
Un incubo iniziato con un semplice annuncio di lavoro su Facebook: una gestazione per altri ben pagata che includeva vitto, alloggio e tutte le spese di viaggio, compreso il visto, per arrivare dalla Tailandia alla Georgia. L’annuncio era rivolto a donne tailandesi che, affrontato il viaggio attraverso Armenia e Dubai, venivano prelevate in aeroporto ed accompagnate in una di quattro diverse case. Da qui inizia la tortura, tanto psicologica quanto fisica.
I passaporti vengono ritirati e in cambio della libertà vengono viene richiesta una somma pari a 2000 euro, somma che nessuna di queste donne ha. A questo punto alle vittime vengono somministrati ormoni per stimolare la produzione di ovuli, trattamento estremamente simile a quello che si utilizza negli allevamenti intensivi. Gli ovuli venivano poi estratti attraverso una procedura chirurgica praticata sotto anestesia. La procedura viene ripetuta con cadenza regolare una volta al mese senza possibilità di astensioni.
La storia è stata raccontata da una delle donne prigioniere che è riuscita a scappare e a contattare l’ONG Pavena Foundation, che si occupa di donne e minori. Attraverso questa testimonianza l’ONG ha contattato l’Interpol che, a sua volta, ha aperto un’inchiesta ed è riuscita a salvare altre due “schiave” grazie alla partecipazione delle autorità tailandesi e georgiane. Restano vittime di questa pratica altre decine di donne sulle quali ancora si indaga.
Ad aver architettato questa fabbrica, o fattoria, di ovuli sembrerebbero essere stati gangster cinesi non ancora identificati dalle autorità. Il loro fine sembrerebbe essere la vendita degli ovuli prelevati alle donne in trappola nel mercato nero della fertilizzazione in vitro, pratica estremamente popolare nel ricco Occidente e che dà quindi vita ad un mercato nero estremamente redditizio.
Il pensiero resta inconcepibile e ragionevole esclusivamente a chi vede le donne come animali, o meglio, come oggetti: l’unica “giustificazione” sembrerebbe essere la totale mancanza di empatia di questi criminali verso le loro prigioniere ed una insaziabile fame di ricchezza.