Myanmar: oltre il terremoto le bombe dei folli militari golpisti

Ex Birmania: già migliaia di morti, maceria ovunque, si temono 10mila vittime. E i soccorsi, difficoltosi, sono ostacolati dalle scosse di assestamento e dalla ripresa dell’offensiva militare contro i ribelli da parte della giunta golpista, che pure aveva stupito con una inedita richiesta di aiuto internazionale. I raid aerei, accusa un funzionario dell’Onu impegnato nei soccorsi internazionali, sono ricominciati neanche un’ora dopo la prima, micidiale scossa di magnitudo di 7.7, nel primo pomeriggio di venerdì. Ora i soccorsi e gli aiuti usati come arma. Crolli e vittime anche nella confinante Thailandia

La catastrofe in pieno giorno

Era pieno giorno, poco prima dell’una di pomeriggio, quando la terra ha tremato una prima volta. Il boato, la polvere, le urla sono stati seguiti solo di pochi minuti da un secondo potente terremoto. Le scosse di magnitudo 7.7 e 6.4 hanno colpito il centro del Myanmar, con epicentro a 16 km a nordovest della città di Saigang, lungo la faglia che attraversa il Paese da nord a sud, e a soli 10 km di profondità. E si sono propagate per migliaia di chilometri, raggiungendo la vicina Thailandia, la Cina, fino al Laos e al Vietnam. A Bangkok, è crollato un grattacielo di 30 piani ancora in costruzione, seppellendo decine di operai. Ancora incalcolabile di dispersi sotto le macerie o irraggiungibili a causa dell’interruzione delle comunicazioni.

300 volte più potente di Amatrice

Si è trattato della scossa più forte nel Paese dal 1946 e, secondo i tecnici 300 volte più potente di quella che devastò Amatrice nel 2016. Il Myanmar è un’area sismicamente attiva, la Faglia di Sagaing, un confine tettonico tra la micropiastra birmana e la Placca indiana, che spinge verso nord-est scontrandosi con l’Asia ed essendo dritta come una linea retta quando libera energia può provocare terremoti come questi in grado di investire grandi aree. Il dramma che segue il disastro, è che i soccorsi scarseggiano o sono del tutto assenti a causa della guerra civile in corso. E i pochi mezzi di soccorso hanno difficoltà a raggiungere molte delle zone colpite per le strade impraticabili, e ponti crollati, come quello di Sagaing mostrato nella foto sopra.

Tragedia anche in Thailandia

Drammatica la situazione anche nella vicina Thailandia. A Bangkok si ritiene che siano 110 le persone intrappolate sotto le macerie del grattacielo in costruzione dove erano al lavoro 409 operai. In città sono stati sospesi i servizi di metropolitana. L’onda d’urto della scossa è arrivata anche in Cina, in particolare nella provincia di confine dello Yunnan distante 300 km dalla zona di epicentro, ed è stata avvertita anche in alcune parti del Guizhou e del Guangxi.

Militari golpisti senza vergogna

La giunta militare chiede aiuti internazionali ma non ferma i bombardamenti nelle aree liberate dalle forze democratiche che si battono per la liberazione del Paese. Secondo la Peoplès Defense Force, la milizia che si batte contro la giunta, il villaggio di Nwe Khway, nel distretto di Chaung U a Sagaing, regione epicentro del sisma, è stato bombardato due volte. Altri raid aerei sono stati condotti a Ley Wah, nello stato di Kayin, vicino al quartier generale dell’Unione Nazionale Karen (che si batte per l’indipendenza) e a Pyu, nella regione di Bago.

Distruzioni militari prima del terremoto

«La maggior parte dei villaggi nella nostra zona era già stata distrutta dai militari, quindi il terremoto ha avuto un impatto minimo», ha dichiarato Dave Eubank, ex soldato delle forze speciali statunitensi e fondatore dell’organizzazione umanitaria Free Burma Rangers, all’Associated Press. «La gente si trova nella giungla e io stesso ero lì quando il sisma ha colpito. È stato potente, ma gli alberi si sono solo mossi. Per noi è finita lì, mentre l’esercito birmano continua ad attaccare, anche dopo il terremoto». Nel nord dello stato Shan, un attacco aereo ha colpito un villaggio controllato dai ribelli pochi minuti dopo la scossa.

Gli aiuti usati come arma

Thomas Andrews, relatore speciale dell’Onu sui diritti umani in Myanmar, ha dichiarato che la risposta dei militari ha mostrato la loro «volontà di fare degli aiuti un’arma nel mezzo di catastrofi naturali». Sulla stessa linea anche Cecilia Brighi: «In passato gli aiuti non sono mai finiti all’intera popolazione ma sono stati sequestrati e gestiti dalla giunta», ricorda la segretaria generale dell’associazione ‘Italia-Birmania Insieme’, tra le organizzazioni che hanno immediatamente avviato raccolte fondi da inviare in tutte le aree colpite dal sisma. L’ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari (Ocha) denuncia la carenza di «kit traumatologici, sacche di sangue, anestetici, dispositivi di assistenza, medicinali essenziali e tende per gli operatori sanitari».

Ex Birmania del colpo di Stato

Una vergogna internazionale rimossa. Dal colpo di stato del 2021, il Paese è travolto da una guerra civile brutale che vede la giunta militare combattere contro forze ribelli e gruppi etnici armati. Secondo molti testi si tratta del conflitto civile più lungo ancora in atto. Sono oltre 3 milioni le persone sfollate, almeno 20 milioni vivono in povertà estrema e decine di migliaia hanno perso la vita. L’economia è sull’orlo del baratro. La comunità internazionale ha imposto sanzioni economiche che però il regime militare prova a evitare esportando soprattutto ai due giganti economici vicini, Cina e India.

La sospettabile Cina

Sempre la Cina – pur non appoggiando apertamente il regime militare birmano – è la sospettata numero uno di vendere al governo le armi. Nel dicembre 2022 il consiglio di sicurezza dell’Onu ha votato una risoluzione in cui si chiede di liberare tutti i prigionieri politici e la fine delle violenze. Risoluzione proposta dal Regno Unito e approvata con nessun voto contrario, neanche quelli di russi e cinesi. Ma l’atto è rimasto lettera morta.

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