
La storia ha dimostrato che le competenze del settore privato non funzionano nel risolvere i problemi dello Stato. Lo scriveva David Halberstam in un libro pubblicato nel lontano 1972 intitolato, ironicamente, The Best and the Brightest (Il migliore e più brillante). All’epoca il problema da risolvere erano le conseguenze della disastrosa guerra del Vietnam. Il presidente dell’epoca John F. Kennedy ne affidò la soluzione a un grande manager, Robert McNamara, amministratore delegato della Ford e che fu nominato segretario della difesa. McNamara aveva una personalità molto diversa da quella di Musk. Ma il libro mette in luce alcuni tratti in comune: un’arrogante certezza che la tecnica di iniettare l’energia e l’efficienza tipica del settore privato possa essere applicata per risolvere i problemi del governo.
McNamara promosse la tecnica aziendale delle misurazioni quantitative e ne fece un mantra: «Se un problema non puoi misurarlo, non puoi gestirlo». Halberstam racconta che Mc Namara, nel primo viaggio conoscitivo a Saigon, chiese ai generali americani di fornirgli cifre precise per il conteggio dei cadaveri, le armi catturate e i tassi di infiltrazione del nemico, ma non si preoccupò di visitare i campi di battaglia o di parlare con le truppe sul campo. Al suo ritorno a Washington relazionò al Presidente che i Vietcong erano in procinto di capitolare. Come andò a finire lo sappiamo tutti e una ventina d’anni dopo, nel 1995, nella sua biografia “In retrospect”, Mc Namara ammise il fatale errore di metodo: «wrong, terribly wrong». (sbagliato, terribilmente sbagliato).
Anche Richard Stengel giornalista del Time diventato sottosegretario nell’amministrazione Obama, ha analizzato il rapporto tra privato e pubblico nella gestione della cosa pubblica elencando altre esperienze di uomini d’affari impiegati nell’amministrazione Usa. Fu Ronald Reagan a promuovere maggiormente l’idea che il governo dovrebbe essere gestito più come un’azienda. Si affidò al quasi omonimo Donald Regan presidente della grande banca Merryl Linch e nominato Segretario del Tesoro, grande “tagliatore di teste”. Ma, anche qui, i risultati evidenziano che durante gli otto anni di amministrazione, burocrazia e deficit pubblico sono cresciuti.
Decenni di venerazione pubblica per i mercati e l’idea che le soluzioni basate sul mercato siano sempre le migliori hanno condotto a sinonimo di inefficienza l’organizzazione del governo e il suo sistema regolatorio. Che sia per le misure delle zucchine dell’Unione Europea o per gli impiegati delle agenzie federali americane questa narrazione ha portato fino alla deriva attuale, nell’era di Trump. L’iconografia della soluzione dei problemi burocratici è stata affidata ai lavandini di Elon Musk oppure alla motosega di Milei, oggetti trasformati in bacchette magiche dell’organizzazione aziendale in politica.
L’innegabile impreparazione presente in diversi settori della gestione governativa non può però trasformare i cittadini in azionisti di una grande impresa. I cittadini vogliono ricevere servizi sociali e non aumentare il valore delle azioni. Per risolvere i problemi di gestione del governo occorre la politica, non l’abilità dei manager.
Perché, a differenza di un’azienda, nel governo di uno Stato la posta in gioco in caso di fallimento è molto, ma molto più alta. C’è un’impronta genetica nella missione di realizzare il bene comune che impone alla società civile di marcare la differenza tra le competenze nella gestione d’impresa e il governo della cosa pubblica.