
Secondo la Cnn, oggi è stata la giornata in cui la popolazione di Gaza ha subito il maggior numero di perdite dal 7 novembre 2023, quando morirono 548 persone. Mahmoud Basal, portavoce della protezione civile dell’enclave, specifica al network Usa che nell’attacco israeliano sono uccisi “più di 130 bambini e molte donne”, incluse intere famiglie.
La notte dei tradimenti. Israele ha lanciato nuovi attacchi aerei sulla Striscia di Gaza dopo che ha accusato Hamas di non voler rilasciare tutti gli ostaggi. Netanyahu ha avvertito: “Israele agirà contro Hamas con una forza militare sempre maggiore”. In una sola notte dopo il crollo della tregua purtroppo le vittime sono oltre 400. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha poi precisato: “Non smetteremo di colpire finché tutti gli ostaggi non saranno tornati a casa e tutti gli obiettivi di guerra non saranno stati raggiunti”. La portavoce del presidente americano, Karoline Leavitt, ha spiegato che Israele prima dell’accatto ha consultato la Casa Bianca: “L’amministrazione Trump e la Casa Bianca sono stati consultati dagli israeliani sugli attacchi a Gaza della scorsa notte”.
L’esercito israeliano (Idf) ha affermato che il nome della loro campagna di bombardamenti a sorpresa contro Hamas nella Striscia di Gaza è “Forza e spada”. Lo riporta il Times of Israel a poche ore dal bombardamento nella Striscia di Gaza con un numero impressionante di vittime. In particolare, oltre cento persone sarebbero state uccise negli attacchi nel Sud della Striscia, orientati a colpire Mahmoud Abu Watfa, viceministro dell’Interno di Gaza e alto ufficiale di Hamas, in cui decine di civili sono rimasti uccisi.
‘Le porte dell’inferno’
Il ministro della Difesa Israel Katz, senza ritegno: “le porte dell’inferno si apriranno a Gaza” se Hamas non rilascerà, senza condizioni, i 59 ostaggi ancora prigionieri nella Striscia. Dimostrando quanto fosse strumentale l’atteggiamento sul negoziato per una Fase 2 del cessate il fuoco che non c’è mai stato e ora è di fatto cancellata.
Idf ha attaccato con caccia F-16 e F-35 e artiglieria nei raid più pesanti realizzati in questo 2025, rileva Inside Over. La prima parte di un’operazione più estesa che dovrebbe contribuire a rafforzare la posizione di Tel Aviv, anche a costo di venire meno agli accordi faticosamente mediati da Egitto e Qatar, con la sponda statunitense, a gennaio. “Hamas ha insistito per attenersi ai termini originali dell’accordo, che avrebbe dovuto entrare nella sua seconda fase all’inizio del mese”, nota il Times of Israel, sottolineando che “quella fase prevedeva che Israele si ritirasse completamente da Gaza e accettasse di porre fine definitivamente alla guerra in cambio del rilascio degli ostaggi ancora in vita”. Andrea Muratore rileva che “mentre Israele ha firmato quei termini a gennaio, Netanyahu ha a lungo insistito sul fatto che Israele non porrà fine alla guerra finché le capacità di governo e militari di Hamas non saranno state distrutte”.
Il mediatore Usa Steve Witkoff ha provato a fare da pontiere per una proposta temporanea che Hamas ha, in parte, accettato prevedente la graduale liberazione degli ostaggi. Gli islamisti di Gaza hanno però chiesto garanzie di sicurezza sul ritiro dell’Idf che non sono state accordate. E la sensazione legata ai fatti è che Israele non aspettasse altro che di riprendere massicciamente l’operazione militare nella Striscia.
Da Washington, il presidente Usa Donald Trump ha abbandonato la cautela dei giorni scorsi e ha offerto all’operazione israeliana. “Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, ma invece ha scelto il rifiuto e la guerra”, ha dichiarato al Times of Israel il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes. Trump ha rifiutato il piano arabo di mediazione per la fine della guerra, tappeti rossi a Netanyahu a Washington, ma ha anche ridotto la capacità americana di essere un mediatore credibile e gli sforzi di Witkoff. Parte importante del sostegno sa a Israele, gli attacchi in Yemen contro gli Houthi dopo che questi ultimi avevano dichiarato che avrebbero iniziato i raid contro le navi cargo nel Mar Rosso se Israele avesse continuato a colpire Gaza.
Ora, Washington appoggia Tel Aviv nel massacro che ricomincia con la scusa degli ostaggi ancora prigionieri nella Striscia ma che rischia di mettered anche loro a rischio, tanto che Noa Argamani, una degli ostaggi liberati da Hamas nei mesi scorsi, ha pubblicato una simbolica ‘emoticon’ col cuore spezzato sul suo profilo X. A testimonianza della consapevolezza crescente nella società israeliana sul fatto che la campagna di Netanyahu non è per la salvezza dei prigionieri. Ma per il consolidamento di un governo che ormai ha nella guerra senza limiti la sua ragion d’essere. E gode di una copertura illimitata, al netto delle differenze retoriche, dell’alleato americano.
Intanto, l’ex ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, uscito dal governo Netanyahu a gennaio dopo la firma del cessate il fuoco, ha elogiato il primo ministro: “Israele deve tornare a combattere a Gaza. Questo è il passo giusto, morale, etico e più giustificato, per distruggere l’organizzazione terroristica di Hamas e riportare indietro i nostri ostaggi”. Strano concetto di giustizia e etica quello dei nazionalisti israeliani. Ma nulla di cui stupirci.