‘Davos asiatica’, la rotta cinese, schiaffo al Nord globale

Alla ‘Davos asiatica’ è recentemente emersa una riflessione su quel che sarà il nuovo mondo. «Il Nord Globale non esiste più, ha deciso di autodistruggersi. È una straordinaria opportunità per noi, i Brics, l’Asia e il Sud Globale per conquistare il posto che ci spetta nel mondo». Così si è espresso un alto funzionario della Federazione russa nel corso del Forum di Boao, una sorta di Davos asiatica, svoltosi qualche settimana fa in Cina

Frattura del Nord Globale col mondo

Ciò che sta accadendo, oltre la guerra commerciale scatenata da Trump, è la frattura di quel Nord Globale che ha dominato gli ultimi decenni e che è stato, proprio per questo, apertamente avversato dal resto del mondo nelle sedi multilaterali, a partire dalle Nazioni Unite, negli ultimi due anni. Peraltro -denuncia Avvenire-, «la dottrina Trump è espressa in modo sprezzante contro gli storici alleati, a partire dai Paesi europei, accusati di essere dei ‘ladri’ impegnati a depredare gli Stati Uniti».

Ogni anno sull’isola di Hainan

L’incontro si svolge ogni anno sull’isola di Hainan, conosciuta anche come l’Hawaii cinese per almeno tre ragioni: il suo clima tropicale; l’immagine di una Cina innovatrice e fresca, che grazie a quest’isola il governo di Pechino cerca di proiettare all’esterno; e, infine, a livello militare, la massiccia presenza delle truppe dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), necessaria per la proiezione della forza cinese nella regione (un po’ come il corrispettivo Pearl Harbor americano).

Il liberalismo cinese

Xi Jinping ha cercato di trasmettere l’immagine di una Cina impegnata nella difesa del libero commercio e della globalizzazione, all’opposto del trumpismo statunitense. Cina nel sistema internazionale: nuovi porti di libero scambio in Cina come «nuova fase di apertura». Il crescente peso geopolitico e geostrategico che la BRI (Belt and Road Initiative) sta cominciando ad esercitare per l’espansione dell’influenza cinese a livello regionale e globale. «La Cina non sta perseguendo espansioni territoriali». Progetto infrastrutturale-commerciale che traina allo stesso tempo l’espansione strategico-militare cinese.

Punto di vista strategico-militare

La scelta di istituire il forum sull’isola di Hainan è significativa per il progetto espansionistico cinese per almeno due motivi: da un lato, Hainan è diventata la sede per il controllo delle isole contese nel Mar Cinese Meridionale. Dall’altro, sull’isola risiede una delle principali unità dell’Esercito Popolare di Liberazione: la flotta del mare meridionale, che include sottomarini convenzionali e nucleari, guardia costiera, così come sistemi radar avanzati e una vasta forza aerea. Coesistenza pacifica, ma bene armata.

BRICS contro il ‘Nord globale’

«Il Nord Globale non esiste più, ha deciso di autodistruggersi. È una straordinaria opportunità per noi, i Brics, l’Asia e il Sud Globale per conquistare il posto che ci spetta nel mondo», riporta Enrico Giovannini Ciò a cui stiamo assistendo, al di là della guerra commerciale scatenata da Trump, è la frattura di quel Nord Globale che ha dominato gli ultimi decenni, apertamente avversato dal resto del mondo nelle sedi multilaterali, a partire dalle Nazioni Unite. «La ‘dottrina Trump’ espressa in modo sprezzante contro storici alleati, a partire dai Paesi europei, accusati di essere ‘ladri’ impegnati a depredare gli Stati Uniti».

Sviluppo sostenibile del mondo

I 40 miliardi di dollari destinati dagli Stati Uniti ai Paesi in via di sviluppo, cancellati. Il messaggio è stato perfettamente capito dal continente asiatico. Mentre la Cina richiama l’impegno a realizzare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dalle Nazioni Unite nel 2015, e il Patto sul Futuro dell’Assemblea Generale dell’Onu a settembre scorso. Al di là della distanza tra dichiarazioni e realtà (rispetto dei diritti umani) i due richiami appaiono perfettamente in linea sia con lo sforzo cinese per realizzare la transizione ecologica (in primo luogo per conseguire l’autonomia energetica), sia con l’obiettivo di ridiscutere la governance delle grandi istituzioni internazionali (a partire dalla Banca Mondiale e dal Fmi), per dare più potere ai paesi emergenti e in via di sviluppo.

Opposizioni al neo nazionalismo Usa

Il rappresentante Usa all’Assemblea Generale dell’Onu ha recentemente detto No all’Agenda 2030 «troppo orientata alla transizione ecologica, alla tutela della diversità e al contrasto dell’esclusione sociale», obiettivi contrari a quelli dell’Amministrazione Trump, che non ha anche nessuna intenzione di discutere della governance delle istituzioni internazionali. Se aggiungiamo la guerra di Trump alle organizzazioni internazionali e alle sedi multilaterali di discussione di tematiche globali (salute, educazione, clima, ecc.) il contrasto tra i discorsi che si sentono fare ad est e ad ovest dell’Europa non potrebbero essere più diversi.

Cosa vogliamo fare noi europei?

Riprendiamo un prezioso commento altrui. «Non si tratta di schierarsi a favore di uno o dell’altro, ma di elaborare una chiara idea di cosa l’Unione europea vuole essere tra cinque o dieci anni, del ruolo che essa vuole assumere a livello globale, di come conseguire quell’autonomia strategica ‘aperta’ (energetica, tecnologica, di difesa, ecc.) di cui tanto si parla, che consenta di assumere posizioni chiare senza essere ricattati con la chiusura del rubinetto del gas, la sospensione della copertura militare, lo spegnimento della rete satellitare esistente, ecc». E quanto appena detto vale anche per l’Italia.

 

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