La Siria che sembra stiano cercando di nascondere

Siria, segnali contrastanti per chi spera che il martoriato Paese possa riacquistare una concreta stabilità. Da domani si faranno altri conti, dopo la ‘scadenza’ del governo di transizione, che sostanzialmente coincide con gli uomini e le idee di HTS (Hayat Tahrir al-Sham), il gruppo jihadista che ha guidato la rivolta contro Assad, abbattendolo in un paio di settimane. E tornano vecchi ‘acerrimi nemici’ riciclati. Mentre Israele continua a prendersi terre siriane a Sud sui suoi confini.

Damasco. Protesta di fronte a una sede Onu contro l’occupazione israeliana

Chi governa oggi la Siria

‘Hayat Tahrir al-Sham’, HTS è diretta filiazione di ‘al Nusra’, la costola siriana di ‘al Qaeda’, e per questo ancora classificata come «organizzazione terroristica» dagli americani e dall’Europa. Insomma, in uno Stato dove convivono etnie e religioni diverse (sunniti, sciiti, cristiani, drusi, curdi), molti osservatori temono che si possa essere passati da un regime dispotico e crudele a una sorta di «anarchia della guerriglia». Dove, per ora, ha semplicemente vinto il gruppo più forte. Una milizia, però, si badi bene, che non rappresenta sicuramente l’unità del Paese e che, soprattutto, ha un Dna di fondamentalismo islamico di cui non si può (o vuole) liberare.

Fondamentalismo in doppio petto?

Proprio per questo, gli occhi degli osservatori sono puntati sulle mosse del leader di HTS, quell’Al Jolani che adesso, per ragioni di rispettabilità politica, ha cambiato nome e si fa chiamare Ahmed Al-Sharaa. E già qualcosa non quadra, anzi puzza molto di bruciato. Lo scaltro leader jihadista, messi da parte Kalashnikov e barracano, si è dato una riverniciata in doppiopetto, non sono nella ‘mise’, ma anche nei programmi politico-istituzionali, modellati su quelli dell’ex odiatissimo Occidente. Che significa? Vuol dire che, alla fine, comanderà sempre lui, anche se il nuovo governo sarà (molto in teoria) il risultato di ‘consultazioni democratiche’. In effetti, i dubbi sulle stimmate libertarie di Al-Sharaa, oltre che dalla sua ‘fedina’, non proprio cristallina, nascono dalla destrezza con la quale ha gestito il confronto politico.

‘Conferenza di Unità nazionale’ con esclusi

Al-Sharaa ha convocato una Conferenza di unità nazionale, che avrebbe dovuto essere proporzionalmente rispettosa delle etnie e dei gruppi religiosi che abitano la Siria. Così non è stato. Gli inviti li ha fatti lui, ma i curdi, per esempio, sono stati quasi boicottati. E l’autoproclamato premier, a scanso di equivoci, ha chiarito agli ‘studiosi del futuro democratico della Siria’, che loro dovranno continuare a parlare per i prossimi quattro anni. Tutto questo perché, per organizzare le giuste elezioni, «ci vorrà il tempo necessario». Intanto, dovranno anche elaborare una nuova Costituzione. Con queste premesse, si capisce chiaramente che HTS vuole sì tornare a unificare tutto il Paese, ma tenendo saldamente in mano le leve del potere ed ‘esportando’ il proprio approccio amministrativo, che potremmo definire come «Modello Idlib». Una ‘governance’ vincente nella vasta regione a nord della Siria, quasi al confine con la Turchia, che ha rappresentato un mezzo per guadagnare consensi rispetto al fallimentare e corrotto regime di Assad.

«Modello Idlib»

Secondo alcuni analisti, proprio la capacità di HTS di riuscire a offrire una qualità della vita più accettabile, ai siriani della sua regione, può essere la chiave per comprenderne il successo. La dimensione economico-finanziaria della rivolta anti-Assad di dicembre, è stata giudicata così importante da spingere il Wall Street Journal a dedicarle un ampio report ieri. «Prima di rovesciare il regime di Assad con un blitz lampo alla fine dell’anno scorso – scrive il Journal – il gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham ha gestito Idlib per anni come un quasi-Stato autonomo, con la propria amministrazione e regolamenti. Ha represso il dissenso politico con la forza, ma ha stimolato la crescita economica offrendo vantaggi commerciali simili a una zona economica libera. A nord della città di Idlib, la città di Sarmada è emersa come uno dei centri più trafficati della Siria per il commercio all’ingrosso di beni per la casa e automobili. HTS ha sviluppato uno Stato-ombra incentrato sulla fornitura di sicurezza, alcuni servizi e crescita economica, un modello che ora offre indizi su come il gruppo potrebbe cercare di governare il resto del Paese».

Oltre le lavatrici e automobili

Con la caduta del regime di Bashar al-Assad a dicembre, prosegue il report del WSJ, le linee del fronte e i posti di blocco sono scomparsi, consentendo ai siriani di entrare in parti della Siria che non vedevano da anni. «Molti ora vengono a Idlib per vedere questa sacca nord-occidentale che ha resistito al regime. Vengono anche per acquistare beni a basso costo, dalle lavatrici alle automobili». Il vero problema, però, adesso è: quanta possibilità ha il «Modello Idlib» di diventare una formula ideale, applicabile allo sviluppo di tutta la Siria? E, soprattutto, il fondamentalismo islamico di HTS è veramente ‘evaporato’, oppure si nasconde dietro una nube fumogena tattica, prima di tornare prepotentemente a farsi vedere? Gli ottimisti dicono che i dollari finiranno per mettere tutti d’accordo. I pessimisti, invece, osservano che una nazione stretta tra turchi e curdi sarà destinata ad avere per sempre il dito sul grilletto.

Israele per dividere la Siria

I violenti bombardamenti aerei israeliani martedì contro presunti siti militari a meno di venti km da Damasco. Israele vuole la smilitarizzazione totale nella Siria meridionale dove le sue truppe resteranno indefinitamente e l’esercito siriano non potrà essere presente. Un presunto ruolo di Israele come «protettore» della minoranza drusa. L’interesse israeliano per la frammentazione territoriale della Siria, con il sud del paese che rischia di diventare una enorme zona cuscinetto. Il ministro degli esteri israeliano a Bruxelles, ha sostenuto che la stabilità della Siria potrà essere raggiunta solo attraverso la federalizzazione e la creazione di regioni autonome.

Tags: Siria
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