gravi rischi al ribasso», tra cui dazi reciproci e incertezza politica, che potrebbero portare a un calo ancora più netto.
Fitch, agenzia internazionale di valutazione del credito e rating, ha tagliato le stime della crescita globale per cui già quest’anno l’economia mondiale crescerà meno del 2%, un calo di 0,4 punti percentuali rispetto alle stime precedenti. La Federal Reserve e il presidente Jerome Powell ha dichiarato «molto probabile» che i dazi di Trump facciano aumentare i prezzi, e che gli effetti «potrebbero essere duraturi».

Tags: Cina dazi mondo Usa
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