Riarmo Ue spacca tutto mentre CIA ed ex KGB collaborano

La diplomazia alla luce del sole dice una cosa. Quella condotta nelle segrete stanze, parla lingue diverse. Riarmo europeo e trattativa sul cessate il fuoco sollevano molti dubbi sulla reale portata delle relazioni tra Mosca e Washington, già ben più avviate di quanto ritengano gli strateghi di Kiev e di Bruxelles. C’è, in sostanza, un gioco delle parti, che per motivi diversi tende a guadagnare tempo. E probabilmente i contatti tra Casa Bianca e Cremlino sono molto più stretti di quanto finora immaginato.

I capi dei servizi segreti Usa Russia conversano

Andando a spulciare tra le notizie offerte quotidianamente (e in modo affidabile) dalla Ucrainska Pravda di Kiev, si scopre che John Ratcliffe, il nuovo direttore della Central Intelligence Agency statunitense, e Sergei Naryshkin, omologo del Servizio di intelligence estero russo (SVR), «hanno avuto una conversazione telefonica l’11 marzo». Come sempre molto professionali, i colleghi ucraini nel dare la notizia hanno citato nel dettaglio la fonte: la European Pravda, che a sua volta riportava quanto apparso sul quotidiano russo Kommersant. E il gioco di scatole cinesi, anzi, pardon, di matrioske russe, è proseguito con il rinvio all’origine principale dello scoop, cioè nientemeno che il servizio stampa dello stesso SVR, costola autentica del famoso (o famigerato, dipende dai punti di vista) ex KGB. Secondo quanto scrive Ukrainska Pravda, «Ratcliffe e Naryshkin avrebbero concordato di mantenere i contatti per promuovere la stabilità e la sicurezza internazionale e alleviare le tensioni tra Mosca e Washington. Inoltre – prosegue il quotidiano di Kiev – la discussione si è incentrata sulla collaborazione tra i due servizi segreti in settori di interesse comune, nonché sulle misure di risoluzione delle crisi».

Un segnale potente di disgelo

O forse qualcosa di più, perché come avvertono allarmati gli ucraini, «l’ultima telefonata tra Naryshkin e un capo della Cia si era verificata quasi due anni fa, nell’estate del 2023». Da allora i rapporti, anche i più essenziali con l’Amministrazione Biden, si erano pericolosamente interrotti, anche se proprio l’Intelligence dei due Paesi, all’inizio, aveva lavorato per la pace. Infatti, ricorda la Ukrainska Pravda, «nell’autunno del 2022, Naryshkin incontrò la sua controparte americana in Turchia, in un periodo in cui la Cia era guidata da William Burns». Per completezza di informazione, va sottolineato che il sito ufficiale degli 007 di Putin (Sluzba Vnesnej Razvedki) ha pubblicato un comunicato stampa, dove oltre a quello che abbiamo già detto viene puntualizzato che «è stato raggiunto un accordo per mantenere contatti regolari tra i direttori dell’SVR e della CIA, allo scopo di contribuire a garantire la stabilità e la sicurezza internazionale, nonché di ridurre lo scontro nei rapporti tra Mosca e Washington». La piega presa dalla cosiddetta ‘diplomazia asimmetrica’, ci porta dunque a valutare anche con un altro occhio i risultati dell’incontro di Jeddah.

Tregua subito molto improbabile

In effetti, dopo avere ottenuto tutto ciò che voleva dall’Europa (l’aumento delle spese militari, in primis), Trump ha ora solo la necessità di saldare una ‘entente cordiale’ con Putin, per poi rivolgere tutta la sua attenzione all’Indo-Pacifico, in generale. E alla Cina in particolare. Quindi, da un punto di vista sia tattico che strategico, la proposta di tregua di 30 giorni sembra fatta apposta per guadagnare tempo e salvare la faccia. Ma difficilmente i russi, che stanno per cacciare gli ucraini dall’oblast di Kursk, accetteranno tutto e subito. A Mosca sono convinti che, formulata in modo così ambiguo, la proposta di tregua serva solo per fare riprendere fiato alle truppe di Zelensky, che sono allo stremo in molte aree del fronte. È uno scetticismo abbondantemente manifestato anche da molti analisti, a cominciare da quelli del Wall Street Journal, i quali scrivono che Putin «ha pochi interessi a firmare un simile accordo».

Epilogo del massacro coi tempi della politica

Una mezza presa in giro, insomma, che consente a ognuno (compresa l’Europa del connubio tra banche, politica e cannoni) di continuare a fare il proprio gioco. D’altro canto, l’obiettivo finale della Casa Bianca, a questo punto, non sembra più la pace in quanto tale, ma il disimpegno dall’Ucraina. Mollare la patata bollentissima nelle mani dei politicanti di Bruxelles, ansiosi di restare aggrappati al potere e pronti a ‘pagare’ il pedaggio di uno scontro frontale, quasi sollecitato, con la Russia. D’altronde, basta leggere il documento sul riarmo, approvato dal Parlamento europeo, che sembra uscito, dritto filato, da un sussidiario che riporta le cronache degli anni Trenta.

Oppure, peggio ancora, l’impazzimento collettivo della «crisi di luglio del 1914», quando anche una parte del cuore nobile della sinistra votò per la guerra. Chi fa terrorismo culturale, parla di ‘disinformacija’, quando ci si permette di leggere e citare le fonti del ‘nemico’. Evidentemente, non hanno mai sentito parlare di Teoria dei giochi, e di quanto possa essere importante cercare di entrare nella testa dell’avversario, per anticiparne le mosse. Anche perché, a volte, tra tanta ‘disinformacjia’ che arriva da Mosca, magari qualche straccio di notizia che ‘sfugge’.

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