
Come denuncia la stampa indiana, è la prima volta che Washington «ha messo Nuova Delhi sullo stesso piano di Pechino per la fornitura di precursori chimici utilizzati dai cartelli della droga per produrre oppioidi». Ad accusare questa volta l’India è il rapporto del National Intelligence, che elencale minacce mondiali alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. «I gruppi non statali – si legge nel rapporto – sono spesso affiancati, sia direttamente che indirettamente, da attori statali, come Cina e India, come fonti di precursori e attrezzature per i trafficanti di droga. La Cina rimane il Paese di origine principale per i precursori chimici illeciti del Fentanyl e le attrezzature per la pressatura delle pillole, seguita dall’India».
New Delhi è Paese leader nella produzione di farmaci generici a livello globale, fornendo una parte significativa dei vaccini e dei medicinali del mondo. Un’industria farmaceutica rovinata da controversie, sollevando preoccupazioni sulla regolamentazione e sul controllo di qualità. Il 17 marzo, la squadra antiterrorismo indiana nello Stato occidentale del Gujarat ha arrestato due persone collegate a società farmaceutiche con sede a Surat per presunta esportazione di precursori illeciti del Fentanyl in Messico e Guatemala. Una manciata di giorni dopo, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato tre alti dirigenti di una società farmaceutica con sede a Hyderabad.
La maggior parte del Fentanyl entra negli Stati Uniti attraverso il Messico. Come riportato dalla Bbc, da settembre, 3.534 chilogrammi di Fentanyl sono stati sequestrati negli Stati Uniti, secondo i dati pubblicati dalla US Customs and Border Patrol. «Quasi tutto (98%) è stato intercettato al confine sud-occidentale con il Messico. Meno dell’1% è stato sequestrato attraverso il confine settentrionale degli Stati Uniti con il Canada. Il resto proveniva da rotte marittime o altri posti di blocco statunitensi». Quali conseguenze avrà l’iscrizione dell’India nella “lista nera” Usa? Spingerà l’Amministrazione Trump a colpire come già fatto con Pechino –un Paese amico, a cui gli Usa sono legati si chiede il sito del dipartimento di Stato Usa? ll commercio tra i due Paesi, nel 2024, valeva 129,2 miliardi di dollari.
Oggi il vicepresidente Usa J.D. Vance è in Groenlandia per visitare una base militare americana nel nord-ovest dell’isola. La visita è già stata molto criticata dagli abitanti e dai politici groenlandesi, che l’hanno ritenuta aggressiva e inappropriata: Vance non è stato invitato formalmente e anzi da mesi critica i paesi europei con toni minacciosi (la Groenlandia è parte del territorio della Danimarca, anche se ha ampia autonomia). Tra le altre cose Vance ha detto che l’Unione Europea dovrebbe fare attenzione alle «minacce interne» e ha accusato vari paesi membri di avere comportamenti antidemocratici. Da che pulpito viene la predica.
Sono commenti assai inusuali per una persona con un ruolo così importante in un’amministrazione statunitense, anche perché da decenni Stati Uniti e Unione Europea sono alleati. Sembra che Vance stia cercando la via per far parlare di sé non sempre e solo in relazione alle politiche di Trump, un modo per posizionarsi e farsi notare magari in vista di una sua probabile candidatura alle elezioni presidenziali del 2028.
L’ultimo episodio, almeno fino a oggi, è stato la diffusione del contenuto dell’ormai nota e imbarazzante chat in cui alcuni importanti membri dell’amministrazione Trump stavano programmando un attacco statunitense in Yemen contro gli Houthi, una milizia sostenuta dall’Iran che controlla parte del paese. Nella chat Vance si lamentava del fatto che le navi mercantili europee avrebbero beneficiato molto dell’intervento e della protezione degli Stati Uniti, dicendo a sproposito: «Odio salvare l’Europa».
Attorno all’errore è nato un grosso caso, a causa degli evidenti problemi per la sicurezza nazionale: l’amministrazione sta provando a ridimensionare l’accaduto, sostenendo tra le altre cose che la conversazione non contenesse informazioni riservate. La pubblicazione completa delle chat però smentisce quest’affermazione.