
Vizio americano: il Wall Street Journal rivela che il capo del Pentagono Pete Hegseth avrebbe portato con sé sua moglie Jennifer (ex produttrice di Fox&Friends) ad almeno due incontri con funzionari stranieri della difesa, presenza testimoniata al quotidiano Usa da altri partecipanti.
Nel settembre 1894 Madame Marie Augustin Bastian, donna delle pulizie all’ambasciata tedesca a Parigi e assoldata dal controspionaggio francese, fece una pesca miracolosa. Consegnò ai suoi datori di lavoro segreti un foglio di carta stropicciato e strappato – recuperato dal cestino dell’ufficio dell’addetto militare von Schartzkoppen – contenente una lista di segreti militari francesi che andava dai dettagli sui nuovi cannoni alla mobilitazione in caso di guerra. Era evidente che l’autore dell’elenco non poteva che essere un francese e cominciò la caccia alla spia.
Dopo un’inchiesta abbastanza approssimativa e priva di garanzie procedurali, fu individuato il responsabile e severamente punito, ma ben presto cominciarono a sorgere dubbi sulla effettiva colpevolezza del capitano Alfred Dreyfus, proprio all’interno dello stesso ambiente che lo aveva fatto condannare ed inviare in una colonia penale in Guyana. L’intervento della stampa arrivò con un certo ritardo, ma provocò un clamore inaudito: lo scrittore e giornalista Emile Zola ricostruì l’intera vicenda mettendo in luce la trama ordita dal ministero e dallo stato maggiore ai danni di Dreyfus.
Il caso Dreyfus spaccò la Francia in due tra colpevolisti e innocentisti e rappresentò la crisi più acuta della Terza repubblica. Essere ‘dreyfusardo’ per la destra nazionalista ed antisemita divenne una colpa, un’accusa ripresa perfino nei momenti più oscuri dell’occupazione tedesca e della repubblica di Vichy.
Una domenica mattina della tarda primavera del 1913 a Praga fu giocata una partita di calcio amatoriale alla quale prese parte come capitano di una delle squadre il giornalista Egon Kisch. Alla fine della partita Kisch si intrattenne a chiacchierare con un altro giocatore di mestiere fabbro che gli raccontò una storia singolare: per ordine della polizia aveva forzato la serratura di un elegante appartamento in città appartenente ad un alto ufficiale. Prima di essere allontanato dai poliziotti aveva fatto in tempo a vedere uno stuolo di ufficiali che metteva a soqquadro la casa.
Kisch si ricordò allora che il giorno precedente l’autorità militare gli aveva sottoposto per la pubblicazione uno scarno comunicato sui funerali, svoltisi a Vienna ‘in forma strettamente privata’, del capo di stato maggiore del comando militare di Praga «improvvisamente deceduto». I due fatti erano dunque collegati e il fiuto del giornalista fece il resto: in pochi giorni ad una esterefatta opinione pubblica austriaca fu reso noto che il colonnello Alfred Redl si era suicidato dopo la scoperta della sua attività spionistica a favore della Russia.
Le conseguenze furono peggiori: nell’impero multinazionale si acuirono le tensioni tra le diverse componenti. A farne le spese furono soprattutto le popolazioni slave, tacciate di essere infide. Quando fu ucciso l’erede al trono della Duplice monarchia e scoccò la scintilla di Saraievo, l’odio anti slavo negli ambienti nazionalisti aveva raggiunto un livello ormai incontrollabile.
Durante la Guerra fredda – come durante la Seconda Guerra mondiale – i controlli e le censure furono tanti che raramente la stampa anticipò autonomamente vicende di spionaggio, limitandosi nella maggioranza dei casi ad amplificare paure o apprensioni. Una ripresa si ebbe dunque dopo il 1989 e ricomparvero sotto una luce diversa le vecchie trame.
Vienna ha perso lo splendore dei tempi del «Terzo uomo», ma la stampa – a posteriori – ha messo in luce l’inefficienza del controspionaggio in occasione di un attentato. Il luogo più ambito sembrerebbe Ginevra, città internazionale e sede di banche e multinazionali, segno che il potere oggi è anche declinato in maniera diversa.Un paio di anni orsono la stampa italiana si è occupata di una spia russa, Natalia Burlinova, già segnalata dagli Stati Uniti che presentava una delle storiche caratteristiche del mondo dello spionaggio: bella e affascinante.
In realtà un caso isolato, perché la vicenda più clamorosa e significativa risale a molto tempo addietro e cioè alle rivelazioni di Julian Assange messe a disposizione dell’opinione pubblica attraverso internet e dalle quali, se non sino stati svelati importanti segreti, si sono comunque appresi retroscena discutibili.
Il teatro dello scontro è ormai la rete, dove sprovveduti che aspirano al dominio sono così ingenui da utilizzare propri account, come ha divulgato pochi giorni fa un’inchiesta del settimanale tedesco «Spiegel». I professionisti del giornalismo hanno sbugiardato ancora una volta i dilettanti.